Da Elvis a David Bowie: il rock nasce l’8 gennaio

8 Gennaio 1935-1947-1999 • La star dei primi anni in Usa e la British invasion. Oggi è anche il compleanno di Damiano David.

Vanni Raineri
L’8 gennaio è il compleanno del rock. No, non si intende certo con questo delimitare il giorno in cui il genere è nato: sarebbe una forzatura, nonostante da più parti si indichino i brani che diedero inizio al genere. Il rock and roll esplose in America negli anni ’50, con Elvis Presleyprincipale protagonista, poi l’epicentro si spostò tra i ’60 e i ’70 in Inghilterra, perdendo il “roll” e differenziandosi in vari sottogeneri, tra cui il glam rock del grande David Bowie. Nel nuovo millennio sono emersi altri generi, che hanno relegato il rock decisamente in secondo piano, anche se proprio negli ultimi tempi il genere sembra stia scoprendo nuova linfa, grazie anche al contributo, decisamente inedito, di un gruppo italiano, i Måneskin di Damiano David. Ebbene, sia Elvis che Bowie che pure Damiano (non ce ne vogliano i puristi se abbiniamo il nome del giovane cantante romano a due mostri sacri) sono tutti nati l’8 gennaio. Il compleanno del rock.

Il rock and roll nasce negli Usa all’inizio degli anni ’50, sebbene alcuni studiosi considerino alcuni brani precedenti i precursori. Di certo il primo grande successo è del 1952: “Rock around the Clock” di Bill Haley (che sarà poi la sigla iniziale del celebre telefilm “Happy Days”). Due anni dopo Elvis Presley incide “That’s all right, Mama”, per la rivista Rolling Stone il primo album rock. Anche questa è una interpretazione che si presta a discussioni. Sta di fatto che il rock and roll nasce mischiando rhythm and blues, country, jazz, blues, insomma i generi in voga nei due decenni precedenti. Allora i più grandi artisti erano di colore, mentre il pubblico era prevalentemente bianco. Il rock and roll degli inizi vede cantanti afroamericani come Little Richard, Bo Diddley e Chuck Berry alternarsi a bianchi quali Jerry Lee Lewis, Gene Vincent, Bill Haley e soprattutto lui, il re, Elvis Presley.

Elvis Aaron Presley nasce l’8 gennaio 1935 a Tupelo, Mississippi. Le origini europee del padre e cherokee della madre modellano un ragazzo decisamente attraente, il che non guasta di certo. All’età di 13 anni si trasferisce con la famiglia, in cerca di condizioni economiche dignitose, a Memphis, Tennessee. Il suo modo di vestire e l’acconciatura sono anomale, ma diventeranno veri e propri simboli imitati da milioni di fans. La sua carriera decolla quando a 18 anni esegue un brano di prova con la Sun Records: la sua voce e il suo stile non passano inosservati, il primo brano che incide è proprio “That’s all right, Mama”, e la via del successo è spianata. L’affiancare alla musica una certa dose di sfrontatezza e di provocazione, e un look carismatico accompagnato da movimenti moderni del corpo (del bacino soprattutto, nel caso di Elvis, non a caso soprannominato “The Pelvis”) sarà anche in futuro un tratto tipico del rock, così come anche il fenomeno delle ragazzine urlanti e adoranti che esplode con Presley. Dalle prime uscite accompagnato solo da chitarra e contrabbasso, si arriva ai tratti tipici del rock, a partire dalla formula chitarra elettrica-basso elettrico-batteria. Un altro tratto distintivo che accompagnerà il rock è l’alternanza di pezzi dal ritmo assatanato (che spesso scandalizzano l’opinione pubblica) e ballad suggestive, che per Elvis sono “Love me tender”, “Always on my mind”, “Suspicious mind” e l’ineguagliabile “Can’t help falling in love”. Elvis ha venduto oltre un miliardo di dischi, ha raggiunto anche il successo cinematografico interpretando le sue canzoni, e la sua dimora, Graceland, è oggi la seconda dimora più visitata dai turisti negli Usa dopo la Casa Bianca. Alla fine del suo decennio d’oro (’55-’65) le urla delle ragazzine iniziano ad essere indirizzate a gruppi che arrivano dall’Inghilterra.

