Pezzoni: «Un grave errore aver considerato la Russia fuori gioco»

l' Ucraina paga la forza della nato
«OGGI L’UCRAINA STA PAGANDO L’ECCESSO DI FORZA GEOPOLITICA, MILITARE E NUCLEARE DELLA NATO, PERCHÉ È COSÌ FORTE E VICINA ALLA RUSSIA CHE NON PUÒ AIUTARLA»


VANNI RAINERI
Posto che noi italiani siamo tutti allenatori di calcio, ma siamo anche tutti virologi, e ultimamente ci stiamo riscoprendo tutti esperti di diplomazia internazionale, continuiamo a pensare che sia preferibile affidare i giudizi su quanto sta avvenendo in Ucraina a veri esperti, e dopo aver intervistato, la scorsa settimana, il Generale Tricarico, ci affidiamo a Marco Pezzoni, ex parlamentare cremonese ma soprattutto membro del Centro Studi Politica Internazionale e del Movimento Federalista Europeo, che ha vissuto diversi scenari di guerra.

Come legge quanto sta accadendo in Ucraina?
«Tutti noi che siamo democratici, europei, sostanzialmente per la pace, siamo stati sorpresi da una iniziativa unilaterale che cambia le logiche di politica estera e internazionale su cui ci siano adagiati in tutti questi anni. L’errore più grave è stato quello di aver considerato in termini geopolitici che la Russia fosse ormai fuori gioco, e che ormai ci fossero sul campo tre grandi imperi, ognuno diverso con propria specificità: gli Usa con l’egemonia costruita nel secolo scorso, la Cina impero economico emergente capace di utilizzare strategicamente le contraddizioni del sistema mondiale inserendosi nei diversi continenti come soggetto politico internazionale che ha bisogno di stabilità, e infine l’Europa che ha costruito un’unità di 27 paesi e si è adagiata in tema di sicurezza sotto l’ombrello della Nato».

In realtà da anni si discute di difesa comune europea.
«Ma si è dato per scontato l’ombrello della Nato. Ora la sorpresa di Putin sta sconvolgendo le logiche su cui ci siamo adagiati, non si è tenuto conto che la Russia col suo gruppo dirigente non condivideva questa nostra idea di una transizione mondiale che avesse quei tre punti di riferimento: l’Europa è un gigante economico ma un nano politico, mentre gli Usa perdono peso ma restano la super potenza. È rimasto inascoltato il più grande esperto degli Usa Kennan e la sua dottrina del contenimento, utilizzata dal 1945 fino a qualche decennio fa dagli Usa nei confronti dell’Urss e poi della Russia. È una dottrina intelligente in base alla quale i russi, avversari e dotati di bomba atomica, vanno contenuti ma non umiliati. A fine anni ’90 lo stesso Kennan chiese di prestare attenzione all’allargamento della Nato: se pur esiste il diritto dei singoli paesi, è un errore avvicinarsi troppo alla Russia perché non ne conosciamo le conseguenze».

In effetti resta la pericolosa contraddizione di una potenza non più economica ma certamente militare.
«Esatto. L’Unione Europea ha delegato troppo alla Nato in quanto prima potenza nucleare del mondo, e gli abbiamo delegato non solo l’ombrello militare ma anche il pensiero politico. Qui vedo il maggior errore strategico dei leader europei, che hanno confuso la sicurezza dell’Europa, quindi la stabilità, con la potenza a livello militare. L’idea del ritiro di Trump dall’Europa ci ha ingannato, ma non abbiamo mai abbandonato questa visione. Oggi l’Ucraina sta pagando proprio l’eccesso di forza geopolitica, militare e nucleare della Nato, perché è così forte e vicina alla Russia che non può permettersi di aiutare direttamente l’Ucraina, tanto che giustamente ha impedito la no-fly zone chiesta da Zelensky: le sue sono richieste legittime di uno Stato disperato e che assiste a un’Onu sempre messa in fuorigioco dai veti delle superpotenze, ma anche agli occidentali bloccati dal non poterlo aiutare direttamente. Se anche la Polonia concedesse gli aerei si assisterebbe a una escalation militare».

Il Generale Tricarico ha biasimato il ruolo dominante degli Usa nella Nato, ma ha detto che senza un maggiore impegno economico sugli armamenti l’Europa non può cambiare le cose.
«Questo però sta già accadendo. Un tabù decisivo è caduto perché lo sconvolgimento di Putin provoca un ripensamento strategico. Lo si vede dal passaggio epocale di una Germania che si riarma per la prima volta con il 2% del pil: è un’inversione culturale. E l’Italia col ministro Guerini si vanta di aver aumentato le spese militari all’1,4% del pil: Guerini inserisce l’industria militare italiana come fattore strategico della difesa, evento mai accaduto dal 1945 ad oggi».

Certo col quadro odierno è più complesso difendere la scelta del disarmo.
«Sta accadendo questo, ma noi non abbiamo tentato questa strada seriamente. È casuale che arriviamo oggi impreparati e la situazione esplosiva dell’Ucraina spinga tutti a pensare al riarmo? È il primo obiettivo politico del non aver gestito prima la questione Ucraina. Questo è il primo atto di accusa, che non giustifica certo l’invasione di Putin, su questo dobbiamo essere chiari, ma come mai si è arrivati fino a questo punto? E a cosa porta il mandare al massacro la resistenza eroica degli ucraini? Gli Usa hanno lanciato il multipolarismo ma è gerarchico: sono gli Usa i veri registi politici e l’atlantismo di cui non si parlava da decenni ritorna la cifra dei governi europei. La Nato si è riorganizzata guardando al rischio mediorientale, ma adesso compare il nemico Putin, e Macron può rilegittimare la forza nucleare della Francia: le centrali nucleari sono decisive per sostenere la forza nucleare».

