Siamo la nuova Terra dei Fuochi?

Dietro gran parte dei roghi c’è la mano umana, e gli incendi di materiale plastico crescono sempre più, è un caso? 

di Vanni Raineri

A pochi giorni dal rogo divampato nella discarica di San Rocco, alle porte di Cremona, Milena Gabanelli si occupata, nel suo Dataroom, del tema dei roghi nelle di- scariche collegato con i costi della raccolta rifiuti. 
Un esame interessante, che analizza in particolare quanto accade in Lombardia, dove effettivamente il numero dei roghi che interessano rifiuti è in impetuoso aumento. Lungi dal sostenere con certezza che quello di Cremona è un atto doloso (difficile comunque pensare ad un’autocombustione della plastica, anche considerata la bassa temperatura), è pur vero che così tanti episodi avvenuti in un’area limitata non possono essere casuali. In attesa che la relazione effettuata dai vigili del fuoco dopo il loro sopralluogo sia analizzata dalla Procura, che ne è già in possesso, possiamo dire che dietro gran parte dei casi ci sia la mano umana, anche perché a bruciare è sempre materiale plastico. E perché? Ma soprattutto, perché tutti ora? Partiamo proprio da Dataroom, appuntamento fisso sul sito corriere.it, dove ci si domanda: “Ma perché nei comuni virtuosi le tasse sui rifiuti sono più care?”. Sembrerebbe un controsenso, e soprattutto smentisce le vecchie promesse secondo cui una maggior raccolta differenziata sarebbe stata premiata con tariffe più basse. La media nazionale di raccolta differenziata è di poco superiore al 50%, e la Lombardia arriva quasi al 70%. Sul sito è possibile reperire i dati di ciascun comune. Il costo totale di gestione del servizio di igiene urbana è ad esempio di 146 euro a Cremona, 130 euro a Crema e addirittura 176 euro a Casalmaggiore. Ovunque nella nostra regione si sono verificati rincari, con punte del 25% in un solo anno. Il caso emblematico è quello di Lesmo, in Brianza, dove la raccolta differenziata ha toccato quota 92%, ma la tassa dei rifiuti è cresciuta del 5,6% in un anno. Gli impianti di recupero sono ben 4102 nel nord Italia (1122 nella sola Lombardia), 1005 nel centro e 777 nel sud. Ma il decreto Sblocca Italia del governo Renzi (2014) ha di fatto imposto alle regioni ricche di inceneritori di smaltire i rifiuti provenienti dai territori che hanno pochi impianti, e versano in situazione di emergenza. E ancora una volta in Italia si tartassano i comportamenti virtuosi mentre si premia la volontà di non realizzare in loco gli inceneritori. Dalla Campania ad esempio in un anno parte per il nord 1 milione di tonnellate di rifiuti da smaltire, molti dei quali diretti ai 13 termovalorizzatori della Lombardia. D’altro canto in tutta la Campania esiste solo un impianto. Conseguenza tipica del mercato: alla crescente domanda corrisponde l’incremento del prezzo, e così in un anno il costo del secco è aumentato di un terzo, e quello dei rifiuti ingombranti è più che raddoppiato. Il trattamento di rifiuti non differenziati tra l’altro (per motivi che è complesso spiegare) rende di più ai gestori, che quindi preferiscono trattare i rifiuti “importati”. Dataroom afferma che proprio per questo la paventata chiusura di tre termovalorizza- tori, tra cui quello di Cremona (gli altri sono di Sesto San Giovanni e Busto Arsizio), è stata accantonata. Una situazione ai limiti del collasso, e a pagarla sono proprio i residenti della Lombardia, “cornuti e mazziati”. Ma perché aumentano i roghi? La criminalità organizzata lucra dal trasporto e dallo smaltimento dei rifiuti, ma le costerebbe chiudere il cerchio, e così stipa il materiale in capannoni nella nostra regione che poi vengono incendiati: in questo 2018 sono già stati una trentina i roghi. E così la terra dei fuochi è diventata la nostra, il che si somma alla beffa di avere tenuto un comportamento virtuoso e di avere per questo pagato un prezzo più alto. Chiaro che l’episodio di Cremona è diverso in quanto il materiale bruciato si trovava in una discarica a norma, ma qui entra in ballo il problema della plastica. L’emergenza plastica nasce dal fatto che negli anni precedenti i rifiuti di questo materiale erano venduti ai cinesi, che però ora smaltiscono solo i cospicui rifiuti prodotti localmente e non più i nostri. La plastica insomma la smaltiamo noi, ma molte risorse vanno sprecate per la presenza di materiale che plastica non è, e che quindi deve essere separata per essere smaltita a parte. Ma questo smaltimento costa, e guarda caso è proprio questo tipo di materiale che di quando in quando va a fuoco. E così a Cremona differenziamo bene, paghiamo di più e come premio ci sorbiamo la diossina.



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