Dal Covid una spinta all’informazione


L’emergenza Covid-19 ha rappresentato per i quotidiani l’occasione di rilancio o solo un fuoco di paglia prima dell’inevitabile ridimensionamento? Sta di fatto che la gente rinchiusa in casa ha riscoperto l’importanza dell’informazione, specie locale, e soprattutto nelle zone più colpite del Coronavirus, tra le quali purtroppo la nostra.

Vanni Raineri
VENDITE Questa settimana sono stati pubblicati i dati di vendita dei quotidiani in aprile. Considerato che marzo e aprile sono stati i due mesi del lockdown, il confronto con febbraio indica chiaramente come sia cambiato il quadro. Nella tabella a destra indichiamo il numero medio di copie giornaliere vendute, considerando sia la vendita in edicola che l’abbonamento cartaceo. Solo nell’ultima colonna si può verificare il numero di copie digitali vendute nel solo mese di aprile.
Il primo dato che emerge chiaramente è il diverso comportamento tra i quotidiani nazionali e quelli locali. D’accordo che abbiamo considerato solo i quotidiani più vicini al nostro territorio, ma la differenza è evidente: considerando solo la differenza tra febbraio e aprile, a crescere di più è stato il quotidiano che già era il più venduto, l’Eco di Bergamo, che ha fato segnare un +16,5%. Seguono la Libertà di Piacenza (+14%), la Provincia di Cremona (+12%), il Giornale di Brescia (+11,5%) e la Gazzetta di Mantova, che ha fatto segnare un aumento delle vendite inferiore all’1%, forse dovuto in parte al minor contagio nella provincia virgiliana.
Quanto ai quotidiani nazionali, il calo tra i generalisti è stato simile, più accentuato solo nel caso del Messaggero. Crollo vero e proprio nelle vendite dei quotidiani sportivi, ma è logico considerato che tutti gli eventi sono stati cancellati. La Gazzetta dello Sport del lunedì ha addirittura perduto i due terzi dei numeri venduti solitamente.
IN INTERNET Audiweb misura invece l’informazione online, elencando i siti di informazione e i brand editoriali. In attesa dei dati di aprile, la differenza tra febbraio e marzo è comunque evidente. La classifica (tabella a sinistra) è fatta sul numero di utenti unici, e iniziamo col dire che appare più corretta la classifica che non comprende i gruppi editoriali, bensì i diversi brand. Anche in questo caso però ci sono parecchi dati non scorporati: per fare un esempio, la voce Quotidiani Gin-Gedi Group (che oggi ha acquisito anche Repubblica, che in tabella è ancora separata), oltre alla Stampa che è conteggiata a parte, comprende testate come Il Tirreno, Il Messaggero Veneto, Il Piccolo di Trieste, La Gazzetta di Mantova, La Provincia Pavese, La Tribuna di Treviso, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, La Nuova Ferrara, L’Espresso, Il Secolo XIX, Il Mattino di Padova e ancora altre, che non compaiono individualmente in classifica. Ne consegue che, ad esempio, il 113° posto della Provincia di Cremona risente delle tante assenze. Considerando solo i quotidiani locali analizzati nella tabella di destra, nessuno di questi è indicato.
In ogni caso l’andamento è interessante, e mostra una crescita netta di tutti i mezzi di informazione. La stessa Provincia di Cremona ha quasi raddoppiato i contatti unici, alla stregua di quasi tutti i siti dei quotidiani anche nazionali. Non sorprende nemmeno il forte calo non solo dei mezzi di informazione legati allo sport, ma anche quelli che si occupano di viaggi (siviaggia e viamichelin, più che dimezzato) e gravidanze (nostrofiglio.it), mentre gli italiani, chiusi in casa, si sono occupati maggiormente di cucina (vola giallozafferano).
I TRE FATTORI Sono tre i fattori che maggiormente hanno spinto le vendite e i contatti web, soprattutto per l’informazione locale: uno è il maggior tempo libero con scuole, aziende e negozi chiusi; un secondo è la ricerca di informazioni legate al virus, con un’attenzione particolare ai tanti necrologi che ogni giorno ci facevano temere di venire a sapere della morte di nostri conoscenti; l’ultimo riguarda l’assenza dei giornali nei bar, che ancora oggi non si possono sfogliare in seguito alle direttive per evitare il contagio.
