Dal lockdown alla solitudine Attenti ai rischi della rete

SOROPTIMIST CREMONA • La psicologa Paola Cattenati mette in guardia soprattutto i genitori su odio, cyberbullismo e sexting


Vanni Raineri
Tra le poche novità positive introdotte dal lockdown c’è la possibilità di assistere online, comodamente da casa, ad alcuni incontri molto interessanti. Da un lato dunque l’impossibilità di ritrovarsi fisicamente, dall’altro la chance di estendere a tutti la partecipazione, grazie alla condivisione in rete.
Una di queste opportunità si è materializzata mercoledì grazie a Soroptimist Cremona, che ha ospitato un intervento della dottoressa Paola Cattenati, psicologa e responsabile del Criaf (Centro Riabilitazione Infanzia Adolescenza e Famiglia), che ha avuto come tema: “Iperconnessioni e solitudini: insieme per promuovere ‘buone reti’ per contrastare l’odio e la violenza online”.
Si è discusso dunque soprattutto del disagio che stanno vivendo in primo luogo i ragazzi a causa del lockdown, e dai problemi di vario genere che provoca la connessione costante in rete.
L’incontro è stato introdotto dalla presidente del Soroptimist Monica Poli in questo modo: «Oggi siamo iperconnessi, viviamo nel web, lavoriamo online, abbiamo la didattica a distanza, comunichiamo con amici online. Questo transito nel mondo informatico è stato di aiuto ma ha anche generato gravi problematiche che hanno portato ad alzare l’attenzione e mettere in campo competenze nuove».
Paola Cattenati è anche membro dell’Osservatorio Nazionale presso il Ministero per il contrasto al bullismo e alla violenza di genere, nonché dell’Osservatorio Regionale per il contrasto al cyberbullismo. Grazie al suo lavoro nelle scuole è a contatto con queste problematiche, ascoltando ragazzi e docenti. «Il comune denominatore del momento - ha esordito - è la solitudine, un senso di isolamento che tocca tutti, ma soprattutto i ragazzi che stanno affrontando questa seconda ondata con molta preoccupazione. Sono nuove solitudini che si aggiungono a quella che già stavamo studiando, fragilità di relazione che si acuiscono»
Sarà importante che la scuola riparta, ma dovrà farlo da relazioni disperse che vanno ricucite: «I nativi digitali non hanno competenze per maturare le relazioni. La relazione tecnologica è immediata per sua natura, manca la costruzione della relazione. Ha fattori seducenti, è meno impegnativa, se abbiamo un diverbio su whatsapp ti cancello, in caso contrario ti metto un like. E la rincorsa ai likes crea un nuovo fenomeno di dipendenza, che rende i ragazzi ancora più vulnerabili».
Cambia profondamente il loro modo di essere, di giocare, di relazionarsi, di apprendere. Vanno individuati nuovi strumenti: «Oggi la visibilità si ha attraverso i social, e in questa corsa al like c’è la paura di essere esclusi. E’ una consenso ottenuto e negato, un aspetto che preoccupa molto i ragazzi». Una sorta di “vita da Instagram” che aumenta ulteriormente i rischi del cyberbullismo: «Immaginiamo ragazzi non ammessi nella chat, o sbeffeggiati e denigrati, o che ricevono insulti e minacce: il rischio è provocare ulteriore isolamento, quando non depressione o addirittura casi di suicidio causati dall’isolamento. Nel lockdown purtroppo anche il denigratore può essere meno aiutato a capire la situazione. Non è un caso che anche per i grandi la solitudine abbia significato la diminuzione delle denunce di violenza domestica da parte delle donne: il lockdown non ha ridotto la violenza, ma solo l’opportunità di denunciarla».
«Anche l’odio online - ha continuato Paola Cattenati - si è acuito: alcuni ragazzi confessano che vanno in rete per offendere e insultare qualcuno. E quando il leader inizia a sbeffeggiare, per evitare l’esclusione dal gruppo gli altri tendono ad adeguarsi. Purtroppo la tecnologia rinforza il bullismo, e se prima la presenza in classe rendeva palpabile la tristezza, ora non possiamo notare chi è preso di mira. La rete dà un senso di anonimato, rafforzato dalla possibilità di proporsi con falsi profili».
Un altro tema è la difficoltà di eliminare i post sotto accusa: «Lo evidenzia anche l’Unesco, e può portare al suicidio anche persone adulte che non vedono vie d’uscita. E’ vero che la legge può obbligare alla rimozione, ma spesso non basta per evitare che un post e un video continuino a circolare».
Quindi il rischio del sexting: «L’immediatezza della relazione fa raggiungere gradi di intimità molto elevati in poco tempo; spesso la ragazza o il ragazzo non conoscono abbastanza bene il fidanzato. Accade così che condividano un video che poi viene pubblicato in una chat della classe e postato sul web. Qui gioca anche l’immaturità relazionale che porta alla paura di perdere il fidanzato o la fidanzata. Loro stessi affermano che registrare un video è un modo per sentirsi più vicini e non interrompere una relazione».
Un altro fenomeno da monitorare sono le cosiddette challenge, sfide che la rete lancia in modo criminale portando ragazzini a gesti anche estremi. E l’iperconnessione che provoca anche insonnia. Importante è il modello che gli adulti offrono, ma loro stessi spesso condividono fake news, e il 30% dei ragazzi denuncia l’assenza dei genitori impegnati troppo in rete. «I genitori italiani hanno scarsa consapevolezza dei rischi della rete rispetto agli altri europei: siamo rimasti ai consigli sul mettere il casco, indossare la cintura, guidare l’auto senza bere, ma dobbiamo capire che la rete è una grande piazza, piena di gente. Manderemmo i nostri figli da soli in una piazza affollata? Certo che no. Diciamo loro di non dare il proprio nome, dire dove abitano, di non parlare con sconosciuti, non accettare caramelle eccetera ma anche la rete è una piazza».

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