Autostrada e cavoli dal genio di Cerio

 GRANDI DIMENTICATI • Edwin fu ingegnere nautico, scrittore e sindaco di Capri, cui è legata la sua opera letteraria

 Alessandro Zontini

Per oltre dieci anni, a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, il popolare settimanale “L’Espresso” ha ospitato una seguitissima rubrica dedicata al mondo vegetale: “Pollice verde”, di Ippolito Pizzetti. Questi, appassionato studioso naturalista, nel medesimo periodo, divenne l’attento curatore, per la Rizzoli, di una collana di volumi che raccoglie il meglio della letteratura di genere dedicata al mondo animale e vegetale.
La collana, denominata “L’Ornitorinco”, ha esordito nel 1975 con il classico “Del giardino” di Vita Sackville West, notissima poetessa e scrittrice, appassionata di “architettura dei giardini”, celebre anche per la sua relazione sentimentale con Virginia Woolf. Fino al 1984, sono seguiti altri autentici capolavori individuati con cura da Pizzetti che ne curava le presentazioni, riproposti in una nuova ed elegante veste editoriale. Impossibile non ricordare “Caccie e costumi degli uccelli silvani” di Bacchi della Lega, capolavoro della fine dell’800 dedicato all’uccellagione, “Storie naturali” di Jules Renard pregiato dalle illustrazioni di Toulouse-Lautrec ed altri ancora per un totale di 43 magnifiche, imperdibili, opere.
Nella parte terminale della parabola editoriale di questa stupenda collana e precisamente nell’anno 1983, fa capolino la riedizione di un libro stampato a Napoli nel 1934 dal titolo “Flora privata di Capri” dell’eclettico Edwin Cerio.
Il libro è un meraviglioso excursus attraverso la flora di Capri dei primi decenni dello scorso secolo, ovverosia, tanto per ricorrere ad una formula abusata, “quando Capri non era ancora Capri”.
Il volume è particolarmente prezioso perché testimone della presenza, sulla meravigliosa isola ora versata ad un turismo sfrenato e mondano, di una flora, in parte del tutto scomparsa sotto l’incalzante avanzare del progresso dell’uomo ed in parte divenuta, nel frattempo e complici costruzioni spesso realizzate senza alcun criterio di rispetto per l’ambiente, del tutto rara e, conseguentemente, ricercata dai botanici.
La presentazione sul colophon di “Flora privata a Capri” è drammaticamente incisiva: “La Capri di queste pagine non esiste più; e il lettore ha qui il quadro di un’isola mediterranea nella sua età d’oro botanica...”.
Edwin Cerio è figura di intellettuale atipico: nato nel 1875 e scomparso nel 1960 sulla stessa isola che tanto amava, dedicò la propria vita all’attività di ingegneria nautica realizzando, prima della Grande Guerra, sistemi di puntamento per i siluri dei sottomarini della Regia Marina, cannoni navali ed altre apparecchiature di carattere bellico ma, anche, occupandosi dello studio della flora di Capri e, seppur in forma minore, della zoologia, della paleontologia e dell’architettura caprese.
Riuscito a farsi eleggere sindaco e, quindi, podestà di quell’isola, si oppose con efficacia alla speculazione edilizia dell’isola che si avviava a diventare uno dei centri di turismo “modaiolo” più celebre di tutto il Mondo incantando e seducendo, dapprima, numerosi artisti europei (qui Claude Debussy scrisse “Le colline d’Anacapri” di cui si consiglia l’ascolto nella versione di Arturo Benedetti Michelangeli) e poi, col passare dei decenni, attraendo e richiamando sia quelli che lo stesso Cerio definiva “i pescecani milanesi”, ovverosia costruttori edili che ben avevano individuato il potenziale turistico dell’isola, sia masse sempre più rozze ed incolte di villeggianti che, già dagli anni Trenta, iniziavano a far ressa ed a sbarcare dalla terraferma.
