AMBIENTE - La Lombardia tratta ogni anno quasi un milione di tonnellate in più
Vanni Raineri
Di quando in quando, torna in voga l’emergenza rifiuti. Solitamente accade alla vigilia di elezioni amministrative, quando le opposizioni rinfacciano a chi ha governato l’incapacità di risolvere l’eterno problema della raccolta indifferenziata. E accade in due regioni in modo particolare, Lazio e Campania, non per condanna divina bensì per ragioni precise.
La pianificazione regionale non ha consentito ovunque di raggiungere risultati apprezzabili: in Lombardia ci sono 13 inceneritori, in Emilia Romagna 9, in Toscana 8 (in queste regioni in pratica ogni provincia ha un termovalorizzatore), ma la situazione cambia se si scende verso sud: nelle 6 regioni meridionali esistono solamente 7 impianti, di cui uno chiuso. La situazione è particolarmente critica in Campania, dove è presente solo l’impianto di Acerra, e in Sicilia, dove l’unico di tutta l’isola, a Messina, è in fase di smantellamento.
Ecco dunque che alcuni territori sono riusciti a chiudere il ciclo dei rifiuti urbani indifferenziati, altri invece sono costretti a farli viaggiare verso altre regioni se non verso l’estero. E quanto costi tutto questo alle casse del Stato è facilmente immaginabile.
E pensare che la legge del 2006 prevede il principio comunitario di autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani non pericolosi, mentre per la differenziata è consentita la circolazione sul territorio nazionale, sia pur privilegiando gli impianti vicini.
Calcoli artefatti con stime esagerate di raccolta differenziata (basta “stimare” una raccolta vicina al 100% per evitare di realizzare inceneritori) e incapacità della politica di prendere decisioni anche impopolari (nessuno vorrebbe l’inceneritore vicino a casa propria) hanno fatto sì che si verifichino emergenze che, in quanto ricorrenti, non si potrebbero definire tali. E che per essere risolte richiedono costose (non solo dal punto di vista economico, ma anche ambientale) migrazioni di rifiuti verso le regioni del nord e verso l’estero.
E mentre in altri Paesi lo smaltimento di rifiuti è in grado di creare valore aggiunto grazie al recupero energetico, da noi si paga l’incapacità di creare consenso verso la risoluzione del problema. In poche parole, l’autosufficienza è ben lontana per alcuni territori, soprattutto se considerata in vista ai target fissati dall’Europa, che prevedono entro il 2035 il 65% di riciclo e un massimo del 10% di conferimento in discarica.
Il sito la voce.info, sulla base di un’elaborazione di dati Ispra (relativi al 2019) fatti dal Laboratorio Ref Ricerche, ha pubblicato un’interessante serie di grafici (uno lo mostriamo qui sopra) che evidenziano il disequilibrio dei conferimenti e quindi dei conti economici fra le varie regioni. Valutando la differenza tra rifiuti indifferenziati raccolti in regione e quelli materialmente trattati (la differenza in positivo è quindi data dagli arrivi extraregione, in negativo dall’export), emerge che la Lombardia ha un saldo positivo di oltre 900mila tonnellate, seguita a distanza dall’Emilia Romagna con 385mila. Nel Sud si distingue il Molise, piccola regione con due inceneritori, che ha un saldo positivo di 113mila tonnellate. In senso negativo si distinguono le solite Campania (oltre 500mila tonnellate che emigrano) e Lazio (500mila). Male anche la Liguria (80mila), Puglia e Sicilia (entrambe sulle 70mila tonnellate).
Ma va aggiunto che sul saldo incide il conferimento in discarica, laddove sia Lombardia che Emilia Romagna rispettano già oggi il limite europeo del 10%: in Lombardia è addirittura al 4%. Il Molise invece smaltisce in discarica il 90%, anche da qui si giustifica il saldo positivo.
In sintesi, la migrazione di rifiuti italiani è imputabile in gran parte (un milione di tonnellate) a Campania e Lazio. Anche nella gestione del rifiuto organico la situazione è simile, con le stesse regioni virtuose o irresponsabili, ma qui entriamo in un altro ambito.
In definitiva, appare necessario un programma nazionale per la gestione dei rifiuti, con la soluzione di sempre: lo Stato interverrà per risolvere dall’alto l’incapacità di alcuni territori di gestire il delicato settore, mentre le regioni che hanno ottemperato alle indicazioni di legge riuscendo a gestire il ciclo dei rifiuti con ottimi risultati riceveranno... una pacca sulla spalla.
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