È la terra d’Albione la nuova landa del rock negli anni Sessanta: le nuove ragazzine impazziscono per i Beatles, i Rolling Stones e altri gruppi provenienti dal Regno Unito. È la British invasion, è un rock più moderno quello che conquista i giovani di tutto il mondo. Nel 1964, mentre i Beatles conquistano gli Usa, in Inghilterra David Bowie incide il suo primo disco, “Liza Jane”, stile rock classico, con uno dei tanti gruppi che forma in quegli anni.

David Robert Jones, questo il nome all’anagrafe, nasce l’8 gennaio 1947 in un sobborgo di Londra. Nel 1967, dopo una serie di tentativi falliti a capo di diversi gruppi, Bowie esordisce col suo primo album, che porta il suo nome. Ma anche questo vende poche copie (e ascoltandolo si capisce il perché). Seguono altri brani dimenticabili ma con una interpretazione vocale che si forma, fino al pezzo che è l’inizio della grande avventura: è l’11 luglio 1969 quando viene pubblicato il 45 giri “Space Oddity”, che anticipa il secondo album dal titolo omonimo. Già nell’attacco “Ground control to Major Tom” si capisce che qualcosa di nuovo è in arrivo; la canzone contiene gran parte degli ingredienti che faranno la musica di David Bowie almeno nella prima parte della sua carriera, quella rock appunto: glam, psychedelic, distorsioni. Poi ci sarà spazio per deviazioni di ogni tipo: non a caso il suo soprannome più gettonato è “camaleonte del rock”. La canzone è subito un successo. L’album successivo, “The man who sold the world”, è improntato su un hard rock alternativo, ma il primo grande album è del ’71: “Hunky Dory”, che contiene tra le altre la celeberrima “Life on Mars?”. È l’anno chiave: David conosce Andy Warhol, e intuisce la potenzialità di affiancare alla sua musica una messa in scena adeguata per trasformarsi in una rockstar. Nasce così la nuova immagine del cantante londinese e il personaggio di Ziggy Stardust, che porta al grande album del ’72, appunto “The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, a parere di chi scrive uno dei più grandi album mai realizzati. Tra le novità, un’ambiguità sessuale accentuata attraverso l’immagine androgina del suo alter ego. Ma il camaleonte non si ferma, smette in fretta i panni di Ziggy e condisce il rock con la dipendenza dalle droghe (cocaina), un mix appannaggio comune delle rockstar dell’epoca. Il nuovo personaggio di Bowie è quello del “Duca bianco”: arriva la passione per la pittura e il primo film interpretato (la carriera cinematografica è un altro aspetto che condivide con Elvis), e soprattutto la cosiddetta “trilogia di Berlino” (un periodo molto ispirato, con la preziosa collaborazione con Brian Eno, che influenzerà l’evoluzione musicale del successivo decennio), che inizia a spostarsi dalla musica rock acquisendo contaminazioni pop e new wave. Dal 1980 il distacco è più marcato: arrivano i periodi dance, progressive, elettronici, tornando saltuariamente a un rock più raffinato. È di questi giorni la notizia della vendita del suo catalogo musicale da parte degli eredi per la cifra di 250 milioni di euro.

Come Elvis, anche Bowie è stato un’icona del secolo scorso, non solo musicale ma sociale. Entrambi, a modo loro, hanno rivoluzionato la storia del rock.

Scrivere ora di un ventenne, pur talentoso, come Damiano David appare irriverente, e lo è. Ma è indubbio che i suoi Måneskin abbiano il merito di aver riportato il rock in auge: la recente incoronazione a miglior gruppo rock del 2021 da parte degli Mtv European Music Awards (succedendo a Coldplay e Green Day) segna un punto sin qui mai nemmeno immaginato per la musica italiana non tradizionale. Il tempo dirà se il fenomeno sia fugace o destinato a durare. Anche Damiano nasce l’8 gennaio, del 1999. L’ispirazione a Bowie, tra l’altro indicato espressamente tra le influenze, si comprende da tanti aspetti, a partire dalle scelte musicali: più funky il primo album, virata al rock puro nella recente seconda opera. E poi il look androgino nella scia del glam rock, la voglia di cimentarsi nel mondo cinematografico, per finire alla collaborazione con Iggy Pop. E pure una buona dose di sbruffoneria, senza la quale una rockstar non potrebbe essere tale. La differenza la fa l’uso delle droghe, d’altra parte al contrario di quegli anni non è più di moda.

C’è chi il rock lo costruisce e c’è chi lo demolisce, in realtà rinnovandone l’essenza. Ne scriveremo sabato prossimo.

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