Autonomia, patata bollente, le scuse, le pretese e i rischi

POLITICA • Lega e 5 Stelle in rotta: si fa in salita il percorso, mentre il Paese rischia di spaccarsi davvero 


VANNI RAINERI 
I timori che già avevamo manifestato in passato si sono concretizzati: il dibattito sull’autonomia procede per slogan e rischia di frantumare non solo i rapporti tra le forze politiche ma proprio tra le diverse parti del Paese, il che potrebbe avere conseguenze molto gravi. Questo perché il tema non è più una bandiera della vecchia Lega Nord (che spesso la estremizzava fino all’ambizione separatista) ma è stato assorbito da gran parte dell’elettorato delle regioni settentrionali. La tensione tra Lega e Movimento 5 Stelle si è oggi concentrata su questo fronte, tanto che non è facile intravedere una via d’uscita. 
IL TEMA 
L’art. 5 della Costituzione indica che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Sull’argomento è intervenuta la legge costituzionale del 2001 (che nasce dal decreto Bassanini, Pd) che prevede ulteriori forme di autonomia nell’ambito di 23 materie dette concorrenti 
(cioé che possono essere svolte sia dallo Stato che dalle Regioni): su iniziativa della Regione interessata, dopo intesa con lo Stato, la legge deve essere approvata dalle Ca- mere a maggioranza assoluta. 
CONTE, NON SOLO TAV 
Martedì 23 il premier ha annunciato la sua posizione a favore della realizzazione del Tav in un messaggio video da Palazzo Chigi. «Non realizzare il Tav costerebbe molto più che completarlo» ha detto Conte, che poi ha subito aggiunto: «Dico questo pensando all’interesse nazionale, che è l’unica ed esclusiva stella polare che guida e sempre guiderà questo governo». Una coda che pare fatta apposta per tranquillizzare i 5 Stelle sull’altro tema delicato. 
NORD COMPATTO 
Già i referendum ottennero un risultato consistente. In Veneto addirittura la maggioranza assoluta vi partecipò, in Lombardia poco meno del 40% (oltre 3 milioni di elettori), ma si consideri che si trattava qui di un referendum solo consultivo, con parecchie forze politiche che avevano invitato all’astensione per inutilità. Il sì stravinse con oltre il 95%. Oggi le varie istituzioni regionali sembrano concordi sulla bontà di seguire la strada del decentramento, con l’unica eccezione della Cgil. 
LA REAZIONE DEL SUD 
Non del tutto attesa era la reazione del sud, che ha trovato il suo manifesto nel Quotidiano del Sud, in edicola da pochi mesi, fondato e diretto da Roberto Napoletano, già direttore del Sole 24 Ore prima del dissesto economico che ha portato al divorzio e al processo a carico di Napoletano e altri che inizierà in settembre. Questo quotidiano conduce una battaglia costante contro un processo che non chiama di autonomia bensì “spacca Italia”: il succo è che il nord, dopo aver drenato risorse del Meridione, ora per puro egoismo vuole tenersi la ricchezza accumulata. 
AMMINISTRATORI DEL SUD 
L’obiettivo dell’autonomia differenziata (detta così perché le diverse regioni possono occuparsi anche di alcune delle 23 materie elencate) è quella di responsabilizzare le regioni. Funziona così: lo Stato cede a una regione la gestione di una materia, e nel contempo le lascia le risorse spese in passato. Se la regione riesce a spendere meno, magari svolgendo un servizio migliore, si tiene la differenza potendola in- vestire nello stesso setto- re o in altri. Si può capire che gli amministratori di regioni poco virtuose si oppongano a un processo che evidenzierà i loro li- miti, e per questo cercano di trascinare nell’opposizione al progetto i cittadini. 

IL RUOLO DEL PARLAMENTO 
La legge dice che le due camere approvano l’accordo tra Stato e regioni, ma tra i paletti messi dal M5S c’è la possibilità del Parlamento di modificare l’accordo. La critica è che si tratti di un espediente per affossare la riforma: se una singola camera potesse modificare un singolo passaggio dell’accordo con una singola regione, il nostro sistema bicamerale di fatto protrarrebbe la discussione all’infinito. 

