Via alzaia del Po, per tutti ma inaccessibile

 

Vanni Raineri

Se siamo nei luoghi di vacanze marittime, sappiamo tutti che l’accesso al mare e il transito sulla battigia è libero, non può mai essere vietato e nemmeno sottoposto a pagamento, tanto che siamo liberi di entrare in un lido se è l’unico accesso al mare.
Conosciamo bene questi diritti, e nessuno si azzarda a negarceli, ma poi, quando torniamo nella nostra Bassa, non consideriamo che lo stesso diritto possiamo vantarlo in ordine alla riva che costeggia il fiume Po, la cosiddetta via alzaia.

COSA DICE LA LEGGE
La legge è molto antica, datata 20 marzo 1865, e all’art. 72 afferma: “I beni laterali ai fiumi navigabili sono soggetti alla servitù della via alzaia, detta anche d’attiraglio o di marciapiede. Dove la larghezza di questa non è determinata da regolamenti e consuetudini vigenti, s’intenderà stabilita a metri 5. Essa, insieme alla sponda fino al fiume, dovrà dai proprietari esser lasciata libera da ogni ingombro od ostacolo al passaggio d’uomini e di bestie da tiro. Le opere dell’adattamento e della conservazione del piano stradale sono a carico dello Stato. Però i guasti provenienti dal fatto dei proprietari del terreno saranno riparati a loro spese. In caso che per corrosione del fiume si debba trasportare la via alzaia, lo sgombro del suolo dagli alberi e da ogni altro materiale sarà fatto a spese dello Stato, restando a disposizione del proprietario gli alberi ed i materiali medesimi”. Lo stesso testo recita il Regio Decreto del 1904, e nessuna di queste norme è stata cancellata, quindi è tuttora in vigore.
LA VIA ALZAIA NEL PASSATO
Poco importa che l’utilizzo della via alzaia a fine Ottocento non sia più attuale: non solo il passaggio di bestie resta consentito, ma anche quella degli uomini. Oltre cent’anni fa il fiume Po costituiva una via fondamentale per il trasporto di merci, così come erano frequenti i traffici tra le due sponde. La via alzaia del Po era quindi percorsa da carri trainati da buoi che trasportavano merce da portare sulle barche o oltre il fiume. Perché si chiama via alzaia? L’alzaia altro non era che la fune che veniva utilizzata per trainare le imbarcazioni. Fino ai primi del Novecento (quando i trattori sostituirono gli animali) il Po era percorso da una flotta di barche, che in risalita erano mosse in genere dalla forza di animali da tiro quando non da braccia umane. Con l’apertura alla navigazione del Naviglio Pavese, ad inizio Ottocento decollò anche il trasporto di viaggiatori, da Venezia fino a Milano, poi la ferrovia surclassò i corsi d’acqua (sia per merci che per persone). A fine Ottocento il trasporto sul fiume si limitò a granaglie, legname, sabbia, marmi e pietre da costruzione. Possiamo dunque dire che la navigazione sul Po ha subito due gravi crisi: la ferrovia nella seconda metà dell’Ottocento e il trasporto su strada tra le due guerre.
LE DIFFICOLTÀ DI ACCESSO
Chi si avventurasse oltre l’argine maestro verso la golena troverebbe parecchie strade chiuse, sbarrate. Spesso con la beffa di trovare la sbarra pochi metri dopo pannelli che promuovono la bellezza delle aree interne. Non è raro che i sempre più numerosi ciclisti che percorrono la Ven-To (la ciclabile Venezia-Torino che coincide in gran parte proprio con l’argine maestro) manifestino stupore e indignazione per non poter visitare quelle aree. Accade per parchi di interesse regionale, per aree protette Lipu, in pratica inaccessibili. Il motivo addotto dai proprietari è quello di voler evitare furti sui terreni e danneggiamenti. Ma capita che in alcuni comuni sia praticamente impossibile raggiungere la via alzaia, nonostante il diritto universale a percorrerla.
In alcuni casi la via alzaia poi non esiste proprio, nel senso che i confini dei terreni lavorati si sono spinti fino alla riva, senza lasciare i 5 metri di servitù previsti dalla legge. In altri casi rimane una striscia di poco più di un metro con buche tali da renderla impercorribile anche con una mountain bike. Qualcuno si indigna, ma in realtà gli amministratori comunali, sia in questo caso sia in quello degli accessi vietati, preferiscono evitare conflitti legali con i proprietari.

