La politica al tempo dei social

MEDIA • Le elezioni mai così legate al web: la svolta digitale e il compromesso con la deontologia


di Vanni Raineri 

“Politica, informazione e consenso nella Terza Repubblica: la svolta digitale e la deontologia dei giornalisti”. Era questo il titolo di uno dei tanti corsi di formazione professionale che i giornalisti (come tutti gli iscritti agli Ordini) sono tenuti a seguire periodicamente. Uno di questi si è tenuto mercoledì nella Sala Quadri di Palazzo Comunale a Cremona, ed è stato particolarmente interessante. Sono intervenuti il presidente dell'Ordine deo Giornalisti e giornalista del Sole 24 Ore Alessandro Galimberti, da sempre sensibile sul tema del rapporto tra giornalismo e web, Alessandro Cederle dell’Eco della Stampa (azienda ultracentenaria che monitora i media italiani) e Marco Marturano, esperto di comunicazione. Dopo il benvenuto da parte dell’assessore Barbara Manfredini, Cederle ha presentato l’esito di un’interessantissima ricerca su come la stampa e i social stanno trattando le elezioni europee, dal titolo “Le parole dei politici, le parole sui politici attraverso la “intelligence” dei media”. Ovvero come le parole associate dai media ai politici possono rivelare messaggi. Ovviamente il tutto sullo sfondo di una comunicazione che il web, e in particolare l’uso dei social ha profondamente trasformato: "Prima il pubblico, ha affermato Cederle, ascoltava attraverso gli intermediari (i media tradizionale ndr) oggi invece i soggetti ascoltano e vogliono intervenire in sintonia e senza mediatori". 
La ricerca, recentissima, siè svolta dal 29 aprile all’8 maggio sulle testate tradizionali, sui canali radio e tv nazionali, su 20mila siti web e sui social più seguiti dai principali leaders politici, cioé Facebook e Twitter. Vediamo alcuni dei risultati più significativi, a partire dal numero di citazioni: Di Maio ne ha avute 10mila su stampa e web, 2600 in radio e tv, mentre Salvini rispettivamente 6500 e 1700, quindi molte meno. A seguire, Berlusconi (2800 e 1000), Zingaretti, Meloni e Renzi. Vediamo quali parole sono spesso associate ai politici. Per Di Maio sono nell’ordine: Salvini, Siri, Lega, Conte e sottosegretario. Per Salvini Lega, ministro, Italia, governo e presidente. Per Berlusconi governo, presidente, San Raffaele, Milano e leader. Per Zingaretti segretario, Roma, governo, Lazio e Salvini. Vediamo invece le parole abbinate al nome dei leaders (non quindi da lui pronunciate ma solo collegate): spopola l’abbinata Di Maio-Siri con 6000 episodi, mentre Salvini- Siri è ferma a 1500. L’abbinata Di Maio-crisi è a quota 2800, Salvini-crisi a 900. «Sui media nazionali la campagna di Di Maio ha ricevuto molta più attenzione rispetto a quella di Salvini» ha annotato Cederle, ma il panorama cambia spostando il focus sui social. Solo Trump nel mondo tra i politici è più presente di Salvini su Facebook. Quanti sono gli engagement (vale a dire le volte in cui si registra una reazione della gente)? Per Salvini 4 milioni e 425mila, per Di Maio 687mila. Un abisso. Un’altra annotazione curiosa: «I media preferiscono parlare dei candidati che non appoggiano. Ovvio se si considera che il traffico aumenta se si parla male di qualcuno e non bene. Un atteggiamento che dai social tracima ai media nazionali, tv comprese». Il presidente Galimberti ha rimarcato il ruolo deontologico dei giornalisti, ancor più dopo la svolta digitale dell’ultimo decennio: «I giornali fatti come avviene oggi non si capisce a cosa servano. Ancor più devono puntare su inchieste e approfondimenti, non limitarsi a fare pastoni politici come spesso avviene, ma domandarsi cosa c’è dietro ai diversi fenomeni. Ad esempio: dietro il fenomeno migratorio cosa c’è? Cosa c’é prima, e cioé perché si scatena? E cosa c’è dopo, cioé chi gestisce il traffico? Questo è il ruolo dei giornali. I giornalisti hanno invece abdicato al loro ruolo» Alcuni esempi: «La Tav si farà perché si tratta di un trattato internazionale più volte ribadito, ma se la intesterà chi la appoggia oggi, non chi firmò il trattato». E ancora: «La Milano di oggi tanto celebrata non deriva dagli ultimi sindaci, ma dal piano del 1997 di Albertini. Una storia che andrebbe raccontata, ma chi lo fa?». Dal canto suo Marturano ha illustrato la sorta di imbuto che rappresenta il meccanismo della “ritenzione informativa”: si parte da quel che vuoi comunicare per andare a quello che realmente comunichi, poi al percepito, al compreso e infine al trattenuto: solo il 5% di quanto si vuole comunicare è percepito dall’utilizzatore finale. Un esempio ancora su Salvini: «E’ risultato il più assente in europarlamento, e oggi lo si accusa di essere assente al Ministero, ma lui sa comunicare in tempo reale selezionando i luoghi. Ad esempio se è in Sardegna il suo post arriva solo in quella regione, mentre a Milano nello stesso momento arrivano post differenti, grazie alle geolocalizzazioni. Lui usa bene gli spazi concessi dalle nuove tecnologie, come fanno anche altri». Alla fine, un vademecum per i giornalisti ma non solo per addetti del settore: può servire anche ai cittadini per rendersi conto delle dinamiche e dei pericoli di un’informazione distorta, o perlomeno controllata. 




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