AMBIENTE • Lo afferma Marco Pezzoni: «Andrebbe piuttosto sostenuta con incentivi e valorizzata la navigazione turistica»
La disponibilità di oltre 200 miliardi di euro di Next Generation Eu, da investire sul futuro, ha stimolato da ogni parte del Paese le speranze di ripescare dai cassetti progetti accantonati da tempo. Tra questi, la regimazione del fiume Po.
Ne parliamo con Marco Pezzoni, che viaggia controcorrente: «Leggo anche di un ordine del giorno presentato in Consiglio regionale della Lombardia da Matteo Piloni e Antonella Forattini (Pd) e da Federico Lena (Lega) per rilanciare la navigabilità del Po contando di ottenere finanziamenti europei per la regimazione del Po e per le conche del porto di Cremona. Finalità: far ripartire la navigazione fluviale del trasporto merci. Peccato che questo progetto sia fuori tempo massimo e, oggi, di fronte ai cambiamenti climatici, addirittura in contraddizione con i criteri di salvaguardia degli ecosistemi di maggiore complessità».
Ci spieghi meglio: «Lo faccio in 10 punti. 1) La regimazione del Po distruggerebbe la qualità più preziosa che ha mantenuto il nostro grande fiume: quello di essere un corso d’acqua a corrente libera, con rive e spiaggioni di interesse naturalistico e turistico unico che verrebbero distrutti. 2) La regimazione nella forma più dura comporta la bacinizzazione con 4 o 5 chiuse per regolare il flusso e sfruttare i salti d’acqua a uso idroelettrico, tecnologia sempre meno vantaggiosa visto il successo del fotovoltaico come maggior produttore di elettricità a costi più competitivi e meno impattanti. 3) Per rimediare a questo svantaggio economico la bacinizzazione può scatenare appetiti pericolosi: la società multinazionale Eon già diversi anni fa si era interessata ai possibili sbarramenti sul fiume Po per utilizzare la maggior acqua disponibile per l’idroelettrico senza escluderne l’utilizzo in futuro per il raffreddamento di possibili minicentrali nucleari da collocare sulle sponde del fiume. La lobby del nucleare nel mondo non è del tutto sconfitta e pensa di riprendersi la scena con nuove centrali di piccola taglia. Dove i governi sono consenzienti, ancora con impianti giganteschi come nel caso dell’accordo Enel-Slovacchia. L’attuale presidente di Sogin Perri, che dirige anche Caorso, è un ingegnere nucleare che ha collaborato proprio in Slovacchia al gigantesco impianto nucleare di Mochovce in via di completamento. 4) La navigazione di merci sul fiume e l’importanza del porto di Cremona hanno perso l’ultima battaglia 30 anni fa con i tentativi di alcuni parlamentari dell’Ulivo, tra cui il sottoscritto, di porla tra le priorità del primo Governo Prodi in forza del riconoscimento da parte della Ue del Po come “fiume europeo” parte integrante del corridoio adriatico. Contro la navigazione fluviomarittima fino a Milano si schierarono tutti i rappresentanti politici del Sud Italia e, nel nostro territorio, tutti i maggiori partiti per non inimicarsi gli agricoltori cremonesi e cremaschi contrari alla prosecuzione del canale fino a Milano. 5) Del resto Milano non ha mai “visto” il Po come occasione di sviluppo se non 100 anni fa nella sua area periferica di Porto di Mare con il progetto di una darsena e di 4/5 banchine di attracco per un canale iniziale di 20 km in direzione di Cremona. Già nel 1922 il progetto si blocca e di fatto fallisce. 6) Ci riproverà Cremona nel secondo dopoguerra costruendo il canale fino a Pizzighettone e inaugurando il proprio porto con 4 diversi presidenti della Repubblica, ma priva di fatto dell’alleanza strategica di Milano. 7) In questi ultimi 30 anni tutto il sistema dei trasporti è cambiato, sono cambiati i luoghi della intermodalità con la moltiplicazione di poli logistici per trasporti su gomma. È cosa ancora buona se si riesce a rilanciare faticosamente in Italia l’intermodalità gomma-ferro. Attorno a Milano si è ormai realizzata la rosa di interporti più grande d’Italia per l’Europa e dall’Europa. Nessuno di questi prevede di utilizzare il porto di Cremona. Del resto nemmeno il gruppo Arvedi, l’unico grande industriale ad avere un volume importante da muovere, ha puntato e punta sul trasporto fluviale. Questo ha comportato negli anni il declino del porto di Cremona, malgrado la dotazione di due avanconche. 8) Anche il porto di Mantova è in declino pur avendo il vantaggio di essere più vicino al mare e di potersi avvalere del canale navigabile Tartaro-Fissero-Canalbianco che corre parallelo al Po. Questo per scarsità di merci da trasportare via fiume, per scarsità di adeguati servizi per gestire la rottura del carico, soprattutto per mancanza di una flotta commerciale e dei relativi sussidi di Stato. L’ultima flotta commerciale, o una delle ultime, con le sue bettoline a solcare il Po aveva sede a Rovigo ed era proprietà dell’imprenditore cremonese Binda Beschi. Invano Binda Beschi chiese aiuto alla politica cremonese e a quella di Roma, al Governo regionale del Veneto e a quello nazionale. Dopo un periodo di cassa integrazione, tutto il personale specializzato nella navigazione fluviomarittima è rimasto senza lavoro, la flotta smantellata per sempre. 9) Tutto questo ci dovrebbe insegnare che la navigazione fluviomarittima è inserita in un tempo opportuno e in un contesto istituzionale adeguato. Non è frutto di improvvisazione né di propaganda di corto respiro. Nei Paesi europei che l’hanno adottata è stata inserita in un sistema nazionale integrato che ha avuto bisogno di leggi, sostegni finanziari permanenti e di una capacità di programmazione e integrazione nel sistema dei trasporti. Solo un Governo nazionale ed una governance sovraregionale e interregionale può garantire tutto questo. In Italia questa visione e questa capacità è mancata. Le modalità del trasporto di merci pesanti hanno preso altre strade. 10) Adesso è tempo di guardare avanti. Di trasformare ritardi incolmabili in opportunità qual è quella di un fiume meno sfruttato. Così rimane importante, anzi più importante del passato, la navigazione turistica sul Po e questa sì che andrebbe sostenuta con incentivi e valorizzata anche per le sue potenzialità economiche, non solo culturali. Ma la condizione indispensabile è che il Po mantenga quella sua bellezza paesaggistica e quella varietà di rive e di biodiversità che gli può garantire solo la corrente libera. Lo stesso progetto VenTo che collega Torino a Venezia ha senso e valore se corre accanto ad un fiume non imprigionato dalla camicia di forza del cemento. La nuova economia sostenibile parte da qui».
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