La fabbricava alla fine degli anni Quaranta in via Romani Agide Finardi da Vicobellignano, che poi si trasferì a Bolzano e lavorò per Padre Pio
Agide Finardi con la sua utilitaria Rondine alla Fiera di Milano. |
Alla Fiera di Milano, come racconta nel diario, erano piovute richieste: 1000 solo dall’Argentina
di Vanni Raineri
Sono figlio unico, mio padre agricoltore, mia madre casalinga. Mio padre molto severo anche se ero l’unico figlio, voleva che diventassi veterinario, mentre io avevo ben altre intenzioni. Mia madre, di bontà infinita e molto religiosa, morì all’età di 53 anni, mio padre a 63 anni. Sono nato il 20 dicembre 1920”.
Inizia così il diario di Agide Finardi, un diario che riporta e raggruppa vecchie annotazioni di un’esistenza singolare, con errori grammaticali ma intrisa di passione e devozione (a Padre Pio).
Al netto dei tanti racconti sugli anni di lavoro in Puglia per realizzare tante opere per la futura chiesa grande di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo (tra cui i portali e altri pregevoli lavori in bronzo), spiccano eventi di grande interesse locale, risalenti ai primi anni del dopoguerra.
Per chi l’ha conosciuto in Puglia, Agide Finardi fu uno scultore di Bolzano, autore di statue dedicate soprattutto al Santo da Pietrelcina e con altri soggetti religiosi. Addirittura alcune delle poche note che parlando delle sue origini, le fanno risalire a Cortemaggiore, (Pc), evidentemente confusa con Casalmaggiore. Testimoni dell’epoca riferiscono di come Padre Pio gli volesse molto bene. Che Agide ricambiò con grande devozione. Tra le tante cose che racconta nel suo diario, ricorda che quando disse al Padre che non riusciva ad avere figli dopo anni di matrimonio, lui gli rispose che avrebbe avuto un bambino e lo avrebbe chiamato Pio. Così avvenne. Ma Padre Pio riempie il diario di Finardi con il racconto di tanti prodigi, parole inspiegabili al momento poi rivelatesi nel tempo. Insomma, i poteri mistici che tanti riconoscono al Frate con le stimmate.
Venendo ai suoi anni casalaschi, Agide Finardi racconta che poco più che ventenne si appassionò di costruzione di automobili utilitarie, “microvetture 125-350 e 800 cm cubi”.
“Nell’aprile 1949 – racconta all’inizio del diario – avevo esposto a Milano una vettura, e le ordinazioni piovevano da tutte le parti del mondo. Per citarne qualcuna, l’Argentina commissionò 1000 vetture da consegnare nel giro di un anno. La mia azienda era solo al suo iniziale sviluppo e quindi fu impossibile far fronte a tanti impegni; in più si aggiunsero India, Israele, Libano, Egitto, Grecia, Inghilterra eccetera”.
Poi la svolta. Due vetture furono vendute a Foggia, ma una doveva ancora essere pagata. Nonostante insistenze e ricorso ad avvocati, il saldo non veniva rispettato e Agide decise di scendere lui stesso a Foggia. In treno conobbe alcune donne dirette da Padre Pio, che non conosceva, e ne fu incuriosito. Andò a riprendersi l’auto, non pagata perché aveva riportato un’ammaccatura probabilmente nel viaggio di andata. Quindi nel ritorno la decisione di fermarsi a San Giovanni Rotondo, che impresse una svolta alla sua esistenza. Il profumo di violette e qualche rivelazione impressionò Agide nel suo primo incontro, una folgorazione che trasformò la sua vita.
Dopo un’incomprensione col padre, racconta ancora Finardi, “cercai di smobilitare la costruzione delle macchine e mi recai a Bolzano dove avevo delle conoscenze, cercando di far costruire le macchine alla Viberti, dove avevo già avuto rapporti di lavoro con il direttore ing. Fox. Niente da fare, feci domanda alla Lancia, ma mi fu difficile essere assunto per mancanza vista occhio sinistro. Mi misero a fare il tornitore”. Poco dopo, nel 1950, la nascita di Pio e il trasferimento di tutta famiglia a Bolzano. Arrivò la riconciliazione col padre, e il successo nel lavoro di tornitore alla Lancia di Bolzano, che lo riporterà da Padre Pio per svolgere alcuni lavori per la chiesa.
