Camera di Commercio, Cremona sorella minore

IL CASO • All’accordo con Mantova (sede) si aggiunge Pavia (azienda speciale). A noi tocca la presidenza 


di Vanni raineri 
Della riforma Madia tesa a concentrare le Camere di Commercio sul Territorio nazionale ci siamo occupati poco più di un anno fa, quando si delineò l’accordo tra Cremona e Mantova, mentre Pavia, rimasta isolata per la scelta di Lodi di aggregarsi a Milano, chiedeva senza esito una deroga, non avendo i numeri per l’autonomia. Pavia che a quel punto chiese di entrare nell’unione del sud Lombardia. 
Ne parlammo con Giovanni Bozzini, presidente Cna, che torniamo a sentire ora che l’unione camerale a tre è pratica- mente cosa fatta. 
La riforma Madia del 2016 è rimasta ferma al momento dell’attuazione, un processo rallentato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale che nel dicembre scorso ha bocciato un articolo del decreto. Dalle Regioni nel frattempo sono piovute varie richieste, mentre il ministro Calenda è sempre rimasto fermo nel progetto di ridurre le Camere da 105 a 60. E alla fine un risultato almeno simile sembra possa essere ottenuto. In Lombardia da 13 diventeranno 7: oltre a Mantova-Cremona-Pavia, abbiamo Monza e Lodi aggregate a Milano e Lecco con Como, mentre Sondrio ha ottenuto l’autonomia per la particolare conformazione geografica. Restano sole anche Brescia, Bergamo e Varese. Come afferma la nota di alcune associazioni, le 15 che hanno lavorato all’accordo, l’unione che si va a formare nel Sud Lombardia è seconda per dimensioni solo alla Camera di Commercio meneghina, con dimensioni simili a quella bresciana.
Una di queste associazioni è proprio la Cna di Cremona. Torniamo dunque a Giovanni Bozzini, riannodando i fili dell’intervista del gennaio 2017. Dunque Bozzini, non è stato difficile prevedere che alla fine Pavia si sarebbe inserita.
«Sono sempre stato piuttosto critico su questi tipo di aggregazione: le realtà sono messe assieme senza continuità territoriale; per ottemperare alla norma si portano avanti mediazioni già difficoltose di per sé senza dovere essere allargate. Si è fatto un grande lavoro di concertazione, di non esclusione». 
L’accordo a tre prevede che a Mantova rimanga la sede, mentre Pavia avrà un’azienda speciale (prevista da una legge del 1993, si tratta di un organismo dotato di autonomia amministrativa e finanziaria, per promuovere settori particolari dell’economia locale) e a Cremona il presidente. Non si vede una gran equità.
«Se mi chiede se Cremona sia tutelata, purtroppo non lo è, perché i numeri fanno sì che la nostra provincia sia la più piccola e conseguentemente sarà la meno rappresentata sia in giunta che nel complesso».
L’accordo raggiunto con Mantova prevedeva la sede aperta a Crema. Ora è lecito nutrire dubbi, anche perché lo stesso trattamento potrebbe chiederlo ad esempio Vigevano.
«Confido che l’accordo di programma a suo tempo sottoscritto con Mantova tenga anche per il futuro, ma certo qualche dubbio rimane anche a me». 
A decidere sarà comunque la nuova giunta camerale.
«Spero che Cremona continui ad essere strategica per le altre due camere. Certo Pavia ha la sede molto lontana, e per la salvaguardia dell’operatività della Camera di Commercio si rifletterà sulle localizzazioni, e nulla è da escludere. Oggi si chiude un percorso controverso, importante è che prevalga la collaborazione per salvaguardare le proprie specificità, prefigurando una Camera di Commercio che abbia requisiti di funzionalità e vicinanza alle aziende fornendo servizi adeguati senza obbligare a spostamenti fisici». 
Il presidente cremonese è una soluzione temporanea, la sede a Mantova definitiva. 
«Io però mi metto nei panni delle aziende: dove ci si riunisce, alle imprese interessa poco. Interessa invece sapere dove sono i servizi che servono e come averli, quindi la funzionalità del sistema. Quanto alla presidenza, è toccata a Cremona nel gioco delle parti perché il momento è particolare. In futuro si vedrà, ma, ripeto, importante è che il servizio funzioni».

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