Al lavoro 4 giorni la settimana? In Italia è utopia




OLANDA, NORVEGIA E FINLANDIA in Olanda è in vigore, in Novergia ci hanno ripensato, in Finlandia ci pensano. Da noi le aziende fuggono per spendee meno

VANNI RAINERI 
La riorganizzazione del lavoro, considerati i grandi cambiamenti in atto, è un tema che sempre più spesso torna d’attualità. A creare grandi aspettative era stata, ad inizio gennaio, la proposta rilanciata da diversi media di una settimana di 4 giorni lavorativi lanciata dal governo finlandese.
La giovane premier Sanna Marin ha poi chiarito che, seppure questo rimanga un auspicio per il futuro, al momento non esiste una riforma del lavoro che preveda l’accorciamento dell’impegno dal lunedì al giovedì. Nel nord Europa esiste già un paese che ha previsto 4 giorni di lavoro: si tratta dell’Olanda, dove si lavora in media 29 ore a settimana. Stando ai dati pubblicati dalla New Economics Foundation, l’Italia è in coda, con 33 ore settimanali lavorate: più di noi si lavora solo in Estonia e in Grecia. Non solo: nei paesi del nord Europa lo stipendio è molto superiore e anche le tutele e i benefit (ferie, congedi parentali eccetera) più sostenuti. Sarà mai possibile anche in Italia iniziare il weekend il venerdì? Prima dovremmo rispondere a una domanda duplice: sono i lavoratori disposti a rinunciare a una parte proporzionale del proprio stipendio? Oppure gli imprenditori a pagare di più consentendo di utilizzare più persone per le stesse mansioni? Se consideriamo la fuga delle aziende all’estero per risparmiare sulla manodopera, logico che monti lo scetticismo. Assistiamo invece al proliferare di nuovi impieghi che la libertà la promettono solo, sottoforma di un lavoro autonomo, ma in realtà costringono a lavorare parecchie ore se si vuole guadagnare il necessario per sopravvivere: nuovi sfruttati senza limite di orario e salario, laddove il datore di lavoro è liberato da responsabilità ma può sfruttare chi deve sottostare a ritmi da schiavo. In Nuova Zelanda però si è verificato il caso di un imprenditore, che, di sua spontanea volontà, ha deciso di accorciare da 5 a 4 i giorni lavorativi dei suoi 200 dipendenti, senza modificare il salario. Ovviamente la risposta è stata entusiastica. Lui ha affermato di essere convinto che in queste condizioni le persone avranno la possibilità di avere più tempo a disposizione per le necessità personali e familiari e che lavoreranno con maggiore entusiasmo ed efficacia. La novità è stata proposta per un periodo di prova, ma stando ai risultati sembra proprio che verrà confermata stabilmente.
Il motto è “il dipendente felice è più produttivo”, e su questo non ci sono dubbi. Lo pensano anche quegli imprenditori che consentono ai propri dipendenti di lavorare (anche) da casa: è il cosiddetto smart working. Ci sono poi coloro che, per facilitare una miglior qualità della vita, prevedono in azienda sale in cui poter seguire corsi e fare palestra. I più interessati a non lavorare il venerdì sono ovvi mente i più giovani. La riduzione del lavoro è un tema molto dibattuto nel mondo. Molti osservatori sostengono che l’automazione presto sostituirà gran parte della forza lavoro, costringendo chi governa a rivedere tutti i meccanismi di welfare, che necessiterà di nuove politiche essendo queste ormai insostenibili. Gran parte delle attività umane saranno colpite: se le rivoluzioni industriali del passato tolsero lavoro agli operai, quelle moderne faranno sentire il loro peso sui colletti bianchi, e già oggi gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Già nel dopoguerra Winston Churchill disse che un giorno si sarebbe arrivati a lavorare 4 giorni la settimana. Alcuni enconomisti si spinsero oltre: Keynes ancor prima sostenne che l’uomo del futuro avrebbe goduto di parecchio tempo libero, potendo permettersi di la- vorare 15 ore la settimana.

