¡Fidel, seguro! ¡A los Yanquis, dales duro!

LA STORIA • La conquista del potere 60 anni fa al fianco di Che Guevara con la fuga di Batista e la lotta all’imperialismo Usa 

Fidel Castro

francesco agostino poli 
Per coloro che appartengono alla mia generazione, la figura di Fidel Castro, potente e assai significativa, pur con le contraddizioni e le ambiguità che, comunque, un certo Karl Marx riteneva fossero proprie della persona umana, Castro, dicevo, è stato presente nel nostro immaginario anche attraverso le canzoni: da “Field Commander” di Leonard Cohen, a “Qua viva Fidel”, passando per “Gracias Fidel” di Carlos Puebla. 
Le canzoni hanno contribuito a creare un simbolo, un mito, così come per il suo compagno Ernesto “Che” Guevara, altra figura leggendaria con cui i rapporti furono forti, complessi, e, anche qui, contraddittori. 
Fidel Alejandro Castro Ruz, nato nel 1926, scomparso nel 2016, ha governato Cuba dal 1959 al 2008. Il 2 gennaio 1959, mentre Camilo Cienfuegos e Ernesto Guevara conducevano le loro colonne a L’Avana, Castro entrò a Santiago, accettando la resa della caserma di Moncada: con un discorso chiamò all’indipendenza, chiese giustizia contro gli abusi dei diritti umani e annunciò un’era migliore per i diritti delle donne. Lo accolse una folla festante: ma cerchiamo di capire in che contesto si svolsero questi avvenimenti. Dopo la sconfitta della Spagna nella guerra ispano-americana del 1898-99, Cuba si era liberata del dominio spagnolo e agli inizi del Novecento era diventata una repubblica formalmente indipendente, ma di fatto sottoposta allo stretto controllo degli Stati Uniti, che presto ne
dominarono l’economia. Il paese, preda di una cronica instabilità politica, subì la dittatura, a partire dal 1924, del generale Gerardo Machado, crollata nel 1933. Negli anni successivi emerse come uomo forte il sergente Fulgencio Batista, deciso a promuovere gli interessi dell’oligarchia dominante e degli Stati Uniti. Batista era intimamente legato a elementi del gangsterismo Usa, come Meyer Lansky Luigi Trafficante Jr. I suoi primi contatti con la mafia risalivano al 1933, quando si autoproclamò colonnello e gli si avvicinarono Charles “Lucky” Luciano e Trafficante senior. Il mondo del gioco, estremamente redditizio, era controllato da Lansky, numero due della mafia Usa, che “aveva creato per il dittatore Batista l’organizzazione dei giochi dell’Avana”, secondo il quotidiano francese Le Monde. Presidente nel 1940, sconfitto nel 1944 alle elezioni, Batista andò in esilio, ma tornò al potere nel 1952 in seguito a un colpo di Stato, con cui stabilì una dittatura corrotta e oppressiva. Tale dittatura portò al formarsi di un’opposizione nella quale andarono a convergere lavoratori, gruppi di professionisti e intellettuali, esponenti del Partito Comunista. Emergeva un giovane avvocato Fidel Castro allora su posizioni democratiche e radicali, il quale, messosi a capo di un gruppo di guerriglieri, il 26 luglio 1953 tentò un attacco alla caserma Moncada di Santiago; l’attacco fallì e Castro fu arrestato. Oratore eccezionale, nel corso del suo processo egli espresse i suoi ideali, divenendo l’idolo degli oppositori al regime di Batista. Liberato in seguito a un’amnistia, Castro si rifugiò in Messico, dove, con un pugno di compagni, si preparò al ritorno in patria per riprendere la lotta. A loro si unì il medico argentino Ernesto Guevara (detto il Che). Sbarcati a Cuba nel 1956, Castro e i suoi compagni diedero inizio ad azioni di guerriglia, andando però incontro a una dura repressione da parte delle truppe di Batista, in seguito alla quale i castristi si rifugiarono nella Sierra Maestra. Castro a quel punto si rese conto che occorreva ampliare le basi sociali della rivoluzione: bisognava far leva sulle masse dei contadini poveri. La guerriglia si allargò e il consenso crebbe, ponendo così il presupposto della vittoria. Secondo l’economista britannico Dudley Seers, a Cuba, nel 1958, la situazione era “intollerabile”. “Ciò che era intollerabile, era un tasso di disoccupazione tre volte più alto che negli Usa. Dall’altro lato, in campagna, le condizioni sociali erano pessime. Circa un terzo della nazione viveva nella sporcizia, mangiando riso, fagioli, banane e ortaggi (raramente carne, pesce, uova o latte), vivendo in baracche, spesso senza elettricità o servizi igienici, vittima di malattie parassitarie e non erano beneficiari d’un servizio sanitario. Gli veniva negata l’istruzione (i figli andavano a scuola un anno al massimo). La situazione dei precari, installati in capanne provvisorie nelle terre collettive, era particolarmente difficile [...]