Un lunedì sera al Casinò inizia l’epopea del Festival

29 Gennaio 1951 • La prima edizione della kermesse sanremese passa inosservata. Diventerà un rito nazionale

Vanni Raineri
«Miei cari amici vicini e lontani, buonasera»: era di Nunzio Filogamo la voce che il 29 gennaio 1951 introdusse l’Italia a quella che sarebbe diventata più di una kermesse, un rito capace di monopolizzare l’attenzione mediatica nel nostro Paese per un’intera settimana. Nasceva quella sera il Festival di Sanremo, che tra pochi giorni celebra la sua 72ª edizione.

Da allora la musica è cambiata in ogni senso: i generi, l’importanza assunta nella società, le modalità di fruizione. Si esce dalla guerra mondiale, il presidente del Consiglio è Alcide De Gasperi, c’è un’atmosfera di rinascita e la spensieratezza arriva anche dalle canzonette. Non c’è ancora la televisione, e nemmeno il juke-box, ma ci sono la radio e il giradischi. Fino ad allora in Italia erano esistiti festival canori solo dialettali; solo nel 1948 e nel 1949 si era tenuto il Festival della canzone italiana a Viareggio, che per motivi economici fu soppresso nel 1950. Il patron Amilcare Rambaldi, assieme al sindaco di Sanremo, pensano così di raccogliere il testimone, istituendo una rassegna musicale finalizzata a rilanciare il turismo in un periodo di bassa stagione. Il primo Festival di Sanremo si sviluppa su tre giorni feriali, da lunedì 29 a mercoledì 31 gennaio, i tre giorni della Merla. I biglietti di ingresso al Casino sono venduti a 500 lire, ma è necessario riempire la sala facendo entrare altri spettatori. La musica serve per allietare i clienti del Casino nel Salone delle Feste, che sono seduti ai tavolini e parlottano mentre si canta. La gara si struttura su 20 canzoni interpretate tutte dal milanese Achille Togliani, dalla bolognese Nilla Pizzi e dal Duo Fasano, da Torino. L’orchestra di 8 elementi è diretta da Cinico Angelini, di cui si mormora una love story con la Pizzi (sposata nel ’40 e separata: sarà il primo dei tanti scandali sanremesi). Vincerà proprio Nilla Pizzi con la canzone “Grazie dei fior”. La prima edizione passa quasi inosservata, stampa e critica la snobbano, tanto che i dischi verranno incisi solo 15 giorni dopo la gara.

Curiosità tutta cremonese: una delle 20 canzoni, interpretata da Togliani e dal Duo Fasano, si intitola “Al mercato di Pizzighettone”. Un certo successo riscuoterà “Papaveri e papere”, un’altra canzone di Nilla Pizzi, che fu la prima regina della musica italiana.

Come detto non c’è ancora la tv, che trasmetterà la finale solo nel 1955. Il Festival è trasmesso in diretta dalla radio Rete Rossa, antenata di Radio Rai.

IL FESTIVAL DECOLLA

La finale del 1955 è trasmessa in Eurovisione, il che darà il la per la prima edizione, l’anno successivo, dell’Eurofestival, cui da allora il vincitore di Sanremo è ammesso. Nelle prime edizioni prevalgono le canzonette, solo nel 1958 Domenico Modugno, vincendo con “Nel blu dipinto di blu”, inaugura una nuova fase della kermesse che via via abbandona la canzone tradizionale. All’inizio degli anni ’60 si esibiscono in gara cantanti del calibro di Mina, Adriano Celentano, Gino Paoli e Umberto Bindi, tutti presenti nel 1961. La storia di Mina al Festival è legata a quella sola edizione: è data per favorita, ma la sua “Le mille bolle blu” non le bastò per salire sul podio. Mina presentò un’altra canzone, “Io amo tu ami”, ma per l’emozione le si spezzò la voce nell’acuto finale. La delusione le fece dire che non avrebbe mai più partecipato al Festival, promessa che mantenne.

