SALUTE • Per l’Ats di Brescia è colpa di alcune torri di raffreddamento, ma ci sono nuovi casi
di Federico pani
Lo hanno cercato sotto terra, nelle fontane, nei tubi che porta l’acqua nelle case, nell’acqua potabile: nulla da fare, nessuna traccia. Che provenisse da qualche ristagno, qualche ansa in secca del Chiese? Nemmeno. Alla fine, lo hanno trovato: il batterio della legionella si annidava in alcune torri di raffreddamento industriale, nove per la precisione, appartenenti a tre aziende della bassa bresciana a Carpenedolo, Calvisano e Montichiari. L’assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera ha dato l’annuncio: «I risultati dei campionamenti effettuati da Ats Brescia ci permettono di stabilire definitivamente che la causa non si trova nell’acqua degli acquedotti, bensì nelle torri di raffreddamento delle aziende. Tranquillizzo tutti cittadini sul fatto che possono continuare a bere e utilizzare in tutta tranquillità l’acqua della rete idrica».
Tutto risolto. No: un 57enne di Remedello, Comune della bassa bresciana colpito dall’epidemia è morto martedì all’ospedale di Pavia e una 92enne milanese è morta mercoledì al Niguarda di Milano, La diagnosi: legionella. Per ora i morti accertati sono dunque cinque nel plesso milanese e tre tra bassa bresciana e alto mantovano. La paura ricomincia a bussare alla porta. Del resto, sappiamo già molto, fin troppo sull’identikit del killer: il batterio in questione prolifera nell’acqua ed è un habitué dei mesi estivi: la sua temperatura ideale va dai 20 ai 50 gradi e, come tristemente molti hanno imparato, è un’infezione polmonare. Dunque, attacca le vie respiratorie. L’acqua da bere non c’entra.
Se non tutti i casi sono stati ancora imputati al batterio aerobio, una cosa è certa: il numero delle polmoniti di questi ultimi due mesi mette i brividi. Mentre scriviamo, si conteggiano in Lombardia già 625 casi. Nel 2017, i casi erano stati 633; nel 2016, 474; nel 2015, 491. Una crescita notevole, che ha portato un esperto del settore, Gianni Rezza, capo del dipartimento di malattie infettive ed epidemiologia all’Istituto Superiore di Sanità ad affermare che «Non sono riportati nella letteratura scientifica precedenti con caratteristiche così particolari». Un unicum, che mette angoscia anche perché i sintomi non sono molto diversi da quelli di una brutta influenza: so- lo, si presentano come ingravescenti, ovvero peggiorano col passare dei giorni.
Prevenire è meglio che curare, ma è difficile far credere che basti fare scorrere un po’ l’acqua di casa, se si è stati lontani qualche settimana, o stare alla larga dei getti nebulizzati d’acqua: «La diffusione epidemica – ci dice un medico di Cremona – fa pensare piuttosto a una contaminazione di natura ben più grave, che non dipende in alcun modo dalla rete idrica». Restano, poi, in questa vicenda, alcuni nodi da sciogliere: perché la legionella, che certo esiste in natura e sarebbe difficile da eradicare, sta mietendo però così tante vittime? E perché una crescita così notevole in questi anni? Perché proprio a Bresso e lungo le rive del Chiese? Nonostante qualche elemento in più, questo giallo di fine estate, di cui non si sentiva certo il bisogno, resta insomma ancora non del tutto risolto. Certo rimane un po’ avvilente dover ricordare che gli immigrati in questa faccenda non c’entrano proprio.
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