“Le adolescenti” di Mariani La censura e il processo

GRANDI DIMENTICATI • Lo scrittore romano come il grande russo Nabokov, autore di Lolita 


Alessandro Zontini
Le vivaci polemiche divampate a seguito della collaborazione accordata, dal Comune di Cremona, alla mostra dell’illustratrice Nicoletta Ceccoli, cui sono state mosse accuse di pedopornografia, offrono lo spunto per recuperare, dal “dimenticatoio della storia” l’italiano Mario Mariani. La vicenda umana e letteraria di tale autore lo accomuna ad un “colosso” della letteratura del ‘900, il russo Vladimir Vladimirovič Nabokov, con il quale condivide una delle accuse più infamanti, quella della pedofilia (quantomeno letteraria).
“Lolita”, il più celebre romanzo di Nabokov, ripercorre la passione di un uomo di mezz’età per una ragazzina adolescente con la quale avvia una relazione amorosa e a cui, nell’intimo, chiama proprio “Lolita”.
Complici anche le polemiche che si scatenarono subito dopo la pubblicazione del romanzo, lo stesso titolo del libro divenne espressione di uso comune che allude ad una ragazzina precocemente maliziosa, ammiccante o, addirittura sessualmente attiva.
Vladimir Vladimirovič Nabokov propose il suo elaborato a varie case editrici ma ricevette solo fermi rifiuti a causa dell’argomento che “toccava” i nervi di una società che, comprensibilmente, aborriva un amore di carattere (quasi?) pedofilo.
Tuttavia, è bene precisare che nell’arco descrittivo dell’intero romanzo non esiste una sola descrizione di carattere perverso e/o solo volgare, abbondando unicamente le allusioni caratterizzate da stile elegante ma mai pienamente descrittive (un po’ come fa, seppur in altro ambito, H.P. Lovecraft).
Solo la “Olympia Press” di Parigi, che si occupava quasi esclusivamente di letteratura erotica, nel 1955 pubblicò il romanzo di Nabokov suscitando riprovazione e vaste critiche a tal punto che ne fu vietata la vendita per alcuni anni.
La prima edizione italiana del libro, proposto nella collana “Medusa” della Mondadori, è del 1959 ma è solo con l’edizione del 1966 nella collana de “Gli Oscar settimanali” (sempre Mondadori) che si può parlare di “enorme” successo commerciale.
Il romanzo “Lolita” è entrato nel, tanto per ricorrere ad una formula tanto vaga quanto frustra, “immaginario collettivo” e finisce per influenzare musica e letteratura. I “Police”, leggendario gruppo rock capitanato da Sting, pubblicano sul loro quarto LP, il brano “Don’t stand so close to me” che si rifà al romanzo di Nabokov (pure espressamente citato).
Nel 2003, Azar Nafisi pubblica un romanzo di successo: “Leggere Lolita a Teheran”, dedicato, in parte, ad una “nuova” interpretazione del lavoro di Nabokov.
C’è spazio anche per la satira: nel 2013, il comico pubblica “Lolito”, parodia del romanzo dello scrittore russo che ha, quale protagonista, addirittura Silvio Berlusconi.
Il romanzo, seppur dalle vicende travagliate e sottoposto ovunque al severo esame della censura, è oggi considerato un autentico “classico” della letteratura del ‘900.
Da “Lolita” sono stati tratti anche due film di notevole successo: il primo di Stanley Kubrik nel 1962, sceneggiato dallo stesso Nabokov ed un secondo, nel 1997, diretto da Adrian Lyne ed interpretato da Jeremy Irons.
La recente riproposizione del romanzo da parte della casa editrice Adelphi nel 1993, più volte ristampato, conferma non solo l’interesse ma, anche, il pregio letterario di quest’opera.
Eppure, come accennato, “Lolita” non costituisce un “ἅπαξ λεγόμενον” (un caso unico e singolo) nel panorama letterario.
Mario Mariani (nato a Roma nel 1883 e mancato ai vivi nel 1951) è stato un valente scrittore e poeta, la cui narrazione è, spesso, venata di un erotismo inconciliabile con gli stili letterari dell’epoca e, soprattutto, con la morale comune allora imperante.
In particolare lo si ricorda per raccolta di novelle “Le adolescenti” del 1919 che, al momento della sua comparsa in libreria, vendette, in soli pochi giorni, tutte le seimila copie stampate.
