IL CASO • Nel 2019 scese dal 7% al 6,4% le famiglie in povertà assoluta. Il ruolo del Rdc
Vanni Raineri
Sembra strano dirlo oggi mentre siamo alle prese con un’emergenza che da sanitaria si sta trasformando rapidamente in economica, ma in fondo parliamo di dati del 2019, prima cioè che il Covid-19 provocasse per mesi lo stop di buona parte delle attività umane.
Fatto sta che i dati annuali sulla povertà in Italia pubblicati dall’Istat mostrano, dopo tanti anni, una diminuzione dell’incidenza della povertà assoluta nel nostro Paese. La percentuale delle famiglie italiane finite nel segmento più basso del reddito disponibile è scesa infatti dal 7% dell’anno precedente (quando si raggiunse il triste record) al 6,4% del 2019. Se invece delle famiglie consideriamo le persone, il calo è dall’8,4% al 7,7%, a significare che le famiglie povere sono anche le più numerose. Tradotto in cifre reali, parliamo di 4 milioni e 590mila italiani nella povertà assoluta, a fronte dei 5 milioni del 2018.
Ma come valuta l’Istat la povertà assoluta? Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per tipo di comune di residenza).
Dopo quattro anni di aumento, si riducono per la prima volta il numero e la quota di famiglie in povertà assoluta pur rimanendo su livelli molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008-2009.
Per rendere immediato il confronto tra aree geografiche e l’andamento negli ultimi 15 anni abbiamo utilizzato un grafico realizzato da lavoce.info sui dati Istat. Vi è ben evidenziato come la crescita sia stata marcata, dal 2005 (quando l’Istat ha iniziato a misurare la povertà assoluta) sino allo scorso anno. La povertà assoluta in Italia nel 2005 riguardava il 3,6% delle famiglie, un dato che scendeva al 2,5% nel nord, al 3% al centro e saliva al 5,5% al sud. Con l’eccezione del 2014, la percentuale è praticamente sempre salita, anche in modo difforme sul suolo nazionale. Ad uscire peggio dal confronto col 2018 è proprio il nord, che ha visto le famiglie povere fermarsi a quota 5,8% (nel 2005 eravamo al 2,5%). Il sud, che solo due anni prima era al di sopra del 10%, scende invece all’8,6%, mentre nel centro Italia il tessuto sociale ha retto meglio l’ondata della crisi, tanto che siamo al 4,5%. La povertà assoluta dunque non si attenua nel nord, mentre diminuisce sensibilmente nel resto d’Italia. Il milione 674mila famiglie povere sono così suddivise: 726mila si trovano al nord, 242mila al centro e 706mila al sud. Ce ne sono dunque più nord che al sud (dove però gli abitanti sono molti meno).
Elencati i dati, sperando che quelli del 2020 non registrino una nuova impennata, è interessante cercare di analizzare le cause. Ma questa analisi l’Istat non la fa. E dunque non è difficile far risalire il calo alle nuove politiche di lotta alla povertà, in particolare il reddito di inclusione e soprattutto il reddito di cittadinanza, introdotto dal governo gialloverde proprio lo scorso anno. E’ impossibile stabilire quanto abbia inciso, ma è fuor di dubbio che un sostegno alle famiglie più in difficoltà lo abbia portato.
Insomma: i dati Istat certificano il fenomeno ma non lo spiegano, ed è una carenza che si dovrebbe superare, poiché legare un provvedimento alle sue conseguenze è fondamentale per pianificare un intervento efficace del governo. Curiosamente i dati che ha da poco comunicato l’Istat sono passati sotto traccia, e probabilmente ciò è avvenuto in quanto, fotografando il 2019, sono ritenuti ormai superati dai disagi portati dalla pandemia. C’è chi ha provato ad anticipare i dati 2020, considerando che ad entrare più in crisi sono proprio i lavori a basso reddito. Inoltre il tradizionale ruolo protettivo del risparmio è diminuito, anche se questo non incide sulla povertà assoluta, che di risparmio non ne aveva nemmeno prima. E’ facile quindi pronosticare un aumento della povertà per il 2020, e per rispondere il governo ha inserito nel Decreto Rilancio il reddito di emergenza, che segue la cassa integrazione per i dipendenti e il bonus per gli autonomi che erano già previsti nel decreto Cura Italia.
Complessivamente dunque il reddito di cittadinanza ha posto un freno all’allargarsi della povertà assoluta. Ciò non significa che non si debba intervenire per ovviare alle evidenti storture del provvedimento: si pensi ai tanti casi (prevedibili da subito) di abusivismo e soprattutto al ruolo dei navigator.
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