Global Tax, che sia la volta buona?

 ECONOMIA • Importanti sviluppi dal G7. L’UE non può più sopportare la concorrenza fiscale interna

La prima reazione è stata di un entusiasmo ingiustificato: finalmente si tassano le grandi multinazionali che fanno profitti da noi e pagano le tasse (poche) altrove. La reazione successiva è stata esagerata in senso contrario: era un bluff.
In realtà di passi avanti importanti ne sono stati fatti, ma affermare che l’accordo mondiale tra gli stati sia cosa fatta sarebbe pure sbagliato. Fatto è che l’avvento di Joe Biden sullo scranno di uomo più potente del mondo al posto di Trump ha mosso le acque, riavvicinato Stati Uniti ed Europa nel nome dei nemici (commerciali soprattutto) comuni, e quindi promette di risolvere un argomento che è oggettivamente inaccettabile. Biden in ogni caso ha promesso guerra ai paradisi fiscali che si trovano in tutto il mondo, ma in questo caso il vero tema è l’armonizzazione dei regimi fiscali tra i vari Stati, in particolare all’interno dell’Unione Europea: farsi concorrenza tra “cugini” per ospitare le sedi delle grandi aziende promettendo sconti non sembra la via migliore all’integrazione europea.
In ogni caso, dagli Usa viene uno spiraglio importante sulla tassazione delle multinazionali, che oggi versano solo spiccioli, in genere all’Irlanda che offre loro le condizioni migliori. I cosiddetti Big Tech hanno fatturati e utili da far impallidire quelli di importanti Stati, ma le tasse sono irrisorie. Il timore che Amazon, Google, Facebook eccetera possano davvero far concorrenza agli Stati (sino a stampare moneta propria) sembra uno dei motivi che hanno spinto Biden a muoversi.
Se ne è discusso una settimana fa al vertice G7 di Londra. Alcuni stati europei, tra cui l’Italia, hanno imposto una tassazione del 3% sugli utili realizzati in loco, aprendo alla ritorsione degli Usa che hanno aumentato i dazi. Ora si cerca il punto d’incontro che stia bene a tutti, e sembra che si possa trovare su una global minimum tax del 15% sugli utili nel caso la sede sia in uno dei paradisi fiscali mondiali. Sulla suddivisione di quel 15% si sta trattando. Inoltre, si dovrebbe aggiungere il 20% dei profitti delle grandi compagnie che eccedono il 10% di margine a favore dei Paesi dove i guadagni sono effettivamente realizzati. Quel che è certo è che il G7 sta valutando come porre fine all’ingiustizia dei paradisi fiscali, dove l’obiettivo è di costituire una semplice sede legale al solo fine di limitare al minimo le imposte.
A spingere verso la ricerca di una soluzione ha contribuito il lockdown, che ha ulteriormente gonfiato i profitti delle Big Tech, aumentando le disuguaglianze economiche. Importante pure il contributo della nuova segretaria al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen.
A mettere in cattiva luce i super ricchi ha contribuito una recente inchiesta che ha mostrato come questi abbiano versato al fisco negli ultimi anni una cifra tra lo 0 e il 3% della loro crescita patrimoniale, mentre i ceti medi americani versano un’aliquota tra il 14% e il 37%.
Possiamo dire che siano due gli obiettivi: far pagare più tasse ai big (e possibilmente laddove si verificano i profitti) e l’armonizzazione fiscale tra i diversi paesi, soprattutto nella UE. La concorrenza economica fa crescere, la concorrenza fiscale provoca danni, questa la convinzione di tutti, per questo si deve intervenire sull’imposta societaria.
L’Ocse ha fatto una interessante ricerca che mette in ordine l’aliquota societaria nei 37 paesi aderenti nel 2020. In vetta c’è il Portogallo col 31,5%, seguito da Messico, Australia e Colombia (30%), Germania (29,9%), Giappone (29,74%), Nuova Zelanda (28%) e all’ottavo posto l’Italia (27,81%). La Francia è al 25,83%, gli Stati Uniti al 25,76% (con la proposta Biden salirebbero in vetta col 32,34%), la Spagna al 25%, l’Olanda al 21,7%, la Svizzera al 21,15%, il Regno Unito al 19%. L’Irlanda è ovviamente in coda, col 12,5%, ma il vero paradiso fiscale Ocse è l’Ungheria, con il 9%.
Ma come è possibile continuare nella cosiddetta Unione Europea a far convivere un Paese che chiede il 31,5% con uno che fa pagare il 9%?

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