Dopo West Nile la legionella C’entra l’acqua? E cosa fare?

APPROFONDIMENTO • L’ad di Padania Acque Lanfranchi: «Eseguiamo analisi periodiche di qualità» 


di Benedetta Fornasari 
L’allarme legionella è scattato lo scorso 12 luglio a Bresso, in provincia di Milano, e ha causato in pochi giorni la morte di tre anziani. Il pericolo della malattia si è presentato nuovamente tra il 3 e il 7 settembre con il picco di polmoniti registrato nella Bassa bresciana orientale che ha interessato in modo particolare i Comuni di Carpenedolo, Montichiari, Remedello, Calvisano, Acquafredda, Desenzano, Isorella e Visano, ma anche alcune località del mantovano (Asola, Castiglione delle Stiviere, Canneto, Casalmoro, Guidizzolo, Porto Mantovano) e, in casi sporadici, del cremonese (Drizzona, Casalmaggiore e Ostiano). 
In Lombardia, dunque, cresce la preoccupazione per i circa 200 casi di polmonite batterica che nelle ultime settimane stanno colpendo la popolazione. L’origine dell’epidemia è in fase di accertamento, ma Regione Lombardia conferma due decessi per legionella e un caso sospetto. In attesa dei risultati delle indagini mediche e delle analisi effettuate dalle Autorità competenti, non è possibile individuare la natura dell’infezione che ha colpito un numero significativo di persone di qualsiasi età, in diverse condizioni di salute e non sempre residenti in aree geo- grafiche contigue. L’assessore lombardo al Welfare e Sanità Giulio Gallera ha dichiarato che l’epidemia è in calo e non deve generare allarmismo. Per quanto riguarda la particolare situazione riscontrata nella Bassa bresciana si ipotizza la presenza di un batterio nell’acqua del fiume Chiese che attraversa i paesi nei quali si sono registrate le numerose infezioni polmonari. Un’ipotesi da accertare e per la quale si impone la massima cautela.
Lo spettro della legionella - che ricordiamo essere provocata da un batterio che vive nell’acqua tra i 25 e i 45 gradi e si trasmette attraverso il vapore acqueo – pone diversi interrogativi relativamente alla risorsa idrica utilizzata quotidianamente per uso domestico, industriale e alimentare. I cittadini reclamano maggiore informazione in merito alla sicurezza dell’acqua distribuita attraverso la rete degli acquedotti. L’assessore Gallera ha tranquillizzato la popolazione e ha affermato che si può consumare l’acqua del rubinetto perché la legionella non si trasmette bevendo acqua o da persona a persona. Rassicurazioni in questo senso giungono anche da Padania Acque, gestore unico del Servizio Idrico Integrato della provincia di Cremona, e ATS Val Padana, che ribadiscono quanto dichiarato dall’assessore regionale. I due enti hanno inoltre aggiunto che «dalle frequenti e costanti analisi sia sulla rete di distribuzione idrica sia sui punti di prelievo (quindi in fase di consegna agli utenti), effettuate dal laboratorio analisi chimiche e micro- biologiche di Padania Acque - accreditato da ACCREDIA fin dal 1999 – e sottoposte alle verifiche e ai monitoraggi di ATS Val Padana, l’acqua è sempre risultata conforme a tutti i parametri di potabilità previsti dalla normativa di riferimento (il D.Lgs. 31/2001)». 

Abbiamo approfondito l’argomento con l’Amministratore delegato di Padania Acque S.p.A., Alessandro Lanfranchi. Quali misure o interventi di prevenzione vengono adottati dai gestori del servizio idrico, nello specifico da Padania Acque, per scongiurare il proliferare del batterio della legionella? 
«I Gestori del Servizio Idrico Integrato sono molto attenti alla qualità dell’acqua che distribuiscono, in particolare quando le utenze servite sono unità domestiche o collettive (scuole, ospedali, ecc.). Per il caso specifico del batterio della legionella ci comportiamo secondo le prassi usuali quindi, anche se la normativa non lo prevede, eseguiamo analisi periodiche e diffuse degli acquedotti, effettuiamo pulizie e disinfezioni della rete. È il caso di evidenziare che gli acquedotti gestiti correttamente non presentano rischi di proliferazione del batterio della legionella anche grazie alle basse temperature di esercizio e alla presenza di sistemi di disinfezione mediante raggi UV e clorazione». 

Può verificarsi che il batterio della legionella, eventualmente presente in un corso d’acqua naturale, arrivi a contaminare la rete dell’acquedotto? 
«Il batterio della legionella prolifica nei bacini idrici naturali e artificiali con temperature comprese tra i 25 e i 45°C. Al di sopra o al di sotto di questa soglia, non sopravvive. Si può annidare nelle acque sorgive, comprese quelle termali, nelle acque dolci come fiumi e laghi, ma anche nei fan- ghi. Non si può escludere che raggiunga le condotte, gli impianti idrici urbani pubblici come fontane, piscine oppure le tubature e gli impianti idro-sanitari delle abitazioni private, ma solo se le procedure di potabilizzazione e trattamento delle acque non sono applicate correttamente. I pozzi, per esempio, forniscono acqua a temperature costanti di circa 12/14°C, poi con l’attività di potabilizzazione la temperatura dell’acqua aumenta fino a raggiungere la soglia dei 25°C, senza superarla». 

La normativa italiana impone controlli specifici per il batterio della legionella? 
«Attualmente, il D.Lgs. 31/2001 non prevede il monitoraggio di questo microrganismo nelle acque destinate al consumo umano, ma probabilmente verrà introdotto con l’entrata in vigore della nuova Direttiva europea che dovrebbe essere approvata all’inizio del 2019. A scopo precauzionale, ATS Val Padana ha diffuso un vademecum di buone norme di comportamento e di prassi igieniche da adottare per il corretto utilizzo dell’acqua potabile».



Commenti