Ecoterrorismo, il caso “Pioneer” non è isolato

PESSINA CREMONESE • Continuano le indagini sul rogo del 9 marzo al centro di ricerca. I precedenti nel Cremonese 

di Enrico Galletti 
E’ un centro di ricerca, l’unica sede italiana della DuPont Pioneer, la multinazionale che opera nel campo dell’agricoltura: dallo studio di sementi (mais e soia) all’analisi di laboratorio. La sede è a Pessina Cremonese, nell’area industriale che costeggia la via Mantova, all’ingresso di Torre de’ Picenardi. Nella notte tra venerdì e sabato scorsi un rogo ha messo fuori uso l’intera struttura. L’incendio è divampato verso le 4 del mattino nel modernissimo centro di ricerca. E il bilancio è stato disastroso: gli spazi interni della Srl Pioneer Hi-Bred Italia Servizi Agronomici completamente fuori uso, là dove lavoravano dodici persone, che da un giorno all’altro sono restate a casa. L’allarme è scattato quando i sensori della struttura hanno cominciato ad avvertire le fiamme. A quel punto è stato immediato l’intervento degli agenti della vigilanza che vista la gravità dell’incendio hanno subito allertato i vigili del fuoco. Il rogo è stato domato ma il bilancio del centro di ricerca è stato disastroso: l’intera struttura (uffici e laboratori) è stata distrutta. È difficile, al momento – fanno sapere i responsabili dell’azienda – quantificare il danno subito. Ma già si parla di un danno di cinque milioni di euro.
Un colpo che mette a dura prova l’azienda, un’eccellenza sul territorio, che anche nei mesi estivi dava lavoro stagionale a decine di giovani. Immediate le indagini dei carabinieri.
Le videocamere di sorveglianza hanno filmato quanto accaduto nella notte tra venerdì e sabato. Al momento risulterebbe la presenza di due o tre uomini sospetti e incappucciati transitare nei pressi dell’azienda, che ha sede in una zona industriale, quindi poco frequentata nelle ore notturne. Un’ipotesi è quella che, dopo aver scavalcato il cancello principale dello stabile attualmente posto sotto sequestro, qualcuno si sia infiltrato negli spazi interni dell’azienda e abbia lanciato bombe molotov per far scattare il rogo. La pista dell’incendio doloso, provocato da alcuni “ecoterroristi”, al momento è quella più accreditata. Tanto che mancherebbe solo la conferma ufficiale perché si possa togliere il condizionale da un sospetto più che fondato: l’ecoterrorismo che torna a fare breccia nel territorio. 
Ci sarebbero, infatti, precedenti più che evidenti. Un anno fa, nella notte, contro il laboratorio di ricerca della multinazionale Monsanto, a Olmeneta (a pochi chilometri da dove è avvenuto il rogo nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana), erano state lanciate quattro bottiglie molotov. Il materiale incendiario aveva causato un rogo e danni consistenti. Copione simile per quanto avvenuto a Casalmorano nell’aprile del 2004, alla Syngenta Seeds spa: un attacco rivendicato con alcune scritte contro gli Ogm. ancora, nel 2002, il duro colpo a Madignano, in un altro stabilimento del cremonese. Una serie di casualità che rischiano di diventare sospette. Si pensa che si tratti di episodi collegati tra di loro e che, addirittura, dietro a questi tristi avvenimenti si nasconda la mano di un’unica organizzazione. Una minaccia per il territorio? E’ un nuovo, inquietante, sospetto.

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