Quotarsi in Borsa: anche per le Pmi un’opportunità

ECONOMIA • Interessante convegno organizzato da Cassa Padana: tutti i vantaggi dell’operazione


Sergio Cuti
Solo le grandi aziende possono andare in Borsa? E se un imprenditore quota la sua società, non rischia di perdere la titolarità dell’impresa? Il costo dell’operazione è un rischio o un investimento? E quanto si guadagna subito al momento dell’Ipo (acronimo di Initial Public Offering: indica l’offerta pubblica iniziale dei titoli azionari con cui una società si colloca per la prima volta nel mercato)?
Per rispondere a queste domande, Cassa Padana ha organizzato un convegno che si è tenuto nella sua filiale di Brescia-Valle Camonica. Inutile aggiungere che il salone delle conferenze era sold out.
Il saluto ai presenti è stato portato dal direttore generale della banca, Andrea Lusenti, il quale è andato subito al nocciolo della questione: l’uscita dalle fasi più critiche della pandemia da una parte e dall’altra l’aumento dei prezzi di materie prime ed energia e le conseguenti tensioni sui mercati, stanno spingendo più imprese verso la quotazione in Borsa. «Per le Pmi è infatti sempre più vitale non fermarsi al credito bancario, ma trovare fonti di finanza alternativa per gli investimenti così come accedere a capitale privato. La quotazione in Borsa non è solo un’operazione di finanza straordinaria, ma una strategia di crescita volta a favorire lo sviluppo dimensionale e industriale. In questa sfida, un ruolo importante lo ricopre l’Ipo. Le aziende devono crescere e innovare e le banche hanno un ruolo importante in questo passaggio. Nei prossimi anni il capitale portato dalle banche non potrà più avere lo stesso peso. Per questa ragione insieme alle imprese dobbiamo guardare alla finanza alternativa».
Che le imprese italiane siano ancora troppo banco-centriche, lo dicono i dati esposti nella sede di Cassa Padana: l’81% delle nostre aziende è totalmente dipendente dal credito bancario contro il 68% di quelle tedesche, il 60% delle francesi, il 45% delle inglesi e il 30% delle statunitensi.
«Ma perché un istituto di credito con vocazione territoriale ha voluto organizzare un incontro così specifico sulla finanza strutturata?» si è chiesto Sergio Simonini, consulente di Cassa Padana, uno dei maggiori manager bancari che conosce a fondo le imprese bresciane e chi le possiede avendo trascorso 45 anni nelle posizioni apicali dei maggiori gruppi creditizi di questo territorio e non solo.
E la sua risposta è stata puntuale e convincente: «Le imprese hanno di fronte problematiche come la globalizzazione (la dimensione aziendale è sempre più importante), la managerializzazione (necessaria per sfide nuove), la finanza strutturata (il tradizionale indebitamento bancario va rivisto e adattato ai nuovi tempi: bisogna valutare le alternative alle banche per sostenere operazioni straordinarie e strategiche), il ricambio generazionale (un’occasione che deve essere pianificata e affrontata al momento giusto, facendo prevalere la razionalità rispetto al cuore)».
In questo contesto economico, la finanza strutturata (private equity-borsa-bond) può sicuramente contribuire ad affrontare e risolvere queste problematiche senza che l’imprenditore perda la titolarità della gestione, della proprietà e del comando dell’impresa. E allora, propone Simonini, «i giovani imprenditori e i manager dovrebbero iniziare il processo preparatorio diretto alle scelte future partecipando al progetto Elite di Borsa Italiana istituito in collaborazione con il ministero dell’Economia e delle Finanze, Confindustria e Abi, e diretto proprio ad accompagnare e sostenere la crescita delle Pmi, aumentare la loro visibilità, generare le opportunità di business, facilitare il reperimento di risorse finanziarie innovative, crescere nell’internazionalizzazione, imparare a comunicare efficacemente, creare e sostenere il proprio valore nel lungo periodo».
E perché non quotarsi in Borsa? Simonini ha elencato tutti i vantaggi di questa scelta: quotarsi - ha detto - aumenta la visibilità dell’azienda sia a livello nazionale che internazionale facendo crescere la relazione aziendale verso un target qualificato; ne incrementa la credibilità anche per la presenza di investitori qualificati; amplia la compagine sociale e favorisce il passaggio generazionale; accresce la liquidità delle azioni; attrae risorse qualificate; rafforza la struttura produttiva e ovviamente, come primo beneficio, favorisce il potenziamento delle risorse finanziarie a sostegno dei piani di sviluppo dell’azienda».
Simonini mette sul campo dati certi e concreti: la crescita post quotazione è del 18% contro il 7% di chi non si quota; il 70% delle imprese effettua in media 1 acquisizione, mentre quelle quotate nel post Ipo ne effettuano quattro; gli investimenti passano dal +15% al +23%. In Lombardia sono 58 le aziende quotate ex Aim (Alternative Investment Market), ora Egm (Euronext Growth Milan). Poche. Infatti, secondo Simonini che - come dicevamo ha una conoscenza personale delle imprese e delle famiglie imprenditoriali - ci sono oltre 100 aziende bresciane che potrebbero già accedere alla Borsa con sicuro successo. A questo punto, secondo il consulente di Cassa Padana, «sarà la banca del territorio, con la giusta professionalità dei suoi gestori, ad aiutare gli imprenditori a trovare una strada di sviluppo, comprendendone le esigenze e poi affiancandoli».
Fino al 2009 era impossibile per le Pmi entrare nel mercato dei capitali. Oggi è diverso. E la quotazione in Borsa non rappresenta solo un’operazione di finanza straordinaria, ma anche una strategia di crescita volta a favorire lo sviluppo dimensionale e industriale. «E’ indispensabile per una piccola e media impresa», ha spiegato Fabio Brigante che in Borsa Italiana è il responsabile delle attività di “origination”. «Le aziende stanno già vivendo una tempesta perfetta, ma non per questo possiamo fermarci. La Borsa prende in considerazione il futuro. E la quotazione offre l’opportunità di raccogliere risorse finanziarie per favorire sviluppo e crescita. Aumenta visibilità e credibilità. Attrae risorse qualificate».
Elite è una società che fa da ponte tra gli imprenditori e il mondo della Borsa e vuole sostenere le aziende nell’accesso ai capitali. Fra le 1068 aziende che fanno parte del network, la Lombardia ne conta 362. «In Italia Elite ha avuto successo» ha spiegato Mauro Iacobuzio che guida il Sales & Relationship Management Italy , «perché qui da noi l’80% del passivo delle aziende è finanziato da una banca, ma il 20% che rimane può essere visto in modo più strutturale, potenziando un approccio diverso al mondo degli investitori».
Oltre 30 anni di esperienza in investment banking, 40 operazioni di Ipo seguite: questa è KT Partners che assiste decine di società quotate, ricerca investitori e segue i rapporti con gli investitori. «Un advisor finanziario accompagna e coordina in modo operativo tutto il processo per la quotazione» ha spiegato Kevin Tempestini, fondatore e amministrazione delegato della KT.
Il convegno si è concluso con le testimonianze di alcune imprese che hanno fatto con successo il grande salto dal territorio al mercato globale.

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