Da pendolare a emigrante per colpa del ponte chiuso

L’EMERGENZA • E’ di Casalmaggiore, insegna a Colorno e affitta casa oltre il Po 


di Vanni Raineri 

In questi mesi di emergenza ponte sono stati illustrati alcuni casi singoli di disagi che riguardano soprattutto lavoratori alle prese con soluzioni alternative. Quello che proponiamo oggi è certamente un caso limite, ma emblematico del grave problema: una residente a Casalmaggiore che per lavorare a Colorno è arrivata alla decisione di affittare un’abitazione sulla sponda opposta del Po. Una distanza in linea d’aria di una decina di chilometri che risulta talmente impercorribile da arrivare ad una scelta così estrema. 
E’ lei che ci racconta la sua storia.
«Insegno in una scuola di Colorno. E pensare che un anno fa mi ero interessata per fare domanda di trasferimento in provincia di Cremona, visto che c’era posto. Per una questione di tempistica poi non ho presentato la domanda, che ritenterò l’anno prossimo. A Colorno mi trovo bene, e chi immaginava una situazione del genere di lì a poco?». 
Inizialmente ha provato col treno. 
«Già, arrivavo a Casalmaggiore e non sapevo dove parcheggiare, anche per il rischio di multe. Poi soppressioni e ritardi a non finire, e la difficoltà a salire, per la presenza di tanta gente sul treno delle 7,15. Ad aggravare la situazione, in questo periodo soffro di disagi fisici che mi complicano la deambulazione. Insomma, dovevo stare attenta a salire velocemente perché la gente premeva e rischiavi di non farcela. Da un momento all’altro chiudevano le porte, tanto che mi è successo di vedere gente viaggiare con la borsa fuori dalla porta del vagone. A Colorno un giorno mi è capitato di rimanere bloccata: ho visto il treno passare senza fermarsi. Un’altra volta ho accumulato un grosso ritardo perché un signore ha tirato il freno a mano in quanto non si erano aperte le porte alla fermata, e come altre volte sono arrivata in ritardo al consiglio di classe. Mi è capitato, per la soppressione di treni, di restare sola al freddo nella terribile stazione di Colorno, con puzza, sporcizia e vetri rotti per cui d’inverno si gelava. A causa delle mie condizioni fatico anche a salire i gradini, e a Colorno diventa un’impresa, tanto che mi chiedo come possano fare i disabili. Lì poi non c’è neppure una fermata dell’autobus, e per di più c’è una curva terribile priva di passaggio pedonale. Ho deciso di lasciare una bicicletta in quella stazione per muovermi meglio. Ne serve una brutta sennò te la rubano all’istante. Alcune colleghe mi portavano anche a San Polo, lì mi è capitato di vedere passare il treno senza fermarsi: a quel punto tutti di corsa per salire più avanti, le porte sono state aperte per un istante poi richiuse, e non so come sono riuscita a salire, mentre altri sono rimasti allibiti a terra. Quando cerchi un capotreno fai fatica a trovarlo, e se ci riesci non trovi la giusta disponibilità ad ascoltarti. In- somma, mettendo tutto assieme non ce l’ho più fatta». 

Viene da pensare all’alternativa dell’auto.
«Certo. Infatti ho iniziato a transitare sul ponte di a Viadana, però la strada è lunga, e soprattutto d’inverno pericolosa per l’argine stretto, ghiaccio e nebbia. La sera è pericoloso, c’è stato anche un mortale. Sono andata anche per San Daniele, dove pure è morta una persona. Ho visto più volte camion sorpassarmi e passare anche col semaforo rosso. E tanti automobilisti che per non arrivare in ritardo viaggiano a gran velocità. Insomma è rischioso, e tutti i giorni servono oltre due ore d’auto su strade intasate e incertezza sull’orario di arrivo. Sempre col fiato in gola, e anche la mia condizione fisica ne stava risentendo. Inoltre si considerino gli elevati costi dei viaggi in auto, superiori agli abbonamenti con autobus e treni». 

E dunque è maturata la scelta choc.
«Prima avevo un monolocale ma solo fino a Pasqua. Era caro, ma purtroppo i prezzi a Colorno sono elevati per la presenza degli studenti di Alma che aumentano la domanda di alloggi. Ora mi sono spostata in un hotel in cui mi hanno fatto un prezzo speciale per la lunga durata di affitto, ma devo riservare almeno tre notti consecutive durante la settimana, quindi dal martedì al venerdì. Purtroppo qui non ho la cucina». 

E a casa chi resta? 
«Il mio compagno, che pure lavora a Parma, e a seconda delle condizioni ci va in auto o in treno». 

Perché non si ferma anche lui con lei? 
«Intanto pagheremmo per due persone, ma soprattutto chi penserebbe ai nostri animali? Ho un gatto e un cane da nutrire. Che si fermasse è capitato sporadicamente in caso di nevicate». 

Un problema di affetti ma anche logistico non da poco. 
«Casalmaggiore è casa mia, e poi nei paraggi c’è la casa dei miei, inoltre si pensi alle visite dal medico, le varie attività che ho dove vivo, oltre appunto agli animali». 

E’ al corrente di casi simili al suo?
«Non nella mia scuola, a parte una supplente casalasca che per un periodo fece la stessa mia scelta. Ma alcuni alunni mi hanno parlato di dipendenti di aziende che pernottano oltre Po durante la settimana. Certo il fine settimana ho ritrovato il piacere di tornare a casa mia». 

Pensare che siamo nella ricca Lombardia.
«Già. Pensi che alcuni giorni fa ho ospitato a casa mia un medico psichiatra, una donna iraniana che ha vissuto in Spagna e ora è in Svizzera, che era qui per un master a Parma. Per venire da Parma le è capitato di prendere il celebre treno fino a Casalmaggiore. E’ rimasta inorridita, scioccata». 

Sappiamo choccare anche gli iraniani per le condizioni dei nostri treni, e c’è poco da andarne orgogliosi. 

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