Perché Cremona non chiude l’indagine epidemiologica?

AMBIENTE • Oggi ricorre l’anniversario del Protocollo di Kyoto. Nella nostra città inquinamento record. Pezzoni ne ha parlato con mons. Delpini

Proprio oggi si celebra il 24° anniversario del Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale sul riscaldamento globale che fu pubblicato l’11 dicembre del 1997 in occasione della Cop3. L’idea di base è che le attività umane siano in buona parte responsabili dell’incremento della temperatura globale che si è registrata negli ultimi decenni. Il trattato, entrato in vigore nel 2005, prevede l’obbligo da parte degli Stati che l’hanno sottoscritto di operare una riduzione delle emissioni di inquinamento.

Il tema è tutt’altro che lontano da noi, poiché ben sappiamo di vivere in una delle zone più inquinate del pianeta, e da tempo la chiesa ha assunto posizioni forti a difesa dell’ambiente: valga per tutte l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Ambientalisti cremonesi (e lombardi) hanno incontrato alcuni giorni fa l’arcivescovo Mario Delpini, Metropolita lombardo, proprio per un dialogo sull’emergenza ambientale. Tanti gli esponenti provenienti dalla nostra provincia, tra cui l’onorevole Marco Pezzoni, del Coordinamento stati generali Clima, Ambiente e Salute della Provincia di Cremona, responsabile gruppo di lavoro Rete Ambiente Lombardia sugli inceneritori e per la salvaguardia dell’ecosistema del Po. Nel suo intervento, Pezzoni ha esordito sottolineando come Cremona sia la città più inquinata d’Italia per polveri sottili e ultrasottili, e seconda in Europa. Davanti a lei solo una città polacca che vive unicamente di carbone. Con queste premesse, appare evidente l’importanza di effettuare un’analisi epidemiologica, e Pezzoni ha ricordato come questa sia effettivamente iniziata ormai quasi 5 anni fa, e avrebbe dovuto completarsi entro due anni. Purtroppo però sappiamo bene che si è arenata: avrebbe dovuto far emergere le cause di un inquinamento che produce migliaia di morti premature in pianura padana. L’Ats, che l’ha commissionata, ha focalizzato il monitoraggio sull’autostrada, sull’inceneritore e sulle industrie. L’indagine come noto ha avuto contrasti, rallentamenti, fino a che il responsabile è andato in pensione e ancora siamo in attesa di capire come poter rimediare alla situazione critica. L’ex parlamentare ha anche ricordato la questione ancora aperta della Tamoil e la necessità di salvaguardare il fiume Po che va lasciato a corrente libera anche per favorire la rigenerazione della biodiversità.

Come mai, ha chiesto e si è chiesto Marco Pezzoni davanti a monsignor Delpini, la transizione ecologica non va in porto? L’ispirazione alla Laudato si’ è preziosa: la questione ambientale e climatica è soprattutto una questione democratica, ma le istituzioni non sanno cambiare passo. Il punto non è una transizione ecologica giusta, il termine più corretto è quello di conversione ecologica, che comporta che le strutture di controllo siano indipendenti: la democrazia deliberativa vuole il dibattito pubblico prima che vengano prese le decisioni. L’ecologia integrale, ha chiuso Pezzoni, è innanzitutto spiritualità, è fraternità, è anche rigenerazione della democrazia e riforma della politica.

PAOLO SEGALLA  autostrada, ferrovia e agricoltura: i tre nodi dell’oglio po


Un altro intervento interessante è stato quello dell’agronomo Paolo Segalla, della Comunità Laudato si’ di Casalmaggiore e Cremona. Ha illustrato i temi ambientali più rilevanti che riguardano il territorio.

Il primo è l’autostrada Cremona-Mantova, il progetto di 70 km (paralleli alla esistente SS10) per collegare le due città, con un flusso di traffico che sconsiglierebbe l’opera, un costo molto elevato, il precedente della Bre.Be.Mi. che dovrebbe mettere in allarme, la devastazione del territorio che comporta la sua realizzazione a fronte degli interessi di pochi, e quindi ha avanzato la proposta alternativa della riqualificazione della SS10, e col denaro residuo la ricostruzione del ponte sul Po a Casalmaggiore.

