Studio epidemiologico: rinvio a fine 2022

AMBIENTE • Il consigliere regionale Degli Angeli ammonisce: «Paventare un’uniformità dei dati sanitari significa fare un passo indietro»

“Perché Cremona non chiude l’indagine epidemiologica?”. Questa semplice domanda campeggiava nel titolo di una pagina del Piccolo dell’11 dicembre scorso, proprio la giornata in cui si celebrava il 24° anniversario del Protocollo di Kyoto. Si parlava in pagina degli interventi più rilevanti degli ambientalisti cremonesi in occasione dell’incontro milanese col Metropolita lombardo Mario Delpini, ma si partiva proprio dalla constatazione che il percorso intrapreso ormai quasi 5 anni fa sia stato di fatto interrotto.

Come è possibile, ci chiediamo, che nella seconda città più inquinata d’Europa un’indagine che si propone di individuare i motivi dell’inquinamento si interrompa senza che si facciano pressioni per poter conoscere la verità al più presto? Il lavoro di ricerca, condotto naturalmente dall’Ats, non ha avuto vita facile e dopo i contrasti e i rallentamenti subiti è arrivato il pensionamento del direttore dell’Osservatorio epidemiologico, il dottor Paolo Ricci.

Tre mesi fa seguimmo un intervento del dottor Ricci a Palazzo Pirelli a Milano, sede di Regione Lombardia, il quale non usò mezze parole, dicendo a proposito del caso Tamoil: «Venni a conoscenza della situazione solo nel 2016, con l’unione tra aziende sanitarie di Cremona e Mantova. Mi colpì la necessità di stabilire i possibili effetti sulla salute, a fronte di una Asl che si rese invisibile nella discussione, rinunciando a un ruolo fondamentale. Un silenzio eloquente… Emersero comunque dati allarmanti: rischi di leucemia e malattie della pleura doppi rispetto al normale. L’Asl avrebbe potuto incrociare i dati del registro tumori con le ospedalizzazioni per fare emergere il fenomeno, altrimenti come si poteva stabilire che quei tumori ai polmoni derivassero o meno dalle malattie della pleura tipiche di quelle esposizioni? Alla fine non ci furono risultati statisticamente rilevanti quindi nessuna gravità attesa per le persone: si è tranquillizzata la gente su un approccio scorretto. A quel punto ho pensato io di compiere un’indagine epidemiologica su Cremona allargandola ad altre attività, in quanto c’è una sovrapposizione di esposizioni. Iniziai proprio nel 2016 ma il tutto è rimasto nei cassetti dell’azienda sanitaria sino a che andai in pensione, anche perché disturbato da questo lavoro che non si era potuto fare».

Oggi il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Marco Degli Angeli (che aveva organizzato quell’incontro) è tornato sul tema con un comunicato, dicendo tra l’altro: «A Cremona, il completamento dello studio epidemiologico è stato rinviato a fine 2022, ma il condizionale è d’obbligo. Inoltre, la dichiarata uniformità dei dati sanitari su tutta la provincia lascia qualche perplessità. Credo che l’Ats Valpadana debba chiarire cosa intende in quanto questa affermazione contrasta con quanto invece spiegato durante l’audizione in commissione Sanità avvenuta il 16 gennaio 2019 alla presenza dell’attuale dg di Ats Valpadana, il dottor Salvatore Mannino, e del professor Paolo Ricci, ex direttore dell’Osservatorio epidemiologico. I dati, insomma sembrano dire un’altra cosa… Paventare un’uniformità dei dati sanitari, significa fare un passo indietro rispetto alla precedente analisi prodotta. I dati raccolti nel corso del 2018 avevano infatti dimostrato come, a Cremona, ci fosse un 14% in più di ospedalizzazione per le patologie respiratorie rispetto al resto della popolazione residente nella medesima area di competenza dell’Ats Valpadana. Percentuale in crescita, corrispondente ad un 33% per i comuni limitrofi a Cremona. Al contempo i dati dimostravano una maggiore incidenza di tumori ai polmoni, un 7% in più con una mortalità per il tumore del polmone pari al + 17%. Non meno preoccupanti i dati raccolti sulla leucemia: Cremona aveva registrato un eccesso del 23% in più, i comuni limitrofi dell’81%. Tutt’altro che uniformità, anzi. Questi numeri preoccupano oggi come preoccupavano allora. Davanti a questi dati, come si può parlare di uniformità provinciale? Soprattutto, questi dati sono il motivo per il quale si è reso necessario l’avvio dello studio epidemiologico. È chiaro che tra le due analisi c’è non uniformità. In tal senso mi auguro che Ats Valpadana possa fornire maggiori delucidazioni in merito. Ci sono nuovi dati? Bene che si sia finalmente fissata una data di conclusione dello studio, ma venga garantito stesso rigore e stesso approccio metodologico».

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