Il mondo finto di Facebook in un trattato di filosofia

LA NOVITA’ • L’autore di “Socrate su Facebook” è il cremonese Stefano Scrima


di Federico Pani
«Mi perdonerete, ma ho bisogno di scrivere questo libro. Mi serve per sublimare l’istinto irrefrenabile, da me stoicamente represso, di mettere “mi piace” alle foto di tutte le ragazze languide e commentare insultando chiunque non la pensi come me. Devo scrivere, per liberarmene e continuare la mia vita». La prende così, Stefano Scrima, con leggerezza, si direbbe con filosofia, se non nascesse il bisticcio col fatto che Stefano, classe 1987 e nato a Cremona (ma che ora vive a Roma), un filosofo lo è davvero. Nel senso che, come ci racconta, ha studiato filosofia a Bologna e scrive saggi di filosofia: «questo è il sesto, o il settimo forse». Filosofo sì, dunque, ma non di professione: «Sono redattore di un sito intergovernativo, un portale al servizio delMinistero del Lavoro, che si occupa di migranti». L’ultimo saggio di Stefano si intitola “Socrate su Facebook – Istruzioni filosofiche per non rimanere intrappolati nella rete”, edito da Castelvecchi. L’agile libretto è un manifesto contro i mali provocati dai social media, dove regna «mancanza di rispetto, livellamento della comunicazione, eccesso d’informazione, disturbi psichici, incitamento all’opinione acritica, narcisismo, autoreferenzialità, conformismo, protocollazione della vita, illusione, costrizione, auto-sfruttamento e inevitabile solitudine. Scusate se è poco». Nel tuo libro è sottesa l’idea che i social network siano solo la cassa di risonanza dell’imbecillità collettiva: non trovi sia ingeneroso essere così pessimisti? «È ingeneroso, sì. Ma spero si capisca che si tratta soprattutto di un’autocritica, mi ci metto in mezzo anch’io, per primo. Allo stesso modo, tutti siamo passibili di questa forma di imbecillità. La colpa, però, è del modo in cui usiamo i social media e dei meccanismi che stanno generando. Per esempio: molti non scriverebbero le stupidaggini che scrivono, se ci fosse un attimo per pensarle, per riflettere. Non solo, il monitor spesso disinibisce, si può essere persone diverse da quelle che si è e comportarsi di conseguenza. Inoltre, sui social network esiste solo la parte, per così dire, positiva di noi stessi. Per il resto, non c’è spazio». La soluzione è il ricorso alla filosofia e, infatti, nella seconda parte del tuo testo inserisci un decalogo di consigli “per non rimanere intrappolati nella rete”. Pensi davvero che la filosofia possa aiutarci a usare meglio i social media? «La filosofia, pur non essendo attuale, riesce a darci degli insegnamenti attualissimi. Porta alla luce il problema e ci insegna a essere critici, a usare più consapevolmente i social media. Ma attenzione: non parlo della filosofia polverosa dell’accademia. Parlo della filosofia che si confronta con i problemi della vita di tutti i giorni, che si può fare nelle strade, nelle scuole. È per questo che ho deciso, se così si può dire, di sporcarmi le mani con la realtà, di dare delle lezioni di filosofia pratica. In generale, penso che dovrebbe essere questa la direzione che la filosofia dovrebbe intraprendere, soprattutto a livello istituzionale».

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