Sos cinghiali in Val Padana come sono arrivati da noi

L’EMERGENZA • Pochi giorni fa un incidente sulla A1, tra Lodi e Casalpusterlengo, ha causato un morto e dieci feriti 


di Paolo A. Dossena 
Cento anni fa, in Val Padana, non c’era un solo cinghiale. I branchi si trovavano a sud della dorsale appenninica settentrionale, e, prima della Grande Guerra, i gruppi più settentrionali erano localizzati intorno a Piombino. 
Nell’estate del 2017, l’emergenza invasione in Val Padana viene ufficializzata da “Agostino”, un gigantesco cinghiale, che, introdottosi nel parco della Galleana, un’oasi verde di Piacenza, tiene in scacco la città. La situazione diventa drammatica nel gennaio del 2019, pochi giorni fa, quando l’invasione della Valle Padana raggiunge una tale intensità che i cinghiali causano un gravissimo incidente stradale (un morto e 10 feriti) sulla A1, tra Lodi e Casalpusterlengo. Certamente i primi cinghiali sono arrivati nella Valle del Po dalla Toscana, si crede dalla zona di Aulla, anche se non è certo. Il primo caso registrato di abbattimento di un cinghiale a nord della Linea Gotica si verifica nel 1928 in Val Ceno, all’ombra dell’antico castello di Bardi. Il cacciatore che, nella fotografia, mostra la preda uccisa è un macellaio della montagna parmense soprannomnato “Gabodo” (morirà, in circostanze drammatiche, sul Monte Lama, tra Parma e Piacenza). Un altro cinghiale, negli anni Cinquanta, viene ucciso a Rigolo, un villaggio oggi abbandonato. Quindi, in poco più di vent’anni, i cinghiali si sono allargati dalla Val Ceno alla comunicante Val Nure, nella zona tra Groppallo e Bettola (Piacenza). Tuttavia, le uccisioni di cinghiali sono ancora fatti eccezionali. E’ solo negli anni Settanta, che, sull’Appennino tra Piacenza e Parma, questi grossi e tarchiati mammiferi cominciano a non essere più una rarità. 
Non è per niente difficile incontrarli nei boschi. Il fatto è che queste grosse bestie esotiche, sono considerate un importante trofeo. Non c’è vecchia trattoria della zona di Groppallo che non abbia, appesa ai muri, una gigantesca testa imbalsamata di cinghiale. Come mai queste teste sono così enormi? Perché i cacciatori, per tenerli lontani dai campi, davano il mais da mangiare ai cinghiali. Li allevarono e lanciarono per poi farne un trofeo, mentre nasceva un nuovo piatto tipico locale: nelle trattorie ora si mangiava “Polenta e cinghiale”. Addirittura, certi cinghiali furono fatti incrociare con i maiali. La notizia si era sparsa: dalle zone di Casalpusterlengo, Codogno e Cremona arrivavano bande di cacciatori che si univano ai gruppi locali per grandi battute e stragi. Ma, col tempo, i cacciatori sono invecchiati, e le nuove generazioni preferiscono dare la caccia ai pokemon. Dunque il fenomeno è scappato di mano e i branchi si sono fatti giganteschi. 
La situazione precipita quando, nel 2017, viene fatto, nella zona di Groppallo, il primo filmato di un branco di lupi. Tre fenomeni hanno dunque contribuito alla colossale diffusione, nella pianura padana, di branchi di cinghiali: l’apparire dei lupi in montagna, la sovrappopolazione, e la conseguente ricerca di melica in pianura. Ma non è finita qui: a causa dei lupi stanno scappando in pianura anche cervi e caprioli, che vanno a mangiare l’uva. 

Commenti

  1. Mancano gli orsi bianchi i rinoceronti l e tigri e i .mammut e sempre colpa degli animali .....bravi

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