. Una percentuale significativa della popolazione urbana era anche molto miserabile”. Nel gennaio 1959 L’Avana insorse e Batista si diede alla fuga. Una volta al potere, Castro avviò riforme dirette a stroncare il dominio delle oligarchie interne e a porre su basi nuove i rapporti con gli Stati Uniti, che avevano fatto forti investimenti nell’isola. Fu messa in atto la riforma agraria e le imprese straniere vennero nazionalizzate. La reazione degli Usa fu molto aspra, e si concretizzò nel sostenere le forze di opposizione a Castro, spingendo quest’ultimo a cercare l’appoggio dell’Unione Sovietica, con cui, nel 1959-60 vennero firmati accordi commerciali. Si giunse, nel gennaio 1961, alla rottura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, e Cuba fu proclamata Repubblica socialista. Gli Usa, considerando Castro una minaccia, misero in atto - era presidente John F. Kennedy - un tentativo per abbatterlo: nell’aprile del 1961, forze composte da esuli cubani armati dagli statunitensi sbarcarono a Cuba, nella Baia dei Porci, ma vennero sconfitte dalle milizie castriste. L’esito fu di spostare definitivamente Cuba nel campo comunista e di indurre Castro ad assumere come proprio compito la lotta contro l’imperialismo statunitense in America Latina. Il regime castrista era ormai consolidato e la Rivoluzione cubana aveva assunto le caratteristiche che avrebbero segnato in futuro la vita di Cuba. La vocazione internazionalista si sostanziò nel sostegno ai movimenti rivoluzionari dell’Africa e dell’America Latina: valga per tutti il suo rapporto di stima e di amicizia con il presidente socialista cileno Salvador Allende, liberamente eletto, rovesciato da un golpe di ispirazione fascista l’11 settembre 1971 con un’operazione sostenuta e finanziata dagli Usa. Nel luglio del 1961, a Cuba si formarono le Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate (Ori), dall’unione del “Movimento del 26 di luglio” di Fidel Castro con i socialisti del “Partito Socialista popolare” di Blas Roca e il “Direttivo Rivoluzionario 13 marzo” di Faure Chomón. Il 26 marzo l’Ori divenne il “Partito Unito della Rivoluzione Socialista cubana” (Pursc), che a sua volta si trasformò nel Partito Comunista di Cuba il 3 ottobre 1965, con Fidel Castro Ruz come primo segretario. Negli anni successivi, la vita di Cuba non fu facile: il Paese comunque avanzò sul piano del miglioramento delle condizioni di vita delle persone (la sanità pubblica cubana è tuttora considerata tra le migliori, se non la migliore del mondo), ma l’embargo Usa e il sentirsi sotto assedio portarono alla compressione dei diritti politici ed alla penuria di molti generi. Un’esperienza varia, contraddittoria, come è la vita umana, che ha comunque dato dignità di popolo e di nazione ai cubani, sottraendola a quella dimensione raccapricciante che qualcuno ha definito come il “postribolo degli Usa”. Fidel Castro, malato, lasciò la presidenza nel 2008: “Sarebbe tradita la mia coscienza se assumessi una responsabilità che richiede mobilità e devozione totale, che non sono in condizioni fisiche da offrire”. Luci ed ombre, molte, ma all’interno di una proposta politica volta alla liberazione ed alla dignità dei popoli. Per i giovani, ed anche i meno giovani, progressisti di tutto il mondo, Fidel e i Che divennero miti: risuonava nelle piazze il grido “¡Fidel, seguro! ¡A los Yanquis, dales duro!”.

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