PERCHÈ RECUPERARLA?
Se la via alzaia fosse recuperata da Cremona a Casalmaggiore, avremmo un percorso che, non è difficile immaginare, accoglierebbe in poco tempo tanti amanti della natura, che potrebbero così apprezzare bellezze naturali che neanche chi vive nella nostra provincia immagina esistano. Sono principalmente due i lati positivi del possibile recupero, uno di tipo turistico e uno ambientale. Il primo è di facile comprensione, sul secondo basti pensare al controllo del territorio da parte dei visitatori. Due esempi: il bracconaggio fluviale e lo spandimento di fanghi e gessi nei campi, fenomeno su cui è in corso un’indagine della Guardia di Finanza e che riguarda pesantemente proprio terreni nella golena cremonese, dove si può agire praticamente indisturbati. Non è superfluo rimarcare come l’inchiesta citata sia partita dalla segnalazione di persone che si erano insospettite dagli odori nauseabondi, allertando le forze dell’ordine.

LUOGHI MERAVIGLIOSI
La via alzaia, alternativa suggestiva al percorso della VenTo, consentirebbe di accedere a luoghi che oggi sono difficilmente raggiungibili. Nel Cremonese si pensi al Bosco Ronchetti, una riserva regionale tra Pieve d’Olmi e Stagno Lombardo, un piccolo gioiello circondato da una riserva di caccia circondata da divieti di accesso. Situazione simile nella vicina San Daniele Po. Verso il Casalasco la Lanca Gerole tra Motta Baluffi e Torricella del Pizzo, il Lancone di Gussola, l’isola di Fossacaprara a Casalmaggiore. Proprio le isole (in realtà tutte collegate alla terraferma da un “pennello” posto a monte) sono particolarmente suggestive: oltre a quella di Fossacaprara, quella che i locali definiscono “del tabacco” a Torricella (per la coltivazione un tempo del tabacco che vi si praticava) e soprattutto quello che è il vero gioiello delle nostre golene. Parliamo dell’isola Maria Luigia, posta tra Gussola e Martignana di Po. Si tratta di un’ampia area interamente affidata oltre 20 anni fa al Consorzio Forestale Padano priva di coltivazioni. Un’area boschiva ricca di varietà floro-faunistiche, raggiungibile con grande difficoltà soprattutto quando il fiume riempie il canale (di questi tempi è possibile guadare evitando il lungo tragitto dal pennello).


il parere dell,esperto
Riccardo Groppali: «Sarebbe il caso di ripristinarla»
In tema di recupero a fini turistici della via alzaia del fiume Po abbiamo sentito il parere del massimo esperto sul tema, il professor Riccardo Groppali, biologo e docente universitario che collabora da tempo con diverse istituzioni naturalistiche che operano sul Po a Cremona e ben oltre, autore di diversi libri, l’ultimo dei quali, “L’acqua e/è la vita”, è stato presentato recentemente in città in cortile Federico II.
Subito gli chiediamo se sia d’accordo col progetto.
«Sono d’accordissimo: parliamo spesso di turismo dolce e di fruizione dell’ambiente e poi si consente a qualcuno, per motivi nemmeno chiari, di impedire il transito a chi avrebbe diritto di passare. Le leggi ci sono e vanno applicate».
Ma cosa possiamo fare nella pratica noi cittadini?
«La cosa che giustifica una certa prudenza è la presenza lungo il fiume di diverse riserve di caccia, che sono attività economiche: vero che la loro resa dichiarata è molto bassa, ma quella non dichiarata non è indifferente (si pensi al vantaggio di poter ospitare qualcuno consentendogli di cacciare). Le aziende faunistiche temono che la maggiore presenza umana abbia ripercussioni negative sul bracconaggio, e spaventerebbe la selvaggina. Ma sono tutte scuse: se considerassero che ognuno ha pieno diritto di passeggiare lungo il fiume si organizzerebbero in modo differente, e il fiume tornerebbe il luogo ecologico che dovrebbe essere. Le vie alzaie percorribili ritengo sarebbero un vantaggio sia per la fauna che per la protezione della natura. Il rischio è la presenza dei bracconieri? Ci pensino le guardie provinciali a individuarli».
C’è poi un problema interpretativo.
«Qualche avvocato cercherebbe comunque di aggrapparsi a qualche cavillo. Ad esempio in presenza di pennelli o sbarramenti quale consideriamo la via alzaia?».
La legge prevede che se il corso del fiume si sposta, si sposta di conseguenza la via alzaia, e comunque il senso della norma è rendere percorribile l’intera via alzaia per consentire i trasporti. Piuttosto, perché gli amministratori comunali tendono ad evitare il problema?
«Temono i proprietari. Fino a che questa non sarà considerata una battaglia di civiltà non agiranno».
Lei è stato il fautore del progetto Bosco Rotary, che interviene proprio per valorizzare la parte finale della via alzaia, che corrisponde allo splendido tunnel degli olmi tra Martignana e Casalmaggiore.
«Sì, credo che questo rappresenti un bel segnale di come potremmo trasformare il nostro territorio».

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