CORONAVIRUS • «Abbiamo problemi sia di preparazione tecnica sia di collegamenti»

CORONAVIRUS • «Abbiamo problemi sia di preparazione tecnica sia di collegamenti»


Vanni Raineri
Tra i vari aspetti della nostra società che l’emergenza Coronavirus ha rivoluzionato c’è anche il mondo della scuola. Le aule sono vuote da settimane, e gli istituti si sono dovuti attrezzare per effettuare lezioni online, una cosa non semplice anche perché spesso improvvisata, non preparata a sufficienza.
Abbiamo sentito il parere di un’insegnante delle scuole medie, una scuola secondaria di primo grado di Cremona.
«Da quasi un mese le scuole sono chiuse - afferma l’insegnante - e le ultime settimane sono state pesanti: già la prima settimana di marzo ci siamo collegati con la responsabile della formazione in campo informatico, si è costituita un’équipe di docenti che si occupano di informatica e formazione e ogni settimana ci colleghiamo per stabilire come meglio comunicare con i ragazzi».
E come fate?
«Non siamo obbligati ad utilizzare un singolo canale. Ora abbiamo imparato ad usare Meet, semplice per i ragazzi che ci sono abituati. Alcune scuole hanno la settimana già programmata con collegamenti ogni mattina, noi concordiamo gli orari con i genitori, che spesso preferiscono essere a casa per non lasciare i ragazzini soli al computer. Capita quindi spesso che facciamo lezioni al pomeriggio. Oggi ad esempio avevo collegati 25 ragazzi».
Le lezioni sono sempre in diretta?
«Certo, tutti sono presenti contemporaneamente, ma è possibile vedere la lezione anche più tardi. Abbiamo ricevuto la disposizione che la didattica deve continuare, anche perché è importante mantenere viva la comunità di classe ed il senso di appartenenza, combattendo il rischio di isolamento e demotivazione. Noi così siamo presenti e loro continuano a scrivermi e ad inviare foto, chiedendo le correzioni».
Come valuta i primi risultati di questo esperimento forzato?
«E’ certamente più difficile. Ora ad esempio stiamo insistendo per tenere controllati i registri e i compiti, poiché alcuni studenti sono latitanti: partecipano poco e non inviano i compiti».
Sono gli stessi che in genere “latitano” anche in classe?
«Spesso sì, ma se ne aggiungono, e a volte non capiamo se sia per la mancanza di attrezzature informatiche o altro. A distanza di qualche settimana, solo ora iniziamo ad avere le prime risposte».
Ha l’impressione che la scuola si fosse preparata per tempo all’uso della tecnologia?
«Non eravamo pronti, anche se c’è qualche insegnante più predisposto di altri. Io ad esempio ho avuto difficoltà, ma come tanti altri. Sto seguendo il corso per utilizzare Meet, che è facile da apprendere, ma si devono aggiungere i problemi di connessione. Si pensi infatti che tutti operano in casa e spesso la linea è sovraccaricata. Ad esempio mio marito fa il telelavoro, io faccio lezioni online, i miei due figli si collegano da studenti con le loro classi, inoltre ospito il figlio di un parente che è in quarantena che fa lo stesso. A queste condizioni la linea si sovraccarica, e a volte non abbiamo abbastanza computer in casa».
Ora lei e i suoi colleghi siete attrezzati per sostenere lezioni online?
«Oltre agli incontri per l’uso di Meet, in cui ci viene raccomandato di fare lezioni brevi, di non oltre mezzora per mantenere alta l’attenzione, abbiamo fatto un corso, riconosciuto dal Miur, per videolezioni didattiche con utilizzo di immagini, slides eccetera. Io ho creato un mio canale YouTube perché altrimenti i contenuti delle lezioni sono troppo pesanti per essere caricate sul registro. Il corso mi ha insegnato come aprire il canale, come caricarlo, gli aspetti legati alla privacy eccetera. Discutendo con le colleghe riscontro che è molto più difficile insegnare con queste modalità, poiché va preparato tutto in anticipo, avendo pronti scaletta, immagini…».
Diciamo che fate una conferenza più che una lezione.
«E’ così, d’altra parte è la prima volta anche per noi, è strano non poterci relazionare normalmente con la classe. Questa settimana ci è arrivata la comunicazione che dovremo rivedere la programmazione di inizio anno dichiarando in un diario di bordo quel che facciamo per svolgere il programma. Dobbiamo anche dare una valutazione sulle lezioni online, sulla scorta delle indicazioni ricevute dal ministero».
Crede che questa esperienza potrà servire in futuro alla scuola?
«Sì, sicuramente, perché non eravamo preparati. D’ora in poi, oltre a farci corsi di formazione obbligatori di vario genere, dovrebbero imporre ai docenti una formazione legata alla comunicazione  didattica a distanza, perché ci siamo trovati impreparati per mezzi, sistemi operativi non aggiornati, riunioni tra noi, ad operare solo online. Poi io sono comunque abituata ad utilizzare il computer, ma ci sono colleghe di una certa età che non hanno questa dimestichezza: insegnare a loro, che sono vicine alla pensione, in una settimana ad usare powerpoint è difficile. Spesso si limitano a registrare audio e a impartire compiti, anche se, pur lentamente, si stanno attrezzando. Servirà, lo dico io che sono precaria, ma credo che tutti quelli di ruolo avrebbero dovuto prepararsi prima».

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