«Il siluro una risorsa? No, un problema grave»

AMBIENTE • Il naturalista Sergio Mantovani risponde a Vitaliano Daolio che era intervenuto a “La vita in diretta” 


Pochi giorni fa Vitaliano Daolio, guida per la per la pesca sportiva sul Po e responsabile dell’Acquario del Po di Motta Baluffi, è intervenuto alla trasmissione di Rai1 “La vita in diretta”, in merito alla presenza del siluro nel nostro fiume maggiore. Daolio ha preso le difese di questo grande predatore originario dell’est europeo, così come ha fatto in altre occasioni. Sull’argomento abbiamo sentito il parere del naturalista Sergio Mantovani, giornalista cremonese, ricercatore ambientale e naturalistico: «Mi spiace doverlo contraddire – afferma Mantovani - considerato che è un amico, ma mi è d’obbligo farlo. Ne spiego le ragioni. Daolio, come altri pescatori, considera questa specie “demonizzata” e ne evidenzia le potenzialità in termini di richiamo per la pesca sportiva sul Po. Nel contempo, coglie l’occasione per ribadire che i veri problemi del Po sono ben altri. Su quest’ultimo punto si può essere almeno in parte d’accordo. Il Po, da parecchi decenni a questa parte, è stato massacrato: imbrigliato nelle orribili prismate, costretto in un letto angusto diversissimo da quello suo naturale, canalizzato, privato dei sedimenti dai cavatori che ne hanno abbassato l’alveo di diversi metri separandolo dalle sue lanche, inquinato dai reflui civili, industriali, agricoli, zootecnici e dalla plastica, drasticamente impoverito della vegetazione naturale che un tempo dimorava lungo le sue rive. Un vero disastro, non c’è che dire. Un disastro che si è consumato perlopiù in silenzio, senza che alcuna autorità politica e amministrativa cercasse di invertire la rotta. Rotta che solo in piccola parte si è modificata in modo non intenzionale da quando, grazie all’avvento dei depuratori, quanto meno la condizione dell’acqua è sensibilmente migliorata. Per tutti gli altri aspetti, però, il disastro rimane in tutta la sua grandezza. E i problemi potrebbero non essere finiti, perché c’è chi vorrebbe bacinizzare il Po costruendo diverse dighe, dando così il colpo finale all’ecosistema del fiume. Ha ragione quindi Daolio quando sottolinea che i problemi del Po sono gravi e molteplici. Tra questi però - e vengo al punto sul quale dissento decisamente dalla sua opinione - vi è anche quello della presenza del siluro e di tutto quel coacervo di ittiofauna alloctona che popola il Po e di cui il siluro è certamente il simbolo, oltre che la specie la cui presenza risulta indiscutibilmente più “ingombrante”. Daolio guarda al fiume prevalentemente secondo l’ottica del pescatore e considera il siluro come una risorsa; il naturalista e chiunque abbia a cuore la salvaguardia dell’integrità del nostro ambiente guarda al fiume come a un ecosistema che andava e va preservato da ogni minaccia, ivi compresa quella delle specie alloctone, il cui contributo a deteriorare l’ecosistema fluviale è stato - non a detta mia, ma di illustri ittiologi - determinante. E quando ci si riferisce alle specie ittiche alloctone, la cui biomassa nel Po è da tempo largamente preponderante rispetto a quella delle specie autoctone, non si può non richiamare la responsabilità gravissima dei pescatori - lato sensu e fatte le debite eccezioni - come ostinati artefici di questo disastro. Se il fiume trabocca di specie alloctone la responsabilità è soprattutto - non solo quindi, ma in modo largamente prevalente, direttamente o indirettamente - dei pescatori, che hanno scambiato spesso e volentieri i fiumi per un campo di gioco in cui cimentarsi con lenza e mulinelli. Con la complicità, magari, delle Province, competenti in materia di pesca e che hanno quanto meno ignorato il problema. Ma il fiume è un ecosistema prezioso, che andava preservato anche da questo scempio verosimilmente ormai irreversibile. Il Po non è una risorsa per fare quattrini con la pesca: è - o forse è meglio dire “era” - un ecosistema straordinario da conservare gelosamente anche nella sua componente faunistica e, segnatamente, nelle caratteristiche della sua ittiofauna. Fino agli anni ’70 le specie alloctone erano pochissime. Oggi, come i pescatori ben sanno, gran parte dei pesci del Po sono esotici: non solo il siluro, quindi, ma anche l’abramide, il rutilo, il barbo europeo, il carassio, solo per citare qualche esempio, sono specie comunissime assai più di molte altre autoctone un tempo comuni e oggi scomparse o divenute rare anche - certo non solo, ma “anche” - a causa della presenza di questo silenzioso esercito di invasori. Di cui non parla nessuno perché, diversamente dalla nutria, non fanno danni a qualche categoria produttiva. Ma dal punto di vista del danno arrecato all’ecosistema, il “peso” della tanto deprecata nutria non è nemmeno paragonabile a quello delle decine di specie ittiche esotiche che popolano i nostri fiumi. L’Italia è il Paese con la maggior percentuale di specie ittiche d’acqua dolce non autoctone, pari al 50% del totale. In provincia di Cremona nel 2011 erano state rilevate 23 specie esotiche contro 29 autoctone, ma ora il numero delle esotiche è senz’altro aumentato. 
Lo scempio che si è commesso, anche con l’immissione del siluro, non è tale solo dal punto di vista faunistico, se è vero che un fiume e un ecosistema sono parte anche della storia e della cultura di un luogo. Uno scempio a tutto tondo, dunque, commesso per superficialità e con la scusa del divertimento. Un segno anche questo, tra i tanti certo, ma forse neppure piccolo, del pauroso scadimento culturale della nostra società».



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