Brugnoli, 40 anni di cinema in città

LA RICORRENZA • Dalle proiezioni all’aperto di via Oberdan all’Arena Giardino, dal Padus al Chaplin 


di Federico Pani 
Sinceramente, non se l’aspettava Giorgio Brugnoli di ricevere il premio Fedeltà al Cinema, consegnatogli nella sede Agis Lombardia dall’Anec (l’Associazione nazionale esercenti cinematografici), esattamente un mese fa: e dire che l’avventura cominciata 40 anni fa – un traguardo unico in città – è diventata la professione di una vita intera, attraversando la storia del cinema recente, dai carboni alle macchine a lampada al digitale. Ma anche la storia della città di Brugnoli, Cremona, a cui va il suo grande, inconfessabile affetto. 
Cominciò tutto nel 1979 con il Cinema all’aperto di via Oberdan insieme a Enrico Pighi; poi fu la volta della prima Arena Giardino, non distante dal Duomo. La svolta arrivò con il Cinema Padus: sala di commedie e film a luci rosse prima, fu rimessa a nuovo da Brugnoli e divenne il punto di riferimento di ogni proiezione studentesca (i millenials cremonesi sanno di cosa si parla), trasferendosi di fatto poi nei locali di via Fornaci con il nome di Cinema Chaplin. 
E naturalmente l’attuale Arena Giardino: «Durante l’amministrazione di Paolo Bodini, cercammo di dare una sede stabile al cinema all’aperto, recuperando una tradizione tutta cremonese: la città vantava, una volta, numerose strutture simili; quando vidi l’attuale area, capii che si sarebbe potuta trasformare nella scenografia perfetta: un’arena con lo sfondo di un’architettura industriale unica, a pochi passi dal centro della città; il cinema – per come lo intendo io – ha bisogno anche di questo». Impossibile anche solo menzionare i titoli di tutte le rassegne che hanno accompagnato gli spettatori in questi anni e che furono fin da subito un successo di pubblico. Se gliela si chiede, la prima proiezione in assoluto sfugge alla memoria di Brugnoli: «Erano i tempi di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, dei “Guerrieri della notte”; subito dopo, ricordo, facemmo una rassegna su Fassbinder e poi sul nuovo cinema inglese». 
Non che la temperie culturale che si respirava allora fosse così lontana da quella di oggi: «La crisi delle proiezioni a causa delle Tv commerciali (il paragone con oggi? Netflix, chiaro), le solite commedie, una vita culturale sonnacchiosa: ecco, noi cercammo di inserirci con un’offerta culturale di qualità». «È stato un percorso bel- lo e impegnativo – prosegue Brugnoli – che ha significato trovare proposte culturali sempre nuove, di valore e man- tenere con senso di responsabilità i locali per farlo»; nel dirlo, ringrazia e dedica il premio che ha ricevuto a tutti coloro che lo hanno finora affiancato nel suo lavoro. «Avrei auspicato, però, una collaborazione più fitta con le autorità cittadine a cui rinnovo la mia proposta: quella che stiamo facendo ora è resistenza civica, ma come può una monosala continuare a sostenersi, da sola? Il valore dell’arte cinematografica va riconosciuto e tutelato: non si può fare finta di niente. Perciò spero in una collaborazione ritrovata con le autorità e gli enti cittadini. Un teatro, per dire, con un suo cartellone di qualità, non ce la farebbe mai se non gli si fornissero le strutture necessarie per metterlo in scena: perché trattare una sala cinematografica diversamente?». 
Già, ma qual è il film preferito di Giorgio Brugnoli? «Sono due quelli che non mi stanco mai di rivedere: “C’era una volta in America” e “L’attimo fuggente”. Del film di Leone conservo un manifesto enorme, che tengo esposto; in realtà sono molti, tantissimi i manifesti originali dei film che conservo e chi è stato almeno una volta al Chaplin lo sa». 
Il sogno, ancora nel cassetto, è quello di inaugurare un Festival dedicato a Tognazzi, con giovani registi e attori emergenti. E poi, un Festival che parli di ambiente: «Cremona è una città inquinata e le future generazioni dovranno sempre di più confrontarsi, inevitabilmente, con questo tema».


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