LA CRISI CONTINUA Tutto ciò non ci deve far dimenticare che la stampa sta attraversando una gravissima crisi, come dimostrano i tagli al personale, i prepensionamenti, i tagli ai collaboratori e agli straordinari, quando non la sostituzione di giornalisti con lavoratori meno qualificati, il tutto anche, se non soprattutto, nelle testate più prestigiose. Il passaggio dalla carta al web non è semplice, e la possibilità per gli editori di assumere tecnici del web invece che giornalisti (il che non risulta sgradevole ai politici) non agevola la categoria. L’Inpgi si è vista scaricare dai governi centinaia di nuovi pensionati di età tra i 58 e 62 anni, con gravi ripercussioni sulle già esangui casse dell’istituto di previdenza dei giornalisti. Quanto al contratto di lavoro, è scaduto da 4 anni: si evita il confronto poiché gli editori chiedono solo tagli.
EDITORI PURI Contribuisce anche la penuria di editori puri nel panorama italiano, quella figura tipicamente anglosassone che esercita in modo esclusivo l’attività di editore, non legata quindi a gruppi finanziari con interessi in altri settori dell’economia. Con l’eccezione pur rilevante di Urbano Cairo, in gran parte si tratta di soggetti che controllano mezzi di informazione con l’obiettivo di servirsene per indirizzare l’opinione pubblica. Perché possiamo scriverlo? Perché nel nostro Piccolo un editore puro, da eccezione cremonese, noi ce l’abbiamo.
DIRITTO D’AUTORE Spesso sul web vengono riprodotti articoli senza riconoscere a testate e giornalisti il giusto corrispettivo. La direttiva sul diritto d’autore è stata approvata dal Parlamento Europeo un anno fa, e afferma che le grandi piattaforme del web devono riconoscere un compenso per ogni articolo che riproducono. I paesi membri hanno tempo fino alla primavera del 2021 per approvare una legge che si conformi alla direttiva, e la Fieg ha chiesto al governo di provvedere. Il Movimento 5 Stelle però è da sempre contrario.
PIRATERIA Se il diritto d’autore è la riproduzione dei contenuti, la pirateria consente di riprodurre l’intero giornale, consentendo che possa essere scaricato in versione pdf. Al momento si stima una perdita per gli editori italiani di 250 milioni l’anno. I più colpiti sono ovviamente i quotidiani più diffusi: quelli locali (come la Provincia di Cremona) per il momento sono meno toccati dal fenomeno in quanto molto meno replicati. Dopo le tante proteste degli editori, qualche procura si è attivata, costringendo ad esempio la piattaforma social Telegram (che ha sede a Dubai) a disattivare una serie di canali che consentivano agli utenti di scaricare in pochi secondi un quotidiano. Per evitare che i gestori di questi canali “cancellati” possano spostare i contenuti illegali in altri canali è attiva una rete di osservatori che cancellano immediatamente i nuovi contenuti. Il problema è: fino a quando garantire la loro presenza? In settimana è arrivata la notizia dei primi due indagati, dalla procura di Bari: due hacker che gestivano alcuni di questi canali. In ogni caso sembra una battaglia persa in partenza: sul web non è difficile riuscire a scaricare contenuti di questo genere, non solo quotidiani ma anche settimanali, mensili e spesso libri: vengono oscurati ma subito riaperti con un url diverso. La guerra ai “pirati” assomiglia a quella condotta anni fa contro chi metteva in rete la musica piratata. Come riuscire ad evitare che la gente si possa scambiare materiale, che sia esso fisico, cartaceo, oppure digitale, con i mezzi a disposizione? Sarà piuttosto il mercato, quindi il lavoro di giornalista, che dovrà giocoforza modificarsi, così come è avvenuto per quello musicale. Non sarà un percorso semplice.
AUTOREVOLEZZA La stampa dunque è in gravissima crisi. A rimetterci, oltre a chi esercita la professione di giornalista, è l’autorevolezza delle fonti, garanzia per il lettore. Il fenomeno delle fake news è ben noto, e pure la politica è accusata di approfittare della facilità di comunicare con i nuovi mezzi non filtrati dalla professionalità del professionista. Non pochi politici vedono anzi nel giornalista un impiccio: molto meglio parlare direttamente agli elettori senza rispondere a domande scomode, e magari sentirsi dire che si stanno raccontando balle. Sarà anche vero quel che disse Mark Twain: “Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso… e pubblica il falso”. Ma almeno lo sceglie lui. Con professionalità.

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