Eurocalcio, più scontri tra big ma non posti per diritto divino

 CALCIO • Dopo il flop del progetto Super Lega restano sul tappeto alcuni temi da affrontare. Quale il punto di arrivo?

Vanni Raineri

Il progetto Super Lega di calcio ha avuto breve durata, ma siamo certi che la faccenda non si sia chiusa qui. Da un lato le big europee torneranno alla carica, mentre l’Uefa cercherà di blindare il recinto per evitare che il progetto sia riproposto. Proviamo a fare il punto della situazione, analizzando pro e contro dell’iniziativa senza pregiudizi.
I MOTIVI DELLO STRAPPO La pandemia, con le sue pesanti conseguenze economiche, ha accelerato un processo in atto da tempo. Le 12 società scissioniste sono tutte indebitate fino al midollo: la Juventus non è riuscita a rientrare dagli investimenti, l’Inter non paga stipendi da mesi, il Milan ha già pagato con l’esclusione dalle Coppe il fair play finanziario. In Europa il quadro è ancora peggiore. Cosa lamentano le nostre tre big? Di avere l’87% della tifoseria nazionale e solo il 21% degli introiti televisivi. Il flop del progetto è dovuto a una mossa disperata provocata da una situazione debitoria drammatica, ma pensare a un torneo semichiuso solo per consentire a chi si indebita di rientrare è quantomeno discutibile.
SOLO PER SOLDI? Se è vero che il progetto nasce dai club più ricchi per motivo di vil danaro, bisogna ammettere che la stessa finalità hanno sia Uefa e Fifa che tutte le altre società. Tutti insomma si muovono per soldi, l’interesse dei tifosi è un altro capitolo.
IN PUNTO DI DIRITTO La mossa Super Lega ha precedenti rilevanti. Il più simile è la creazione dell’Eurolega di basket; inizialmente le federazioni l’hanno osteggiata, ma alla fine hanno dovuto cedere: tra le italiane solo Milano ha la certezza di partecipare a prescindere dalla posizione in campionato, e la vittoria dello scudetto non matura il diritto alla partecipazione. Di fatto l’Eurolega ha oscurato la Champions League organizzata dalla Fiba. Nel rugby la Pro14, cui partecipano Treviso e Parma, ha impoverito il campionato nazionale. Ma il precedente più “pericoloso”, strano a dirsi, arriva dal pattinaggio su ghiaccio, la cui federazione mondiale aveva squalificato i partecipanti a una manifestazione privata dovendo poi annullare la decisione a causa di una sentenza della Corte di Giustizia Europea. È vero che il club calcistici hanno firmato la cosiddetta clausola compromissoria con la Figc, ma qualora si appellassero alla giustizia ordinaria è probabile che potrebbero avere il via libera. Si rischia una nuova sentenza Bosman.
PUNTO DI INCONTRO Dopo il muro contro muro, è probabile che le parti trovino un punto di incontro, ad esempio la nuova formula della Champions League potrebbe partire già tra un anno, con condizioni più favorevoli alle big del calcio europeo. La Super Lega garantiva un minimo di 18 partite, la nuova Champions 10, quota che potrebbe aumentare. Così come potrebbe essere rivista la distribuzione dei diritti televisivi.
SUPER LEGA, I PRO Nel calcio moderno appare sempre più assurdo che la Juventus giochi 2-3 volte in un anno (Coppa Italia compresa) contro il Benevento e una volta in media ogni 3-4 anni contro Real Madrid o Liverpool. Il peso sempre maggiore dei fruitori del calcio in tv vorrebbe vedere più spesso Ronaldo contro Messi, e meno Ronaldo contro Lapadula, con tutto il rispetto.
Un altro fattore positivo riguarda quelle società, e quelle città, che a causa dello scarso appeal del proprio campionato nazionale non sono in grado di competere per motivi di bilancio. L’Ajax, per fare un esempio, è costretta a cedere ogni anno campioni in erba, non può certo trattenerli per farli giocare in un torneo anonimo con nessuna certezza di introiti dalle coppe europee. Un torneo che garantisca un minimo di gare di grande richiamo potrebbe consentire a città come Amsterdam, Lisbona, Mosca, Bruxelles, Stoccolma, Praga, Budapest, di nutrire ambizioni oggi utopiche.
SUPER LEGA, I CONTRO Il primo motivo per osteggiare il progetto, ed è quello che ha mosso leader politici e le masse dei tifosi, è l’abbandono del criterio meritocratico. Oggi un gruppo di amici può iscrivere una squadra in Terza categoria e, soddisfando criteri economici e disponibilità di stadi ad hoc, in teoria ambire al massimo trofeo continentale. Purtroppo i fatti ci dicono che a vincere i campionati più importanti sono sempre più le stesse squadre, ma quanto ci mancherebbe un Chievo che si qualifica in Champions, come avvenuto anni fa, o un’Atalanta che lo fa per tre anni di fila? Proprio nell’ultimo turno di campionato lo Spezia ha fermato l’Inter, il Sassuolo ha sconfitto il Milan e pochi giorni fa la Juventus è stata battuta proprio dal Benevento. È il bello del calcio, ed è un insegnamento vedere l’Atalanta cedere l’intera difesa alla Roma (Mancini, Spinazzola, Cristante e Ibanez) e qualificarsi al massimo torneo europeo spesso a scapito di chi quei campioni in erba acquista a peso d’oro. Come ha detto Pep Guardiola subito dopo la presentazione della Super Lega, nonostante l’adesione del club che lo stipendia, «lo sport non è sport se il successo è garantito». Inoltre, accetterebbero squadre di medio-alto livello come Napoli, Roma, Lazio, Sampdoria, di affrontare le big solo quando invitate a farlo?
IN CONCLUSIONE Aumentare i ricavi non è l’unica soluzione per aver gonfiato i costi: i costi vanno tenuti sotto controllo. Un vero tifoso accetta l’esclusione da una Coppa che sul campo l’avversaria dimostra di meritare di più, in barba al budget: è l’essenza del calcio, che ha consentito a questo sport di diventare il più popolare nel mondo. La soluzione auspicabile è quindi un torneo europeo più ricco di incontri, che sia Champions League o un eurocampionato vero e proprio, con meno impegni nazionali, ma con nessuno legittimato ad accedervi per diritto divino.

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