Notte silenziosa, notte santa che... luce dona alle menti

24 Dicembre 1818/1914 • Due secoli fa la prima esecuzione di “Stille nacht”, un secolo fa la celebre “tregua di Natale”

23 Dicembre 1914, fronte Occidentale nei pressi di Ypres: a poco meno di 50 metri, stretti nei loro cappotti e mantelle, chi intento a riposare, chi a svolgere qualche lavoro di manutenzione, i soldati tedeschi e inglesi sono rintanati nelle rispettive trincee; il campo di battaglia è un pantano immenso che di lì a poco si trasformerà in un campo gelato e innevato. Quel giorno, nelle trincee tedesche arriva del materiale inaspettato: sono alberi di Natale, inviati nientemeno che dal Kaiser Guglielmo. I soldati cominciano a piantarli, cantando una tradizionale canzone natalizia, “Stille Nacht”. Gli inglesi riconoscono la melodia: è la loro “Silent Night”; e rispondono intonandola a loro volta. Il giorno dopo, vigilia di Natale, succede l’incredibile: alcune truppe tedesche escono dalle trincee agitando le braccia al cielo; sono disarmati. Gli inglesi fanno lo stesso. Si incontrano nella terra di nessuno. Si scambiano regali, cibo e bevande; fumano insieme e giocano a calcio.

La “Tregua di Natale” del 1914 fu un fatto isolato che interessò un tratto piuttosto ridotto del fronte e che, semplicemente, non produsse conseguenze: l’anno non fece in tempo a passare e la guerra ricominciò anche lì, violentissima, uccidendo, sfregiando e mutilando milioni di persone, questa volta senza interruzioni, fino al novembre del 1918; ancora oggi, si parla di quella tregua come di un autentico miracolo. A renderla possibile, più che l’invito all’interruzione delle ostilità da parte di papa Benedetto XV, fu probabilmente la familiarità che i reggimenti sassoni lì stanziati avevano con la lingua inglese e l’Inghilterra, in quanto molti tra loro erano stati ex lavoratori nei territori oltre la Manica.

Non tutti, peraltro, in quei giorni, videro la cosa di buon occhio. A pochi chilometri a sud, gli alleati francesi e le truppe del Reich nemmeno si sognarono di fraternizzare, per non parlare del fronte russo. “Queste cose non dovrebbero accadere in tempo di guerra”, scrisse al quartier generale uno stizzito caporale, il cui nome era Adolf Hitler.

L’episodio ha ispirato il video musicale della canzone “Pipe of Peace” (1983) di Paul McCartney e un film di Christian Carion con Diane Kruger, “Joyeux Noel” (2006), che ha un sottotitolo eloquente: “Una verità dimenticata dalla storia”; nemmeno allora, durante la guerra, del resto, sfuggì il valore pacifista, ma anche pericoloso dell’accaduto: cosa sarebbe successo se anche altrove, sul fronte, i soldati si fossero messi a imitare quegli uomini? Meglio dunque rubricarlo a un inaspettato e, appunto, miracoloso regalo di Natale, persino curioso, piuttosto che considerarlo come un segno di disperata e profondissima umanità.

Ma torniamo a un particolare di quei giorni, alla nota canzone di Natale cantata da entrambi gli schieramenti. La storia di “Stille Nacht”, che nella versione italiana si intitola “Astro del ciel”, risale addirittura a un secolo prima, al 1816, l’anno in cui Joseph Mohr, un sacerdote di un paesino dell’Austria, Oberndorf, al confine con la Germania e non lontano da Salisburgo, ne scrisse il testo. A musicarla, ben due anni dopo, fu il maestro elementare e musicista Franz Xaver Gruber. La prima versione fu eseguita la notte di Natale del 1818, forse diversamente da come ce lo aspetteremmo: da un coro a due voci con il semplice accompagnamento di una chitarra. L’organo della chiesa, infatti, era inservibile: un topolino, stando alla leggenda, ne aveva rosicchiato il mantice.

Secondo alcune stime, Stille Nacht è tutt’oggi cantata durante il Natale da circa due miliardi di persone in ben 350 tra lingue e dialetti diversi. Come riuscì la canzone a raggiungere un tale grado di popolarità? Torniamo alla leggenda. Con molta probabilità, non è vero che a rendere inservibile l’organo fosse stato proprio un topolino. Ma che l’organo della chiesa non funzionasse, lo dimostra il fatto che, poco dopo la prima esecuzione di Stille Nacht, fu chiamato ad aggiustarlo Carl Mauracher, erede di una famiglia di artigiani salisburghesi specializzati nelle riparazioni di organi. Mauracher non solo sentì la canzone, ma ne rimase colpito: prese con sé il testo e lo spartito, e li consegnò a coloro che allora erano considerati i maggiori rappresentanti della canzone popolare tirolese, le famiglie Rainer e Strasser. La canzone piacque moltissimo e i cantori cominciarono a farla conoscere in lungo e in largo, senza però preoccuparsi di specificare che la canzone non apparteneva al repertorio tipico della canzone tirolese (Salisburgo non fa parte del Tirolo).

Nel giro di dieci anni, Stille Nacht si diffuse così capillarmente nell’area germanofona, da venire pubblicata in diverse antologie. Come ha raccontato in una trasmissione radio il critico musicale Angelo Foletto, è proprio dalla pubblicazione di queste antologie che nasce un caso su cui poi si eserciteranno i filologi musicali, arrivando a scomodare nomi come Mozart o Haydn. Il punto è questo: se alcune antologie riportarono il canto come effettivamente era nato, ossia come una nuova canzone di Natale, altre ne parlarono come un canto popolare tirolese; altre ancora finirono per parlarne come di un più generico canto cattolico.

Ma la storia di Stille Nacht non finisce qui: nel 1839, alcuni cantori popolari austriaci fecero tappa nientemeno che a New York; bene, già a partire dall’anno seguente, la canzone stava già diventando rinomata in tutti gli Stati Uniti. Non solo: Stille Nacht finì nel libro di un scuola di missionari ad Amburgo, inserita nel repertorio di preghiere e canzoni da diffondere nel mondo. Il successo, a partire dagli anni successivi, divenne planetario.

La traduzione letteraria della canzone in italiano, composta dal sacerdote bergamasco Angelo Meli nel 1937, per quanto familiare e, per molti, pregevole anche dal punto di vista artistico, non restituisce però appieno lo spirito della composizione originale. Le prime strofe di Stille Nacht trasmettono un’immagine di profonda serenità: “Notte silenziosa! Notte santa! / Tutto dorme, solitaria veglia / solo l’intima, santissima coppia”. Poi, dopo aver parlato di “amore divino” e della “salvezza /dalle altezze dorate del cielo”, la canzone lancia un messaggio di pace chiarissimo: “Notte silenziosa! Notte santa! / In cui oggi tutta la potenza / dell’amore del Padre si è riversata, / e come un fratello benevolo, / Gesù ha abbracciato i popoli del mondo” (che suona più forte di “luce dona alle genti / pace infondi nei cuor”; infatti, in molti casi, la versione riportata è “luce dona alle menti”). Ecco, piace pensare che siano state quelle parole a ispirare i pensieri di pace che hanno animato quei soldati che, per pochi giorni soltanto, nel freddo inverno del 1914, dimenticarono di essere nemici.

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