Lavoro tra precarietà, sommerso e morti bianche

C’è la ripresa, ma i dati nazionali e regionali mostrano un quadro inquietante 


di Vanni Raineri 
Il lavoro è in profonda trasformazione, e nonostante la lieve ripresa economica in corso restano nel nostro Paese alcune piaghe, in parte indotte dalle nuove leggi in parte non sufficientemente contrastate. 

TEMPO DETERMINATO La Cgil Lombardia ha svolto una interessante ricerca, che parte da prospettive di crescita che per la Lombardia sono meno positive, data la speciale propensione all’export. In merito alla disoccupazione, che nel 2007 era del 4,5% (in Italia del 6%), è stato fatto un parallelo tra la situazione nel 2013, anno tra i più critici da questo punto di vista, e il 2018. Sono stati calcolati il primo e il secondo trimestre dei due anni: in questi ultimi 5 anni la disoccupazione in Italia è rimasta pressoché stabile nel primo semestre mentre è calata nel secondo, dal 12,6% al 10,7%, nel Nord-Ovest dal 9,3% al 7,2%. La crescita del numero di occupati è concentrata nei servizi, ma bene si muove l’industria. Permane la crisi nell’edilizia. La crescita appare più sostenuta per gli uomini (+35mila, per le donne +19mila). Se aumenta l’occupazione, cala però quella a tempo indeterminato, e anche in modo vistoso. Infatti, se non si considera la tipologia del contratto, in Lombardia i nuovi posti sono stati 77mila nel 2015, 73mila nel 2016, 97mila nel 2017 e 77mila nel 2018, a mostrare una crescita costante. Nello stesso tempo però (sempre considerando i primi 6 mesi dell’anno) gli assunti in pianta stabile sono sta- ti 48mila meno nel 2015, 62mi- la, 78mila e 80mila sempre in meno negli anni successivi. Complessivamente, sono stati stipulati 289mila contratti a tempo determinato, 181mila in somministrazione e 58mila intermittente. 

LAVORO NERO Sul lavoro nero ha svolto recentemente una (come sempre) interessante ricerca Milena Gabanelli sul Corriere. Si calcola che nel 2017 il sommerso abbia toccato quota 19,5% del Pil, vale a dire che un quinto del prodotto lordo italiano deriva dal lavoro nero. Una constatazione che dovrebbe far pensare anche in vista della riforma sul reddito di cittadinanza. L’Inps stima in 11 miliardi di euro il sommerso relativo al solo lavoro dipendente, ed è facile stimare almeno in altrettanti miliardi il sommerso tra imprenditori e artigiani. L’intero giro d’affari dell’economia sommersa si attesterebbe in Italia attorno ai 320 miliardi. Il grosso problema è che contemporaneamente calano i controlli. La riforma del 2013 si sarebbe rivelata infatti un buco nell’acqua, soprattutto perché rende impossibili i controlli a sorpresa, favorendo anche la fuga di notizie: in certe aree l’arrivo degli ispettori (tra l’altro calati sensibilmente in numero) è cosa nota alcuni giorni prima che accada, con le conseguenze facilmente immaginabili. Inoltre, la tecnologia aiuta a raccogliere e incrociare i dati, ma il ministero non è in grado di gestirne il flusso. 

MORTI BIANCHE I caduti sul lavoro nel contempo aumentano. Un dato tragico che se ne infischia del numero di chi lavora: quello di chi ci muore, sul posto di lavoro, è in aumento. Ha suscitato scalpore martedì mattina la morte nel giro di un’ora di due lavoratori a distanza ravvicinata, nell’Oglio Po mantovano: un sinistro è accaduto a Pomponesco, l’altro a Piubega: un uomo schiacciato da una pressa, l’altro caduto da un carrello elevatore. L’Osservatorio Indipendente di Bologna sui morti del lavoro tiene la macabra conta: nell’intero 2017 i morti sul luogo di lavoro sono stati 634, dato che sale ad oltre 1350 se si conteggiano gli incidenti stradali legati al lavoro. Solo gli agricoltori schiacciati dal trattore sono stati 139. In questo 2018, quando mancano due mesi e mezzo alla fine dell’anno, i morti sul luogo di lavoro sono già 587 (129 schiacciati dal trattore), e altrettanti si stimano i lavoratori che hanno perso la vita sulla strada. Il che mostra un trend destinato ad accrescere i dati già enormi dello scorso anno. Di questi 587, 52 sono morti in Lombardia, e di questi 3 nella provincia di Cremona, e 8 in quella di Mantova. L’unica regione che piange più morti è il Veneto con 60. La provincia più colpita è Torino con 19 morti, davanti a Verona con 18 e Salerno con 17. 

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