I disturbi psicologici della Dad

 ISTRUZIONE • Intervista alla dottoressa Silvia Furregoni: «In aumento autolesionismo e disturbi alimentari»

Il rientro a scuola, sia pure ancora non completo, dopo un lungo periodo in cui la didattica a distanza ha avuto un ruolo preminente, ha messo in luce le prime criticità. Si parla spesso dei ritardi di apprendimento, che la dad non ha saputo ovviare, meno spesso si parla delle difficoltà legate allo sviluppo emotivo e relazionale dei ragazzi, in modo particolare degli adolescenti.
Ne parliamo con Silvia Furregoni (nella foto), psicologa sistemico-relazionale, specializzata nelle età dell’infanzia e dell’adolescenza e delle problematiche familiari, che ha uno studio in via Magenta a Cremona.
«Se è vero che pure gli insegnanti sono vittime dell’ansia da programma - esordisce la dottoressa Furregoni -, per i ragazzi in particolare la dad ha interrotto le relazioni dal vivo, la sfera affettiva, gli innamoramenti, ed è una questione non semplice. Registriamo un aumento sensibile in particolare di atti di autolesionismo e di disturbi affettivi. La pandemia ha polarizzato dinamiche preesistenti, nel senso che ha estremizzato situazioni critiche che erano già presenti in precedenza. Sappiamo bene che molti ragazzi erano collegati online, ma spesso interrompevano il collegamento per dedicarsi ai videogiochi».
Risulta che solo in Giappone sia stato fatto uno studio sul tema, facendo emergere in particolare un sensibile aumento medio di peso.
«Ovviamente è aumentata la sedentarietà. Oltre alla necessità di seguire le lezioni scolastiche in video, le videochiamate sono state l’unica forma di contatto, ma di fatto si è interrotta la socializzazione non solo nella didattica ma anche nello sport e nel confronto quotidiano con i coetanei. Logica conseguenza è il disturbo alimentare, spesso collegato a un aumento di peso».
In Inghilterra invece è stato fatto un sondaggio interessante, in quanto si sono potuti confrontare ragazzini della stessa età in parte presenti a scuola e in parte costretti a casa. Qui è emerso che tra chi è rimasto in casa le difficoltà comportamentali sono superiori del 40% rispetto ai coetanei che andavano a scuola. Tra l’altro a distanza di un mese questo svantaggio non è stato recuperato, tanto che il governo inglese sta studiando interventi anche legati a progetti su sport e arte.
«Noi vediamo spesso ragazzini con disturbi d’ansia e depressivi: se pensiamo ai bambini che iniziavano la prima elementare, hanno dovuto congelare la prima fase del rapporto con gli altri, col gruppo, e la didattica a distanza non può certo sostituirla. Anche la Francia sta investendo in modo massiccio su figure gratuite che assistono questa fascia d’età».
L’impressione è che in Italia siamo coloro che hanno chiuso di più le scuole e che stanno pensando meno a risolvere i problemi della sfera psicologica.
«Rispetto al resto d’Europa è così. Un’amica che ho in Francia mi ha detto che là la dad è stata ridotta per garantire le fasce più fragili degli adolescenti. Pensiamo alle famiglie fragili che già hanno difficoltà in condizioni normali, e comprendiamo l’aumento delle tensioni con la necessità di rimanere tutti in casa. Solo in questo periodo l’Italia ci sta pensando, come vediamo dalle proteste degli insegnanti sostenute dall’Ordine degli Psicologi, che aveva già avvertito di come la dad fosse poco funzionale».
Per chiudere: come fa un genitore ad accorgersi che qualcosa non va nei propri figli?
«Dipende innanzitutto dalla loro fascia di età. Per gli adolescenti il fenomeno è meno osservabile, ma il vissuto depressivo, il calo dell’apprendimento, l’isolamento in casa, la svogliatezza nel contattare i coetanei quando non l’autolesionismo sono fenomeni che devono far suonare il campanello d’allarme. I più piccoli possono avere un comportamento irritabile e sbalzi d’umore. Devo dire che sono parecchi i genitori che oggi chiedono consulenza, soprattutto per atti di autolesionismo e disturbi legati all’alimentazione».

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