Addio Mondo, mister dei sogni

Giocatore estroso e tecnico pragmatico. Oggi a Rivolta il funerale 


di Vanni Raineri 

«Anche quando giocavo a guardie e ladri io facevo il ladro. Sono gli altri che devono rincorrermi». Anche il tumore ha avuto il suo bel daffare prima di metterlo ko. Amava le metafore il Mondo, che da sempre era abituato a combattere contro avversari più forti. Questo però era troppo forte, e lui ha resistito con determinazione, ma le soluzioni ingegnose in questo caso era costretto a demandarle. Emiliano Mondonico è morto giovedì mattina in un letto di ospedale a Milano. I funerali saranno celebrati questa mattina alle 10 nella parrocchiale della sua Rivolta d’Adda. Per chi come me è nato a metà degli anni Sessanta Mondonico ha rappresentato il grande sogno che si avvera. La mia prima Cremo aveva in campo lui, di ritorno dopo sogni infranti per la sua “voglia di divertirsi” , e il giovanissimo Cabrini. La squadra che però mi entrò nel cuore era quella che iniziava con Bodini e finiva con Finardi, che nel ’77 ci portò in serie B. Nell’undici titolare lui non era indicato, eppure era certamente l’idolo dei tifosi, il suo ingresso in campo faceva rinascere la speranza come avverrà anni dopo con Chiorri. La svolta vera, quella da cui tutto nacque, fu nel finale della serie B del 1982, quando chiamato a sostituire Vincenzi in una Cremonese praticamente retrocessa inanellò 12 punti in 7 partite (con la vittoria che ne valeva due) ottenendo una salvezza clamorosa. L’anno dopo si arrese solo agli spareggi di Roma con quella che forse è stata la Cremonese più bella, e l’anno dopo l’obiettivo serie A fu centrato. Nella massima serie quella squadra sbarazzina rispondeva col gioco ad avversarie troppo più forti. Poi il Mondo spiccò il volo verso nuove conquiste. Si è conquistato l’affetto di tante tifoserie, ma la Cremo era la sua famiglia, e vi tornò nella sfortunata esperienza dei primi anni del Cavaliere Arvedi chiusi con la beffa Cittadella.
Se qualcosa non gli andava non lo mandava certo a dire, così come non gli andò mai giù quella scelta di Gigi Simoni allenatore del Centenario, con lui “solo” nell’undici ideale. Era estroso, amava lo spettacolo sia da giocatore che da tecnico e, anche qui curiosa anomalia, è passato per difensivista. Era realistico, questo sì, per questo teneva agli indiani contro i cow- boys, e conosceva i trucchetti del mestiere con scelte di campo che si rivelavano geniali. Se ne va uno spirito ribelle. Colui che non potendo alzare un trofeo alzò una sedia.



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