GIOVANI • Dal Covid all’Ucraina, la metafora del conflitto trova una continuità da arginare
BENEDETTA FORNASARI
Dalla guerra al Covid alla guerra in Ucraina. I media, i virologi e i politici hanno narrato la pandemia utilizzando spesso la metafora del conflitto. Rimandi e allusioni belliche sono entrate quotidianamente a far parte del linguaggio delle persone e al centro del nostro vivere. Per ben due anni abbiamo ascoltato e partecipato, più o meno direttamente, al racconto della lotta al virus Sars-CoV-2 da combattere con l’arma del vaccino. Gli adulti dispongono di strumenti cognitivi in grado di categorizzare e di comprendere il concetto di guerra in tutti i suoi significati e declinazioni, ma non è lo stesso per i nostri bambini e ragazzi. Sorge allora una domanda: come comunicare in modo corretto la tragedia della guerra e la crisi in Ucraina? Anna Bandera, psicologa psicoterapeuta specializzata in età evolutiva, ci offre spunti di riflessione e chiavi di lettura utili per affrontare un argomento così delicato con i nostri giovani, già fortemente provati dalla situazione pandemica che non sembra finire mai.
Come i bambini e i ragazzi percepiscono la guerra sul piano cognitivo ed emotivo?
«Esiste una condizione di forte continuità con la pandemia che ha generato senso di paura, pericolo e angoscia che persistono ormai da due anni. Proprio in questo momento, dopo una brevissima ripresa della socialità e delle attività ricreative, ecco che piomba la guerra in Ucraina, che mina il senso di sicurezza dei bambini e dei ragazzi e nega la dimensione del futuro che torna ad essere orizzontale e appiattito come in epoca Covid. La pandemia e la guerra vengono percepite come eventi “franati addosso”, generando così un pensiero disturbato e perturbato, rispetto a ciò che potrà accadere, e inquietudine emotiva. Il conflitto tra Russia e Ucraina rischia di avere una ricaduta devastante per tutta l’età evolutiva e in modo particolare per la fascia 5-10 anni e i preadolescenti (11-14 anni). I più piccoli non possiedono ancora un pensiero critico, pertanto non riescono ad analizzare i contenuti e le immagini di violenza e tutto ciò può produrre nei più piccoli disturbi del sonno, irritabilità, stati di irrequietezza ed agitazione, pianto improvviso o momenti di tristezza. Il loro pensiero concreto li porta a sentirsi immersi in una situazione che li coinvolge molto, in una realtà da cui faticano a prendere le distanze. I preadolescenti, invece, sono altamente impressionabili. Per esempio, le immagini dei carri armati che passano da Piacenza e delle nostre postazioni difensive sulle Alpi sono entrate con forza negli occhi dei giovani, sempre più esposti a contenuti non rassicuranti che si moltiplicano ed espandono soprattutto a causa dei social network».
Come gli adulti devono raccontare la tragedia della guerra?
«Tutte le figure educative devono prestare molta cautela e attenzione, abbassando il senso di minaccia, rendendo sì partecipi e consapevoli della situazione ma, al contempo, focalizzandosi sulla “notizia positiva”, per così dire, ovvero attuando la cosiddetta operazione di geolocalizzazione emotiva: il mondo ha intenzione di fermare la guerra e tutti si stanno attivando per trovare una soluzione. È efficace focalizzarsi sulle notizie di aiuto verso il popolo ucraino e in modo particolare nei confronti dei loro coetanei, esprimendo, se possibile, vicinanza e affetto in modo concreto come portare un dolce, dei fiori a conoscenti ucraini oppure aderendo a iniziative di solidarietà».
Come i giovani possono comprendere le notizie della guerra e riflettere sul valore della pace?
«Occorre porre una distanza fisica tra i più giovani e la guerra, connettendoli con il qui e ora, evitando l’escalation dell’angoscia, abbassando la sensazione di un pericolo imminente e utilizzando un linguaggio appropriato, privo di metafore e similitudini che non riescono a cogliere. Anche a casa, in famiglia, con i parenti e gli amici bisogna evitare che la guerra diventi l’unico e principale argomento. È dovere degli adulti favorire la ricostruzione del benessere psico-fisico dei nostri bambini e ragazzi, fare vivere un quotidiano non inquinato da pensieri negativi, fare sperimentare loro la leggerezza, dedicare spazio e buon tempo al gioco. Tutte ciò protegge i nostri giovani dal rischio di diventare, un domani, adulti fragili».
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