Dopo la morte di Padre Pio, Agide Finardi continuerà sino allo sfinimento a realizzare statue a lui dedicate, che oggi sono a centinaia in giro per l’Italia. Questo fino alla morte, sopravvenuta nel 2010 a 90 anni, nonostante le sofferenze fisiche.
Tra i tanti impegni per San Giovanni Rotondo, Agide Finardi racconta che “non solo facevo arte sacra, ma anche macchine speciali”.
La sua passione originale, la realizzazione di utilitarie, era ormai cancellata. Chissà cosa sarebbe accaduto se avesse potuto ampliare l'azienda per far fronte alle tante richieste da ogni parte del mondo. Quella ditta si chiamava Rondine, o meglio “Industria Automobilistica Microvetture”, e aveva sede in via Romani 7 a Casalmaggiore. Il logo indica anche il numero di telefono, un semplice 159. La “vetturetta superutilitaria” presentata alla Fiera di Milano era dotata di un motore M.V. di 125 cc, cambio a tre velocità con pre-selettore, raffreddamento ad aria forzata e sospensioni a balestra. Altre caratteristiche erano il telaio costuito in tubi di acciaio e la carrozzeria allestita in lamiera.
Altre notizie è difficile ottenerne, anche a Casalmaggiore (Vicobellignano dove è originario) la vicenda è semisconosciuta. Curiosamente il web è pieno di gente che racconta di aver incontrato Agide Finardi, senonché le frasi riportate sono tutte risalenti al diario. In realtà Finardi ha sempre preferito non apparire, nonostante avesse ricevuto non poche richieste dai tanti che lo consideravano uno dei “figli spirituali” di Padre Pio.
Agide Finardi con la sua Rondine sul traghetto diretto al Lido di Venezia. |
Il mio diario verità
Angelo Finardi a colloquio con Padre Pio |
Riportiamo l'introduzione del diario di Agide Finardi:
Voglio dire a chi leggerà questo libro che ciò che è scritto corrisponde a verità, senza aggiungere nessun commento personale.
Mi sono abituato a scrivere il diario tutti i giorni sin dal 1942. I primi dieci purtroppo sono andati perduti, così cominciano dal 1945. Come mi è un dovere recitare le preghiere alla mattina, durante il giorno e alla sera, così è anche scrivere tutto ciò che ho fatto e detto.
Non ho le pretese di essere uno scrittore o un giornalista, ma queste pagine raccontano un po’ della mia vita vissuta a San Giovanni Rotondo vicino a Padre Pio, mentre lavoravo per i Padri e per l’Architetto Gentile durante la costruzione della nuova chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Se avrò la possibilità, avendo i diari a disposizione, continuerò a scrivere sino al 1967, anno in cui furono finiti da parte mia i lavori ordinatimi.
Posso dire che Padre Pio mi ha sempre seguito nel mio lavoro, anche se non ho obbedito ai suoi consigli, di fare solo arte sacra, mentre in parte ho fatto altre cose. Un giorno dissi al Padre che ero stanco di vivere con l’affanno del lavoro, dei soldi, e mai un attimo di riposo.
La risposta molto eloquente del Padre fu: “A chi avresti venduto l’anima, se tu fossi stato ricco? Fai di testa tua, così pagherai di tua borsa”.
Non commento, ma dopo tanti anni devo convenire che il Padre aveva ragione, aggiungo però: se ho fatto di mia testa, non mi ha mai abbandonato.
Grazie Padre Pio, ma il grazie è troppo poco... Lacrime amare ho versato, ma dai dispiaceri cercherò di uscirne.
Commenti
Posta un commento