Il secondo tema è quello della ferrovia Parma-Brescia gestita da Trenord, sacrificata alle linee veloci nonostante sia storicamente una linea molto importante. La tratta non sfrutta il suo potenziale causa la diminuzione delle carrozze e l’aumento dei disservizi, con una capienza inferiore al numero degli abbonamenti. E poi le stazioni chiuse con la conseguente attesa dei viaggiatori in ambienti degradati. Tutto ciò nonostante la linea si collochi sulla tratta della TiBre ferroviaria, che collega il Tirreno al Brennero, con la possibilità di togliere molti container dalle strade. Le proposte: sistemare la linea invece di costruire l’autostrada TiBre e l’elettrificazione e il raddoppio della linea per un progetto ad elevata valenza ambientale e ritorno economico.

L’ultimo dei tre temi riguarda l’agricoltura sostenibile con la rinaturalizzazione delle golene del Po. Qui l’agricoltura è prevalentemente intensiva con grossi mezzi, utilizzo di concimi e pesticidi e poco lavoro umano, anche a causa della concentrazione delle proprietà con diminuzione delle famiglie contadine, che favorisce il degrado del territorio e del paesaggio. Nel mirino la meccanizzazione, l’impiego di liquami in volumi eccessivi, impianti di biogas con utilizzo di cereali, abbattimento di alberi. La golena del Po è in buona parte coltivata e presenta vegetazione naturale solo in aree residuali, da qui la necessità di politiche agricole che promuovano la produzione alimentare, le filiere corte, la valorizzazione del paesaggio e della biodiversità.

CLAUDIO RAMBELLI slow food si chiede: che cosa diventerà la pianura padana?


A nome della rete lombarda di Slow Food è intervenuto Claudio Rambelli. Il sistema agroalimentare nel suo complesso è responsabile di un quarto delle emissioni climalteranti. In Lombardia il 70% della popolazione vive in pianura, area tra le più inquinate d’Europa e non a caso la più colpita nella prima ondata pandemica. E’ l’area in cui si ha la maggior produzione agricola italiana in termini di valore grazie ad una agricoltura intensiva industriale che in nome della crescita produttiva si è totalmente staccata dalla qualità ambientale e dal benessere collettivo. Ad aggravare la situazione il continuo consumo di suolo agricolo, l’altissima presenza di terreni inquinati per effetto di spargimenti illegali oltre che da pesticidi ed erbicidi, suoli ormai privi di fertilità per effetto della monocoltura ripetitiva, il tutto con nuove insidie che si stanno affacciando in nome di una presunta sostenibilità alimentare: l’utilizzo di capannoni industriali dismessi per produzioni vegetali, coltivazioni idroponiche, allevamento di insetti per prodotti alimentari e infine la produzione di “carne artificiale”.

Che cosa diventerà la Pianura Padana? che fine faranno i contadini/agricoltori? Questa la domanda posta da Rambelli. La soluzione proposta si chiama agroecologia, il modello proposto da Slow Food che si basa sulla rigenerazione: consumare meno per ridurre gli sprechi. Per questo ci si deve muovere in due direzioni: la sensibilizzazione delle amministrazioni pubbliche e la consapevolezza dei cittadini.



DANIELA NEGRI il debito ecologico del nord verso il sud del mondo


Daniela Negri è la responsabile del gruppo missionario parrocchiale di S. Abbondio e cofondatrice della cooperativa sociale “Nonsolonoi” per il commercio equo e solidale. Ha richiamato le parole di Papa Francesco per dire che oltre alle problematiche ambientali del nostro territorio dobbiamo concentrarci sul consumo di risorse di ogni tipo appartenenti ad altri territori e ad altri popoli. È quello che il Papa nella Laudato si’ ha chiamato “debito ecologico del Nord verso il Sud del mondo”. Aziende italiane e lombarde hanno precise responsabilità nell’importazione di soia, di carne (anche per la bresaola valtellinese con gli zebù sudamericani), di legname pregiato da aree forestali abbattute illegalmente nell'Amazzonia brasiliana o boliviana, di cuoio paraguayano dalle aree boschive abitate dagli indios Ayoreo, eccetera.

«La “conversione ecologica” - ha detto - non può prescindere da una seria riflessione sulla “inequità planetaria” e sui nostri quotidiani stili di vita come singoli e come realtà associative. La questione ecologica ha direttamente a che fare con tutto quello che acquistiamo e consumiamo. “Tutto è connesso, tutto è in relazione”, locale e globale sono sempre più saldamente interconnessi».

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