Notre Dame de Paris:

DOPO IL ROGO • La Cattedrale non potrà tornare “più bella di prima”. Un simbolo, non solo religioso 


francesco agostino poli 
Sono ancora nei nostri occhi le immagini della cattedrale di Notre Dame a Parigi contornata da fiamme divoranti: un dolore enorme, una perdita al momento irreparabile, anche se piovono molteplici rassicurazioni di una sua ricostruzione rapida e fedele all’originale, “più bella di prima”. Un ossimoro di fatto: questo non è oggettivamente possibile. Vengono in mente, per citare solo due casi, il ponte di Mostar e la basilica di Collemaggio a L’Aquila. Il primo distrutto dalla guerra, la seconda da un terremoto, entrambi sono stati oggetto di un restauro accuratissimo, ma non saranno mai “come prima”: nonostante il recupero di pietre, marmi, elementi architettonici originali. Non saranno mai come prima, perché queste grandi opere dell’ingegno umano sono palinsesti, su cui si sono stratificate nei secoli aggiunte e toglimenti, mutamenti e continuità, crolli e nuove costruzioni, e, non da ultimo, la patina inconfondibile del tempo. I danni a Notre Dame sono ingenti, spaventosi, terribili. Ma perché ne soffriamo così, perché molti parigini erano in lacrime? Mi permetto di dissentire dall’opinione per cui abbiamo pensato che andassero in fumo le radici cristiane dell’Europa. Notre Dame è un simbolo universale, un’opera d’arte che attraversa le appartenenze, le
epoche, le fedi. Ha scritto un ottimo critico d’arte, Tomaso Montanari:  “Notre Dame non bellezza. Sono, è solo un monumento cattolico ma è un simbolo della nostra vita civile ... La cattedrale sorge
su un tempio che precede la conquista romana di Lutezia, l’antenata dell’attuale Parigi, ed è una storia che parte dal XII secolo e arriva fino a noi, percorrendo i secoli, sopravvivendo alla Rivoluzione Francese e alle guerre mondiali... Come tutti i grandi monumenti si tratta di un luogo dove tutte le epoche che lo hanno caratterizzato profondamente sono compresenti, parte della nostra anima”. Chi ha pianto per Notre Dame avrà sicuramente pianto per Palmira semidistrutta, o per i Buddha di Bamiyan, o per Aleppo rasa al suolo, o, anni fa, per il Cristo crocifisso del Cimabue alluvionato. E per chissà quante altre opere d’arte perdute. Che non sono "solamente"bellezza sono appunto, palinsesti, tavole su cui si accumulano segni, colori, sviluppi. È questo il loro fascino. E il fascino di Notre Dame sta anche in simboli, arcani, misteriosi, alchemici di cui è intessuta: l’alchimia, d’altronde, ha permeato molto a lungo la cultura europea. E come non citare la Notre Dame de Paris di Victor Hugo, grandissimo scrittore ottocentesco. E allora abbiamo la zingara Esmeralda e Quasimodo, deforme campanaro di Notre Dame, e Frollo, e Phoebus, e la corte dei miracoli, la festa dei folli, e su tutto troneggia Notre Dame, luogo inviolabile, in cui trova rifugio Esmeralda, perseguitata (poca acqua è passata sotto i ponti...). Una storia così appassionante, che la stessa Disney ne ha tratto, anni fa, un bellissimo film d’animazione. Ha scritto Raffaele K. Salinari: “Ma perché il suo corpo mistico rimanga intatto, in attesa di reincarnarsi in una nuova struttura, come la Fenice che risorge dalle sue stesse ceneri, noi che la amiamo, che abbiamo avuto il privilegio di ammirarla ancora intatta, dobbiamo ora renderci testimoni della sua invisibile essenza. Il corpo sottile della Cattedrale, dunque, vivrà in noi e come ognuno di noi, poiché se essa è certo un monumento della cristianità, chi l’ha costruita ne ha voluto fare anche una vera e propria arca della Sapienza Tradizionale, di ciò che è sempre stato e sempre sarà, un’epitome dei simboli che fanno capo all’Arte Regia ed alla Libera Muratoria, alla quale l’ultimo suo restauratore, Eugène Emmanuel Violletle,,Duc era iniziato”. Una storia, quindi, sia sacra che secolare: un testo d’arte, un corpo mistico. Leggiamo ancora Montanari: “Sì, Notre-Dame è una chiesa. Ma è anche un monumento civile, laico. Appartiene allo Stato, non alla Chiesa. E proprio lì si forma, al tempo della Rivoluzione del 1789, il concetto stesso di patrimonio culturale: di un insieme di monumenti, cioè, che appartiene a tutti i cittadini. Cristiani o atei, o di qualunque fede. Oggi milioni di ebrei e musulmani francesi piangono la loro Notre-Dame. Pienamente loro. E pienamente nostra in quanto europei: perché quelle fiamme ci ricordano che non c’è solo l’Europa delle banche. Un’Europa plurale, inclusiva: che costruisce il futuro attraverso la conoscenza del passato ... i monumenti sono fragili e hanno bisogno di cure. Sono corpi vivi, e possono morire. Anche per un cortocircuito di un cantiere non sicuro. E allora bisogna amarlo, questo patrimonio: finché c’è. E amarlo vuol dire conoscerlo, visitarlo, studiarlo: e finanziarlo. Come non si è fatto per Notre-Dame, tenuta sul filo della sopravvivenza dalla stessa classe politica che oggi esibisce il lutto. E come succede in tutta Italia. Notre- Dame siamo noi; ricordiamocelo anche domani”. Queste parole ci interrogano. Ogni volta che una Notre Dame viene scempiata, e poco importa che accada per una guerra o un cataclisma naturale, o una cicca di sigaretta, è la nostra umanità che ne viene diminuita. 

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