Un lavoratore su tre è caregiver

SALUTE • In Italia 8 milioni di persone si occupano di genitori o figli non autosufficienti 


Il nome caregiver potrebbe sembrare asettico, ma dietro questo termine inglese si naSconde una realtà sempre più frequente per tanti lavoratori, costretti ad abbinare lavoro e cura dei famigliari. A squarciare il velo sul fenomeno, uno studio condotto da Jointly (azienda specializzata in servizi di welfare) insieme all’università Cattolica di Milano su un campione di 30.000 lavoratori di aziende medio grandi. I dati emersi sono eclatanti: un lavoratore su 3 è un caregiver, non solo, ma spesso i lavoratori sono costretti ad occuparsi sia dei propri figli che dei genitori non autosufficienti, il cosiddetto effetto sandwich. Complessivamente i cargiver in Italia sono circa 8 milioni, ed hanno un compito sociale molto importante. Purtroppo le proiezioni sul futuro fanno intendere che si tratti di un fenomeno destinato ad ampliarsi ulteriormente. 
Il motivo di questa emergenza silenziosa risale al nuovo contesto sociodemografico, e pure all’innalzarsi della soglia pensionistica. L’occuparsi dei genitori non autosuffiCienti rappresenta una sorta di secondo lavoro, dato l’impegno anche in ore richiesto. A doversi occupare contemporaneamente dei figli è il 25% di quegli 8 milioni, quindi 2 milioni di lavoratori, la sandwich generation. La ricerca mostra poi che l’incidenza dei lavoratori cargiver è elevata nella fascia oltre i 50 anni, e si tratta per il 61% di uomini, che si occupano spesso (42%) o quotidiana- mente (36%) dei famigliari. Il 70% di loro ha figli, che per il 75% ha oltre 16 anni. Tutto ciò rende necessario per le aziende modificare la fisionomia delle politiche di welfare e di conciliazione rispetto al passato, quando il confronto era soprattutto con lavoratori costretti a prendersi cura dei figli. 
Come si spiega l’incidenza più elevata degli uomini? 
Tradizionalmente la cura dei genitori rispesso rischia, per svolgere tale compito, di uscire dal mercato del lavoro. Ad un certo punto per molte famiglie si pone il dilemma: se delegare ad altri la cura dei genitori (case di riposo badanti e altro) costa più di quel che è lo stipendio più basso in famiglia, meglio lasciare il lavoro. Per la politica è più agevole intervenire a sostegno dei genitori, che consistono nella fascia 30- 40 anni. Meno definita l’età dei caregivers, in quanto al perdita di autonomia di un familiare è lenta e progressiva e lo schema di assistenza care il sostegno, rispetto ai figli, è la circostanza che spesso il famigliare deve essere gestito a distanza, non risiedendo nello stesso luogo del lavoratore, il che ovviamente complica le cose, e non poco. La ricerca ha anche valutato l’impatto del fenomeno sul costo aziendale, in termini di assenteismo (chi beneficia della legge 104 si assenta 15 giorni in più l’anno), di usci- ta anticipata dal lavoro e di stress del lavoratore. “Sostenere un dipendente caregiver – precisa la ricerca - vuol dire fornirgli degli strumenti per conciliare meglio il lavoro con la gestione del familiare non autosufficiente e di conseguenza significa dire ridurre lo stress del lavoratore, e diminuire i permessi; senza dimenticare che un caregiver, grazie alla sua esperienza, è utile all’azienda perché sa negoziare, sa gestire il tempo ed è multitasking”. Le risultanze della ricerca hanno portato Jointly ad elaborare una soluzione per supportare adeguatamente i lavoratori che si occupano di famigliari non autosufficienti, che prevede un consulente qualificato, un’ampia rete di servizi socio assistenziali e un portale web che facilita notevolmente l’accesso ai servizi. La rete si occupa di assistenza al familiare sia in casa che fuori casa e fornisce informazioni e supporto al caregiver. 

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