Il volume si pregia delle delicate illustrazioni di Renzo Ventura che, per tratto e capacità espressiva, si può accostare ad un Adolfo De Carolis o ad un Galileo Chini.
Peraltro, le illustrazioni di Ventura ripropongono, in diverse situazioni, il tema della giovinetta alle prese con le occhiate, evidentemente interessate, di uomini maturi. In qualche sporadico caso sono accentuati segni grafici vagamente allusivi. Uno dei disegni di Ventura propone una modella “adolescente” nuda che posa per un pittore vicino ad una poltrona il cui rivestimento è a tema floreale; ma le rose sembrano occhi umani sgranati nel vedere tale giovane bellezza. Oggi non possiamo non pensare a Balthùs ed alle sue descrizioni artistiche vagamente erotiche ma, talvolta, accusate di pedofilia.
Le novelle, ben scritte e congeniate, ammiccanti, provocatrici e sensuali, destarono notevole interesse.
Essendosi esaurita la prima edizione, l’editore Icilio Bianchi, titolare della “Modernissima” di Milano, decise di ristampare il volume ma venne, tempestivamente, fermato dalla magistratura inquirente dell’epoca che avviò un procedimento penale contro l’autore, l’illustratore e l’editore stesso.
In particolare modo, furono oggetto di particolare attenzione sia le illustrazioni di Ventura che la novella “Maria Veraldi” ove si narra l’amore, estremamente sensuale, tra un giovane quattordicenne ed una undicenne.
Il processo, celebrato a Milano, davanti alla VIII sezione penale del Tribunale, ebbe clamorosa eco presso il pubblico italiano che, nell’intendimento della pubblica accusa, era il principale soggetto da proteggere dalle oscenità di Mariani e di Ventura. L’esito fu la condanna per gli imputati “alla reclusione di giorni 15 e della multa di lire 100 per ciascuno”.
Nel corso del dibattimento, l’editore, con astuta iniziativa imprenditoriale, diede alle stampe una nuova versione de “Le adolescenti” da cui, tuttavia, espunse prudenzialmente la novella incriminata “Maria Veraldi” che Mariani si rifiutò di mutilare prima di avviare la ristampa.
All’interno del volume, emendato di tale novella, si legge una singolare avvertenza: “La novella Maria Veraldi è stata quindi messa in disparte nella speranza che, dopo la sentenza della corte d‘appello … ci sia possibile, anche per il buon nome della magistratura italiana, ripubblicarla nella sua integrità”.
Questa nuova edizione venne arricchita sia dal resoconto del processo di Milano che di un’appendice polemica dell’autore: “Il processo alla letteratura”.
“Notorietà = invidia degli imbecilli” è l’incipit futurista di Mario Mariani che invoca la libertà d’espressione e quella artistica, richiamando temi scottanti (quali l’omosessualità maschile, il lesbismo), trattati in letteratura da grandi autori a lui coevi, citando “L’isola dei baci” di Corra e Marinetti, “Sciogli la treccia, Maria Maddalena” di Guido da Verona, “Perfidie” di Mura e, naturalmente, il Vate de “Il piacere” e de “Il fuoco”.
L’auspicio è che la censura e la magistratura non si frappongano tra l’opera letteraria ed il pubblico titolare di un diritto di autonoma scelta, anelando ad un’edizione integrale del suo volume di novelle.
Non sarebbe stato accontentato. Nel 1951 Mariani spirò e non fece in tempo a vedere nuovamente stampata la sua opera e, specialmente “Maria Veraldi” che spuntò sommessamente in edicola solo nel dicembre del 1966.
La casa editrice “Società di diffusione periodici” di Milano lanciò la collana “Poker d’assi” che proponeva, in forma semiclandestina, grandi classici dell’erotismo: “Orge latine”, “Sadismo” ed i più classici “Kamasutra” ed “Il giardino profumato”, titoli che sfidavano i “pretori d’assalto” dell’epoca, pronti a sequestrare la stampa sospettata di veicolare oscenità e pornografia. Il numero otto della collana ripropone, unitamente a due novelle di Guido da Verona, proprio “Maria Veraldi”.
Un tardivo omaggio ad un “vero mago della libertà erotica che amava le donne libere, naturali, spregiudicate e senza pregiudizi”, l’antitesi di quella censura, immutata nei decenni, che tanto aveva combattuto.



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