Elezione? No, punizione. ll gusto di “mandarli a casa”

INCHIESTA • Da Tangentopoli in poi, da oltre 25 anni gli italiani bocciano sistematicamente chi li governa 


di Vanni Raineri

A cosa servono le elezioni? A scegliere la nuova rappresentanza popolare che formi un governo? No. A mandare a casa chi ci governa. In fondo sbeffeggiare il potente di turno a noi italiani è sempre piaciuto un sacco. A rileggere la storia recente, il verdetto è unanime: a partire da Tangentopoli, gli italiani hanno sempre “mandato a casa” chi li aveva appena governati. Facciamo dunque l’excursus storico degli ultimi 5 lustri. 

5 aprile 1992
Si va al voto, e il quadripartito Dc-Psi-Psdi-Pli conferma la maggioranza assoluta dei seggi nelle due camere. L’Italia è abituata da decenni a scostamenti di voto minimi, tanto che l’aumento di uno 0,1% viene definito una grande vittoria. Presidente del Consiglio è Amato, poi gli succede Ciampi con una maggioranza allargata. Arriva Tangentopoli e la politica nazionale non sarà mai più la stessa. Anche perché cambia il sistema elettorale, con l’abbandono del proporzionale.

27 marzo 1994
Il Pci diventa Pds, la Dc diventa Partito Popolare. Ma gli italiani “pensionano” la vecchia maggioranza: il Polo delle Libertà va oltre ogni previsione e, trascinato da Forza Italia, ottiene un’ampia maggioranza, grazie anche al maggioritario. Presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi. L’alleanza con la Lega Nord però dura poco, e a capo di un governo tecnico sale Lamberto Dini. Si va al voto anticipato. 

21 aprile 1996
La Lega Nord abbandona il Polo per le Libertà, e a vincere è l’Ulivo capitanato da Romano Prodi, che diventa presidente del Consiglio anche se serve l’appoggio esterno di Rifondazione Comunista. Una maggioranza risicata che però durerà per l’intero mandato, anche se a Prodi succederanno D’Alema e poi Amato.

13 maggio 2001
Tra Berlusconi e Bossi torna il sereno, e gli italiani decidono per una nuova virata: la Casa delle Libertà ottiene un’ampia maggioranza in entrambe le camere. Si arriva fino a fine legislatura nonostante un rimpasto, ma Berlusconi rimane sempre a capo del governo.

9 aprile 2006
Gli italiani danno un nuovo benservito al centro-destra. Nonostante l’equilibrio nel conteggio, infatti, l’Ulivo (con l’appoggio di Rifondazione e altri partiti di sinistra) ottiene la maggioranza sia alla Camera che (per due soli seggi grazie al voto all’estero) al Senato. Romano Prodi torna a capo del governo, ma durerà solo due anni. 

13 aprile 2008
E puntualmente gli italiani mandano a casa Prodi. La sua Unione infatti viene largamente battuta dalla Casa delle Libertà, dove torna a crescere la Lega Nord. Il centro-destra ha la maggioranza in entrambe le camere, e Silvio Berlusconi torna a presiedere il Consiglio dei Ministri. Dopo tre anni e mezzo però la grave crisi del debito pubblico porta alle dimissioni di Berlusconi, con Mario Monti alla guida di un governo tecnico, ma non arriva a fine legislatura poiché lo stesso Berlusconi gli toglie l’appoggio. 

24 febbraio 2013
Nuovo cambio di rotta. Monti si presenta a capo di Scelta Civica ma non arriva al 10%. A vincere (di misura) è il centro-sinistra con leader Bersani, ma ottiene la maggioranza dei seggi solo alla Camera grazie al premio di maggioranza. Quanto al Senato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nomina 10 saggi per cercare una soluzione, che si trova con l’appoggio al Senato di una parte del centro- destra, favorito dalla nomina di Angelino Alfano a vice del nuovo capo del governo, Enrico Letta. Dopo neanche un anno, Letta viene sostituito da Matteo Renzi, il quale a sua volta lascia spazio a Paolo Gentiloni, sempre del Partito Democratico. Il gruppo di Alfano consente di mantenere la maggioranza al Senato.

4 marzo 2018
E puntualmente il Pd viene punito dagli italiani, che premiano il Movimento 5 Stelle con il 32% dei voti, e la coalizione di centro-destra, dove la Lega opera il sorpasso su Forza Italia, con il 37%. Chi sarà a capo del governo, ammesso che un accordo lo si trovi, è materia per il futuro. Chi riuscirà nell’impresa di andare al governo sappia, però, che gli italiani sono pronti a fargli mancare la sedia sotto i piedi. 

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