IL MOVIMENTO 5 STELLE 
Tutti i partiti sono com- battuti sull’atteggiamento da tenere. Curiosamente, il M5S fu tra i promotori dei referendum di Veneto e Lombardia. Prima delle elezioni chiedemmo a Danilo Toninelli proprio se non ci fosse il rischio che un partito come il suo che, stando alle previsioni poi confermate, avesse eletto gran parte dei parlamentari del sud, non cambiasse posizione sul tema. Toninelli negò, ma di fatto è quel che è accaduto. 

PD, FORZA ITALIA E ALTRI 
Pure il Pd si trova in una posizione scomoda: difficile fare opposizione dura a una riforma che porta la sua firma. Ma in tutti i partiti inizia a delinearsi un contrasto derivante dalla provenienza geografica: anche in Forza Italia e Fratelli d’Italia i politici settentrionali sono a favore dell’autonomia, mentre i loro colleghi meridionali molto meno. 

LA LEGA 
E pure la Lega è in forte difficoltà, soprattutto Salvini, che non a caso non si sbilancia più di tanto, conscio com’è che una sua posizione intransigente gli farebbe perdere credibilità nel sud appena conquistato. Salvini teme che la reazione del nord porti a una frattura che nel suo partito sarebbe più devastante che negli altri. E sa bene che, nel caso di voto anticipato, quello dell’autonomia sarebbe il tema col quale si combatterà la battaglia che oppone le due parti del Paese. 

LE TROPPE PRETESE 
C’è da dire che soprattutto il Veneto ha fatto dell’autonomia una battaglia finalizzata a mantenere in Regione gran parte delle risorse. E’ giusto che lo Stato su questo metta dei paletti ben fissati: la necessità di perequazione tra le regioni (meglio non parlare di solidarietà, un termine che implica un atto volontario) non si discute, a patto ovviamente che sia finalizzata al superamento di grosse sacche di inefficienza. Chi dice che la soluzione migliore è quella parziale prospettata dall’Emilia Romagna (che chiede la gestione di 15 materie) dimentica però che è la stessa Costituzione ad elencare le 23 materie concorrenti. Si consideri anche che lo Stato conserva sempre la possibilità in futuro di interrompere l’accordo se ritenesse a repentaglio principi costituzionali. 

LA SCUOLA 
Sul tema della scuola c’è stato il primo strappo. Le regioni del nord vogliono porre fine al sistema degli insegnanti assunti dal sud che dopo pochi giorni chiedono il trasferimento per i motivi più disparati. Nello stesso tempo è legittimo difendere la pianificazione nazionale dell’insegnamento scolastico. Per ora non è passata l’assunzione diretta dei docenti. 

IL NODO FISCALE 
Il vero nodo è ovviamente legato alle risorse. L’obiettivo dell’autonomia è far sì che chi ben amministra possa utilizzare il risparmio per crescere. Il M5S però si oppone: l’eventuale risparmio deve essere destinato alle regioni arretrate. Chiaro che se passa l’idea che chi risparmia devolve il frutto dello sforzo a chi non ci riesce, la strada è sbarrata. 

COSA ACCADRA’? 
Serve chiarezza sugli obiettivi. Fraccaro dice che l’autonomia deve unire. Non può essere questo il fine, sarebbe una contraddizione di termini, l’obiettivo è quello di responsabilizzare chi spreca e premiare chi ben amministra, creando un circolo virtuoso. In pratica, far scattare il meccanismo di efficienza nel quadro di unità nazionale. Per fare un esempio, il turismo è materia concorrente, ma è evidente che l’Italia non può proporsi sul mercato mondiale con 20 diverse promozioni regionali, magari in concorrenza tra loro. La diffidenza che si sta creando al sud mina il progetto, mentre la condivisione nel nord rischia di creare una pericolosa spaccatura. Servirebbe grande responsabilità da parte di chi è chiamato a decidere, che però muove solo per motivi di consenso. Si va verso la rinuncia alla firma dei presidenti regionali di Veneto e Lombardia, con esiti imprevedibili.



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