Come mai Putin non aveva approfittato della presenza di un Trump che era meno interessato all’Europa?
«Non gli conveniva perché noi europei abbiamo letto sempre con pigrizia questi cambiamenti e solo in termini regressivi. Dopo l’allargamento tutti i paesi dell’est Europa hanno approfittato del più facile accesso nella Nato, ma a paesi come Polonia e Ungheria la Ue contesta elementi fondamentali: le loro corti di giustizia giudicano che non esista un primato della legge europea sulle loro, e questo è grave».

Dà ragione a chi ritiene che l’ingresso di questi paesi sia stato troppo accelerato.
«Sì, e non è stato accompagnato dalla comprensione geopolitica degli effetti: questi paesi sono entrati per motivi economici e per la protezione militare della Nato, ma toccava a noi capire le conseguenze. In realtà Delors lo disse: meglio che l’Ue si dedicasse prima all’approfondimento (un nucleo di riforme istituzionali con un governo europeo sovranazionale e un’unica voce in politica estera) poi all’allargamento. Si è fatto solo l’allargamento e i tentativi successivi sono stati bocciati. I 27 governi hanno tuttora più potere che non il Parlamento e la Commissione europea».

Chi dice che la guerra sta accelerando l’unione dell’Europa?
«Sono tre le cause dell’accelerazione: la sfida del clima, la pandemia e ora i rischi di guerra. L’Europa ha fatto una cosa seria mettendo in comune il debito per il Pnrr e gli eurobond per finanziare la lotta ai cambiamenti climatici e la decarbonizzazione. È un primo progetto europeo di transizione energetica che ha fatto saltare il patto di stabilità. Poi la pandemia ha fatto capire che serviva concertazione, e ora la guerra. L’obiettivo adesso è la ripresa della Comunità Europea di Difesa (Ced), l’idea di una forza militare europea, ma è un’idea militare. Accanto a un governo federale è necessaria, ma non la vuole nessuno, a partire dalla Francia che vuole mantenere la sua forza militare nazionale. Purtroppo non si parla di governo europeo: il salto di qualità non c’è ancora».

L’impressione che di punto in bianco Putin sia impazzito deriva dalla scarsa conoscenza degli italiani dei temi di politica estera.
«È così. Conosciamo la complessità della nostra storia ma quella degli altri paesi la semplifichiamo, e trattiamo in modo superficiale quanto avviene nei paesi più lontani. L’Ucraina ha una storia che non è quella che racconta Putin: dopo il 1991 è un paese spaccato a metà, diviso tra una parte filo-occidentale e una con tradizione etnico-linguistica russa. Si sono succeduti governi, quasi tutti corrotti, di entrambe le parti, e si aggiungono spaccature religiose rilevanti, tra ortodossi che guardano al patriarcato di Mosca e gli ortodossi nazionali. Utilizzando le indicazioni della convenzione europea sulle lingue, in Ucraina fu fatta una riforma che riconosceva parità di diritto linguistico nelle scuole alle minoranze che superavano il 10%, quindi il russo fu riconosciuto come lingua nazionale creando il bilinguismo. Nel 2017 ci fu la svolta nazionalista che cancellò il diritto alle minoranze linguistiche, col russo degradato a lingua regionale. Le aree russofone hanno preso le armi e da allora esiste un acceso conflitto. Zelensky di questo non ha colpe perché arrivò dopo, ma non cambiò le cose. Con l’accordo di Minsk si sarebbe dovuto riconoscere le autonomie ma ciò non avvenne. Ecco quindi che l’Ucraina era già in forte crisi nella reale unificazione nazionale, con la scorretta protezione dell’Occidente».

Forse i conflitti all’interno di alcuni paesi europei hanno “consigliato” di non stimolare le autonomie.
«Ok, ma si poteva utilizzare il modello della Germania federale. Il diritto internazionale mette ancora al primo posto l’integrità dei confini nazionali, e solo al secondo il diritto all’autodeterminazione dei popoli, che per noi eticamente è al primo posto».

Eppure la richiesta dell’Ucraina di entrare nella Ue era una leva importante per chiedere il riconoscimento di quelle autonomie per risolvere la crisi nel Donbass.
«Esattamente, ma le nostre 27 leadership non sempre hanno avuto la capacità di osservare quanto stava accadendo: gli sviluppi erano prevedibili ma non sono stati affrontati, anche perché la stessa leadership ucraina è stata illusa che la Russia fosse ormai fuori gioco nella storia. L’intelligenza l’abbiamo usata nel 2008, quando Francia, Germania e Italia si opposero all’ingresso di Georgia e Ucraina nella Nato. Questa garanzia avrebbe dovuto essere riformulata chiaramente il mese scorso, con un patto di ferro sul disarmo concordato e bilanciato».

Resta il fatto che Putin è dalla parte del torto.
«Io non ho dubbi che Putin debba rispondere di crimini di guerra come accadde a Milosevic, ma il mondo si deve costruirlo con la politica. Noi decidiamo di dare armi agli ucraini considerandoli alla stregua di partigiani, ma questa lotta è equiparabile a quella dei nostri partigiani della Liberazione? Loro avevano alle spalle gli Alleati. Diederò dignità all’Italia e contribuirono a vincere la guerra, ma l’esito fu dovuto agli alleati, a partire da statunitensi e inglesi. Armare i partigiani ucraini fermerà l’invasione? O invece so che non sarà possibile ma non voglio essere coinvolto e così mi libero la coscienza? Perché ciò significa usarli in modo cinico. Un’ultima riflessione: perché nessuno dice che gli Stati Uniti potrebbero portare avanti un negoziato proponendo la neutralità dell’Ucraina? A trattare vanno tutti i leader tranne i loro».

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