VERSO IL NUOVO CONTRATTO I BANCARI PENSANO ALLO SMART WORKING

L’innovazione tecnologica è al centro anche della discussione sul nuovo contratto del settore bancario. Si parla di smart working, o lavoro agile, per consentire al dipendente di lavorare anche in luoghi diversi dall’ufficio assegnato, anche a casa. Erano 600 i delegati sindacali del settore bancario provenienti da tutto il nord Italia che giovedì sono ritrovati al Teatro Carcano di Milano, dove si è tenuta un’assemblea con la partecipazione dei Segretari Nazionali delle 5 sigle sindacali firmatarie dell’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale di settore che interessa 278mila addetti. Ora prenderanno il via le assemblee, che fino a metà marzo si terranno in tutte le aziende, dove i sindacati illustreranno le novità previste dall’ipotesi di accordo siglata il 19 dicembre 2019 con Abi, l’associazione di categoria delle imprese bancarie ai lavoratori, che saranno chiamati a esprimersi anche con un voto sul rinnovo del loro contratto di lavoro. Innovazione tecnologica e organizzativa, aumenti salariali, più tutele e nuovi diritti per gli addetti del settore sono i principali elementi trattati in questa tornata contrattuale. L’innovazione tecnologica è un tema centrale. Il nuovo testo già contempla un capitolo che definisce un quadro normativo specifico per lo smart working, una pratica organizzativa già molto diffusa nelle aziende del settore, che consente ai dipendenti di lavorare per uno o più giorni la settimana in luoghi diversi dall’ufficio di assegnazione, anche da casa. Viene inoltre introdotto, per la prima volta nei contratti di lavoro del nostro paese, il “diritto alla disconnessione”, cioè la possibilità di non dover rispondere a mail e cellulare fuori dall’orario di lavoro; un diritto importante in un settore dove un numero sempre maggiore di addetti viene dotato di cellulare e tablet aziendali, dispositivi che mettono le persone al lavoro in ogni luogo e in ogni momento della loro giornata. A queste novità si aggiunge un aumento salariale medio di 190 euro mensili, oltre a una serie di diritti.

Intanto in Svizzera il tragitto casa-ufficio è orario di lavoro

A migliorare la qualità del lavoro ci pensa la vicina Svizzera, dove dal 1° gennaio scorso è entrata in vigore una legge che farebbe la felicità di molti cittadini italiani: l’inclusione dello spostamento da e per l’ufficio da casa nell’orario di lavoro. In Italia il viaggio necessario per arrivare sul posto di lavoro, e quello per tornare a casa, ovviamente non è compreso nel monte ore lavorate, altrimenti sarebbe una manna per i tanti che sono costretti a trascorrere ore di viaggio sui mezzi pubblici o con veicoli privati. La legge però agevola in altri modi il lavoratore che si sposta: ad esempio considera incidente sul lavoro un sinistro che si verifichi mentre si percorre la distanza tra casa e lavoro. Non sempre però: una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha stabilito che l’infortunio in itinere può es-sere risarcito dall’Inail solo se vi sia un collegamento con l’occasione di lavoro. In altre
parole: se l’incidente capita in un tragitto più lungo rispetto a quello più breve, va dimostrata l’esigenza di percorrerlo, altrimenti niente risarcimento. Stessa cosa per il pranzo o la cena: se si modifica l’itinerario per consumare il pasto, il risarcimento c’è solo in caso di assenza del servizio mensa aziendale. In realtà il lavoratore dovrebbe raggiungere il luogo di lavoro con i mezzi pubblici: l’uso dell’auto privata è consentito solo in assenza di questi o se siano disagevoli e mettano a rischio la puntualità. Ma torniamo al modello svizzero. La conquista è arrivata dopo una lunga trattativa tra i sindacati e il governo. Per il momento riguarda solo i dipendenti pubblici che lavorano in tutti i cantoni svizzeri, senza distinzione di nazionalità. Vale dunque anche per gli italiani che lavorino in una amministrazione pubblica elvetica. La direttiva non agevolerà tutti: sono infatti i responsabili degli uffici a stabilire quali sono i lavoratori che avranno diritto ad usufruire del nuovo orario di lavoro. Altra limitazione: la norma vale solo per chi si sposta su mezzi pubblici, non con auto private. Infatti in questi orari dovrà essere a disposizione, cosa che la tecnologia oggi consente agevolmente. E’ considerato orario di lavoro, quindi normale che il lavoratore si senta già in ufficio.

Commenti