AMARCORDSPORT - 6: LORENZO BANDINI


Lorenzo Bandini nacque il 21 dicembre 1935 a Barce, nella Libia italiana. Fu un pilota automobilistico italiano.
Intervistato dalla Televisione italiana un giorno, a proposito dei rischi che un pilota doveva affrontare nelle corse, disse: «La vita è tutta un destino». Tre giorni dopo morì in un tragico incidente durante il Gran Premio di Monaco a Montecarlo, era il 10 maggio del 1967.
La sua passione erano le auto e la meccanica e infatti iniziò a lavorare, dopo il diploma ,come meccanico nel paese di Reggiolo.
Nel 1950 si trasferì a Milano, e trovò impiego presso l'officina di Goliardo Freddi, padre della sua futura moglie Margherita. Fu proprio Freddi, che lo adottò come un figlio, a lanciare Bandini nel mondo dei motori.
Iniziò le prime esperienze agonistiche nel 1956 con le corse in salita. Nel 1960 passò alla Formula Junior ottenendo risultati positivi, tra cui la vittoria al Gran Premio della Libertà a Cuba.
Esordì in Formula 1 nella stagione 1961 con la Scuderia Centro Sud, Il debutto avvenne il 18 giugno al Gran Premio del Belgio, la sua gara si concluse dopo 20 giri a causa di un guasto. Nel 1962 Enzo Ferrari volle questo promettente pilota alla Ferrari come seconda guida. Gli inizi non furono brillanti anche se era evidente a tutti che Lorenzo aveva stoffa da vendere. Furono anni non facili, anni in cui Bandini con pazienza accumulò soltanto esperienza. La prima vittoria in Formula 1 arrivò nel 1964 il 23 agosto al Gran Premio d'Austria a Zeltweg, che si aggiudicò precedendo di 6,18 secondi Richie Ginther su BRM. Quell'anno Bandini dette una notevole mano a Jhon Surtees, prima guida della Ferrari, a fine stagione vincitore del campionato. Con il passare degli anni il rapporto con Enzo Ferrari si fortificò tanto che nel 1967 Bandini diventa la prima guida della Scuderia di Maranello al fianco di Chris Amon.
La stima del Commendatore se le guadagnò sul campo, con un palmarés fantastico nella categoria endurance: trionfa a Pescara 1961, Le Mans 1963, Targa Florio 1965, Daytona e Monza 1967.
Il 1967 iniziò ottimamente per Bandini, che si impose, in coppia con Chris Amon, nella 24 ore di Daytona. Il successo ottenuto, oltre a dare morale al pilota, gli garantì una discreta popolarità oltreoceano, tanto che pareva dovesse prendere parte alle prove della 500 miglia di Indianapolis.


La Ferrari esordì direttamente nel secondo appuntamento mondiale: quello di Monaco. Bandini riuscì a partire in seconda posizione, a fianco di Jack Brabham, e al via riuscì a prendere il comando. Dopo qualche girò Bandini sbandò su l'olio fuoriuscito dalla vettura di Brabham che aveva rotto il propulsore.
Il pilota italiano cominciò così una lunga rimonta e al 61° dei 100 giri previsti fece segnare un distacco di appena 7,6 secondi dalla testa della corsa. Ma proprio a quel punto l'italiano trovò sulla sua strada due doppiati: Pedro Rodríguez e lo stesso Graham Hill. Il primo si fece facilmente superare, ma il secondo, lo ostacolò per diversi giri facendogli perdere del tempo prezioso.
Nella forsennata rimonta Bandini dette tutto se stesso cercando di riprendere il battistrada Hiulme, faticando non poco per lo stress fisico e psicologico. 
All’82° giro Lorenzo, secondo dietro Hulme, reduce da un passaggio davanti ai box durante il quale aveva allargato le braccia quasi a voler dire “io più di così non posso”, esce alla fuori strada alla chicane del porto e l’impatto fu terribile. Bandini giunse alla chicane a velocità nettamente superiore a quella con cui di solito si affronta quel punto del circuito e la sua Ferrari, dopo aver colpito con il mozzo posteriore una bitta di ormeggio delle navi decollò e ricadde pesantemente a terra, capovolgendosi e prendendo fuoco. Le fiamme furono alimentate dalle balle di fieno poste a bordo pista. I soccorsi non intervennero tempestivamente, anche perché i pompieri monegaschi pensarono che il pilota fosse stato sbalzato fuori dalla vettura e fosse finito in acqua. Furono persi minuti preziosi. Solamente quando l'incendio venne domato e l'auto fu raddrizzata, tre minuti e mezzo dopo l'impatto, si scoprì la terribile realtà: il pilota, ormai privo di sensi, era ancora all'interno della Ferrari. Bandini venne trasportato al nosocomio di Monaco in condizioni critiche, con ustioni su oltre il 60% del corpo. Purtroppo ogni tentativo dei medici di salvargli la vita risultò vano e Lorenzo Bandini spirò, dopo settanta ore di agonia, il 10 maggio 1967. Terribili furono le parole che il medico disse alla moglie quando uscì dalla sala operatoria: “Signora, come medico ho fatto il possibile, come uomo mi auguro che non sopravviva”.

Le indagini, aperte dopo l'incidente, cercarono di fare chiarezza sulle cause. La Ferrari di Bandini fu trovata in quinta marcia, anziché in terza, marcia con la quale veniva affrontata la chicane, segno che probabilmente il pilota arrivò in quel punto stremato dalla stanchezza. Ma anche altri fattori furono la concausa della morte del pilota: pesanti accuse furono infatti lanciate contro la sicurezza dell'autodromo monegasco, specie a causa della presenza sul tracciato di lamiere metalliche e bitte per l'ormeggio, pericolose se colpite a forte velocità, nonché di balle di fieno per attutire gli impatti ma facili ad incendiarsi. In più i soccorritori non indossavano tute antincendio e i primi estintori a loro disposizione erano di scarsa capacità: tanto che non si erano potuti avvicinare a distanza sufficiente per spegnere le fiamme all'auto.
Bandini era molto amato dagli appassionati di automobilismo italiani e non solo e grande fu lo shock e dolore per la perdita del pilota. Veementi furono le critiche che la stampa, sopratutto italiana, riversò contro lo sport dell'automobile, che negli ultimi anni aveva mietuto diverse vittime tra piloti e spettatori, tanto che Enzo Ferrari decise che non avrebbe più fatto correre un pilota italiano su una sua vettura. Promessa che in realtà non mantenne quando nel 1984 ingaggiò Michele Alboreto.
Al funerale di Lorenzo bandini a Reggiolo, parteciparono centomila persone.

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