GLI STRANIERI

Il Festival si dà un tocco internazionale quando fa partecipare cantanti stranieri che eseguono la canzone proposta anche da italiani. Accade nella seconda parte degli anni Sessanta, a partire dall’edizione del 1964. Negli anni Sessanta calcano il palco del Casino artisti del calibro di Paul Anka, Gene Pitney, Ben E. King, Frankie Avalon, Dusty Springfield, Kiki Dee, Pat Boone, gli Yardbirds, Cher, Dionne Warwick, Shirley Bassey, Marianne Faithfull, Wilson Pickett, per arrivare addirittura a Louis Armstrong (’68) e Stevie Wonder (’69). Per rivedere gli stranieri sul palco esibirsi in gara (in realtà in gara sono solo i cantanti della versione italiana del brano) bisognerà arrivare agli anni ’90, quando arrivano il grande Ray Charles, Dee Dee Bridgewater, Bonnie Tyler, Phil Manzanera. L’ultimo big è Bill Wyman degli Stones, nel 2004.

TRA ALTI E BASSI

Tornando agli anni ’60, inizia una regola che troverà sempre conferma: a Sanremo la novità fatica ad essere compresa. Nel ’66 viene eliminata “Il ragazzo della via Gluk”, e l’anno successivo “Ciao amore ciao” di Luigi Tenco, che la sera dopo si suicida. Sul palco la notizia viene data in modo freddo dal conduttore Mike Bongiorno, che non cita nemmeno il suo nome: lo spettacolo deve continuare. Sembra un risarcimento al cantautorato la vittoria assegnata l’anno successivo a Sergio Endrigo. La grande crisi del Festival arriva all’inizio degli anni Settanta, tanto che nel ’73 la Rai decide di trasmettere solo la serata finale. L’evento più significativo di questo periodo è il trasloco della sede dal Casino al Teatro Ariston, nel 1977: doveva essere provvisorio per lavori, diverrà definitivo. Il rilancio arriva negli anni ’80, con le conduzioni di Pippo Baudo. Resta però il fatto che i cantanti più acclamati sul quel palco non vogliono salirci: i grandi nomi che oggi ricordiamo si sono esibiti solo ad inizio carriera, per farsi conoscere, poi torneranno al limite come ospiti: è il caso di Vasco Rossi e Zucchero, che presentano pezzi che diverranno indimenticabili (“Vita spericolata”, “Donne”) ma che chiuderanno in classifica agli ultimi posti: Si pensi che nell’anno di “Vita spericolata” vincerà Tiziana Rivale davanti a Donatella Milani, due meteore. Anche negli anni Novanta il Festival è un’istituzione, e nel 1995 si tocca il massimo degli ascolti, con una media che sfiora i 17 milioni di telespettatori. All’inizio del millennio gli ascolti calano, sino al record negativo del 2008, con meno di 7 milioni di media. A fine decennio l’arrivo a Sanremo dei cantanti usciti dai talent, in particolare “Amici” e “X Factor”, rilancia gli ascolti.

I GIOVANI E I PREMI

Nel 1984 si istituisce una gara parallela tesa a valorizzare i giovani. Si tratta delle “Nuove proposte” e il primo vincitore è Eros Ramazzotti. Non sono molti quelli che avranno una carriera di alto livello: Laura Pausini (’93), Andrea Bocelli (’94), Arisa (2009), Francesco Gabbani(2016), Ultimo (2018). Per votare il vincitore del Festival negli anni cambiano continuamente le modalità. Il pubblico da casa partecipa con sempre maggior peso, e per garantire che siano premiate canzoni di qualità si istituiscono premi secondari. Il primo, nel 1982, è il premio della critica, ideato per premiare “E non finisce mica il cielo” di Mia Martini. E a lei il premio verrà intitolato dopo la sua morte, a partire dal 1996. Seguiranno diversi altri premi speciali.

IL PLAYBACK

Nei primi anni ’80 gli artisti si esibiscono in playback, come accadrà per Vasco e Zucchero. I più allibiti sono gli ospiti stranieri: per loro è inusuale fingere di suonare e cantare. E così accade che Freddie Mercury coi Queen nell’84 esegua Radio Gaga fingendo di cantare, e tanti altri. C’è che si prende beffe della cosa: nel ’96 i Blur salgono sul palco con due soli componenti su 4: con loro ci sono un cartonato del bassista mentre il chitarrista è sostituito dalla guardia del corpo del cantante Damon Albarn. L’anno prima i Rem rifiutano di partecipare per evitare il disagio.