Ad Edwin Cerio si deve la redazione (dettagliata al limite del “bizantinismo” più puntiglioso) di un “Regolamento edilizio” del 1921 che poneva rigidissime prescrizioni all’edilizia ed alle tecniche costruttive che, con lodevole intento, dovevano contemperare le esigenze abitative con quelle della salvaguardia della natura (peraltro l’attività di ingegnere nautico svolta da Cerio e, quindi, l’utilizzo parsimonioso degli spazi di navi e sottomarini, gli suggerì un’oculata gestione delle volumetrie a tutela dell’ambiente).
L’ingegnere, che ebbe modo di verificare lo scempio odierno di Capri solo in parte, ha anche scritto numerosissimi libri: oltre ad alcuni specifici legati al proprio lavoro nautico, ha lasciato varie opere dedicate alla botanica caprese, guide, saggi di carattere storico ed anche opere dal carattere ironico (quali, per esempio, la “Guida inutile di Capri” del 1946); tutti i volumi hanno, quale comune denominatore, l’isola di Capri.
Il periodo intellettualmente più prolifico di Edwin Cerio coincise con gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, momento storico di ampia e concitata diffusione culturale sia in ambito letterario che in quello artistico. Quale intellettuale del suo tempio, lo stesso non si sottrasse al fascino delle avanguardie coeve, trovando anche i giusti margini di tempo per consegnarci un volume dal sapore futurista: “Conserve ed affini”.
Il volume è graficamente un piccolo capolavoro: una sovracoperta dai colori verde e nero, piegata a tamburo che sembra concepita dal più moderno dei disegnatori grafici. All’interno si trovano alcuni sorprendenti “azzardi” in parolibere in pieno stile futurista di cui è, sovente, richiamato il singolare ardito stile: “La vittoria degli affini, moventi all’assalto a suon di grancassa, al clamore della pubblicità; Sottaceti Amoroso, Sottaceti Amoroso… Amoroso… Amorosoooo… Amorosoooooooooo”.
Le pagine 286 e 287 (foto sotto)sono una straordinaria tavola su doppia pagina: un’autostrada che “scorre” al centro delle due pagine, circondata da ordinate fila di “cavoli”: quelli limitrofi all’autostrada, al centro, più grandi e sempre più piccoli allorquando da questa si allontanano. Un guizzo di grande creatività visiva in puro stilema marinettiano.
Il libro è un romanzo ironico, geniale e contorto suddiviso in cinque momenti temporali precisi: “la giornata, il mattino, il meriggio, la sera, l’aurora”.
I personaggi sono, con ogni evidenza, in parte mutuati dal teatro di stile napoletano, macchiettistico e grottesco, in parte godono di un’originalità del tutto “nuova” e sorprendente, frutto della geniale fantasia dello stesso autore: tra le pagine di “Conserve ed affini” si “agitano” ed interagiscono tra di loro: Don Giacomo Amoroso, l’Avvocato Buonaccorsi, Donna Gesualda, l’Ingegner Gambardella, Ortensio Bulleretti ed anche i più singolari “Cavalier Parascandolo Silvano, direttore delle Culture Boschive” ed il “Dottor Fitobalsano Bulleretti della direzione semi”, geniale inventore del Germinator (sorta di avvenieristica apparecchiatura, utilissima per far germogliare i semi di qualsiasi coltura e, quindi, per realizzare “conserve ed affini”); nomi di grande immaginazione che sembrano rimandare ai più celebri ed altrettanto geniali “Ragionier Filini dell’ufficio sinistri” ed al “Megadirettore galattico” di “fantozziana” memoria.
Un libro che è una singolare crasi tra lo stile partenopeo, il romanzo d’appendice e le incursioni futuriste. Ogni tanto qualche sparuta copia fa capolino nel mercato dell’usato a prezzi non “popolari”. E’, pertanto, auspicabile che il volume venga al più presto ristampato, operazione che ben gioverebbe alla diffusione di questo grande capolavoro.
Nel frattempo, in attesa che qualche editore soddisfi detto anelito, per pochi euro è possibile acquistare ai vari “mercatini” dell’usato, oppure su internet, i preziosi volumi della collana “L’Ornitorinco” di Ippolito Pizzetti, intelligente caso editoriale che ha contribuito a divulgare la conoscenza e l’amore per la natura.

Commenti