MIGRANTI, IL PROBLEMA DEVE RIMANERE TUTTO SULLE SPALLE DELL'ITALIA?

REGOLAMENTO DI DUBLINO: FUMATA NERA NON SI CAMBIA


C’era molta attesa per la presentazione da parte della Commissione europea dei passi di revisione del controverso strumento legale che regola l’accesso dei richiedenti asilo in Europa. Attesa delusa e nonostante l'eccezionale ondata di sbarchi di profughi sulle coste italiane a causa anche della chiusura della rotta dei Balcani, la Corte Ue ha stabilito che per l'esame delle richieste di asilo è competente lo Stato d'ingresso e non quello in cui la richiesta è presentata, in applicazione, appunto, del regolamento di Dublino. Ciò significa che anche se un migrante sbarcato sulle coste italiane facesse espressa richiesta di voler raggiungere un altro paese europeo magari per ricongiungersi con dei parenti, deve rimanere sul suolo italiano, fare richiesta di asilo e rimanere in attesa che la sua richiesta venga esaminata e accolta; tradotto in termini temporale significa dai 12 ai 18 mesi di attesa.
Questo perché, secondo la Corte Europea: "l'attraversamento della frontiera che abbia avuto luogo in occasione dell'arrivo di un numero eccezionalmente elevato di cittadini di Paesi non Ue intenzionati a ottenere una protezione internazionale non è determinante" nell'esame delle richieste di asilo, che restano di competenza dello Stato di ingresso nell'Unione, come previsto dal regolamento di Dublino III. Nessuna deroga viene concessa in virtù dell'eccezionale ondata migratoria. La sentenza in realtà a riguardato un contenzioso su un cittadino siriano e i membri di due famiglie afghane arrivati nel 2016 nel Paese balcanico, ma intenzionati a chiedere asilo a Vienna e in Slovenia. La Corte ha stabilito che dovrà essere la Croazia a esaminare le domande di protezione internazionale.Una decisione questa che delude le speranze dell'Italia, che da tempo insiste per una revisione del regolamento di Dublino. La Corte si è invece espressa a favore di uno snellimento delle procedure per l'asilo nel nostro Paese.

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