SCANDALI E COMBINE



Sanremo ha sempre bisogno di uno scandalo per alimentare il suo successo, e la storia è piena di casi. Così come tanti sono i casi di plagio che emergono nel corso della rassegna, quando ormai i giochi sono fatti. Quanto alle combine, chi non pensa che i risultati siano in qualche modo “condizionati”? Ma non si può dire. Ci provò Pupo, che lo ammise indicendo una conferenza stampa un’ora più tardi, ma si presentò paonazzo in volto smentendo tutto. Striscia la notizia nel 1990 anticipò i primi tre posti, e non ne sbagliò uno. Elio e le Storie Tese dissero che la loro “Terra dei cachi’ in realtà aveva ricevuto più voti nel ’96, ma si classificarono al secondo posto alle spalle di Ron e Tosca. Lì per lì venne presa per l’ennesima battuta di Elio, ma successive indagini dei Carabinieri svelarono la truffa. Ma che importa? Quel che conta è che la festa continui.



LE CANZONI IN ANTEPRIMA  Promossi e bocciati dopo il primo ascolto, fra pezzi radiofonici e probabili tormentoni

Nei brani in gara tanto amore e niente Covid: su chi puntare


Enrico Galletti
Amore, voglia di stare bene, libertà, sesso, leggerezza. Dance e ballad, niente rock (chi li batte, i Måneskin?), un po’ di latin sound. Amadeus porta 25 brani in tv ma li immagina alla radio. Attuali nel genere e nei volti (tanti i giovanissimi e quelli in quota talent). Pezzi particolarmente radiofonici: così ci ha abituato il direttore artistico e conduttore del festival che ha un lungo passato ai microfoni di Rtl. E il Covid, nei brani in gara al Festival che abbiamo potuto ascoltare in anteprima, per una volta resta fuori. Nessun cenno alla pandemia nei testi, se non qualche fugace immagine che va dalle “mascherine” all’iperbole della “fine del mondo”: «temi non pervenuti neanche nei brani scartati», dice Amadeus. Quasi a voler mettere da parte l’incubo, in una settimana che si candida a portare leggerezza nelle case degli italiani. Le canzoni parlano tutte, o quasi, d’amore e lo fanno in chiave principalmente pop. Niente indie, che lascia spazio a pezzi dance, poco rap, un solo accenno al rock (Le Vibrazioni), per il resto si va dal cantautorato al melodico. E si spazia dai giovani ai senior, da Iva Zanicchi ad Aka7even, da Donatella Rettore a Sangiovanni. Per vedere Morandi e Ranieri sullo stesso palco bisogna tornare ai tempi di Canzonissima. Confermata la formula Amadeus: capace di unire tradizione e innovazione, mentre lo scorso anno aveva puntato su un cast meno popolare: scommessa, però, premiata da una pioggia di certificazioni, 16 su 26 brani. E il fenomeno mondiale Måneskin che è tuttora inarrestabile.

Difficile dare giudizi al primo ascolto, senza orchestra e musica live. In ordine sparso, però: promossi Rkomi, Massimo Ranieri, Yuman, La Rappresentante di Lista, Dargen D’Amico, Mahmood e Blanco, Elisa, Giovanni Truppi, Irama, Fabrizio Moro, Ditonellapiaga e Donatella Rettore. Rimandati Achille Lauro, Noemi, Ana Mena, Aka7even, Emma, Iva Zanicchi.

Segnatevi un nome: Dargen D’Amico. La sua “Dove si balla” diventerà un tormentone (anche “Chimica” con la Rettore è sulla buona strada). Ma la prima, con un sound da discoteca, guarda al presente: “Dove si balla… fottitene e balla. Tra i rottami. Balla, per restare a galla. Negli incubi mediterranei”. Poi va sul malinconico: “Che brutta fine… le cartoline”. Ma si riprende subito. E difficilmente, dopo il primo ascolto, smetterete di cantarla.

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