Internet, tutte le insidie per non cadere nella rete


TECNOLOGIA • Interessante incontro con l’avvocato Federica De Stefani, esperta del settore


VANNI RAINERI 
Avvocato iscritto all’Ordine dal 2001, Federica De Stefani è specializzata in tema di privacy, tutela dei dati personali e diritto delle nuove tecnologie. Un settore più che mai sensibile per una larghissima fascia della popolazione ma non ancora ben conosciuto. Anzi, che deve in gran parte ancora essere regolato e per questo presenta ostacoli, tranelli, incognite di cui, per praticità, i cittadini preferiscono non tenere conto. Sbagliando. Di questo l’avvocato mantovano (accompagnato dal marito Filippo Moreschi, a sua volta presidente del club Mantova San Giorgio) ha parlato mercoledì sera presso l’Agriturismo Fortuna di Pozzo Baronzio, ospite del Rotary Club Piadena Oglio Chiese. L’ha introdotta il presidente Gianfranco Tripodi, che, da avvocato, ha sottolineato subito le insidie che spesso sfuggono a tutti noi utenti. 
«Quando si dice che internet è pericoloso – ha esordito la dottoressa De Stefani – mi viene da ridere. E’ uno strumento, molto intuitivo, e serve conoscerne le regole per non cadere in errori, sia pure in buona fede. Fino a qualche settimana fa si sosteneva che Facebook fosse gratis e lo sarebbe stato per sempre. Non è vero: i nostri dati vengono venduti e monetizzati. Altra cosa che si crede è che i post si possano cancellare. Quando ho pubblicato qualcosa devo sapere che non si potrà cancellare, poiché quel post potrà essere trasmesso a un numero imprecisato di server, con backup e condivisioni. La cancellazione potrà essere relativa al solo primo luogo in cui era stato pubblicato». 
Federica De Stefani, autrice di diversi testi e relatrice in parecchi convegni in materia (tra cui anche un intervento alla Camera dei Deputati), ha fatto un paio di esempi. Il primo riguarda Fedez, che nell’edizione di X Factor di due anni fa postò su Instagram un selfie accanto a Levante: 
«La sua allora compagna Chiara Ferragni non apprezzò, e la foto venne cancellata, ma se la cercate su Google la trovate tranquillamente». 
L’altro esempio riguarda il calcio: «Nella semifinale di Tim Cup Higuain segnò due gol per la Juve contro il Napoli (che poi vinse 3-2), e il fratello fece un tweet contro il presidente campano De Laurentiis. Poi lo cancellò subito, ma in internet quel post esiste ancora. Tecnicamente, quanto viene pubblicato non si può cancellare in senso assoluto. Purtroppo nessuno legge mai le condizioni di utilizzo, tra le quali è anche previsto che i minorenni devono essere autorizzati da entrambi i genitori». 
E allora il diritto all’oblio? 
«Poniamo il caso che io sia indagato e poi assolto: ho il diritto di non avere danni da una notizia non aggiornata, ma posso solo ottenere che quella notizia sia deindicizzata, cioé perda posizioni nei motori di ricerca». 
Quindi un esempio che l’ha riguardata direttamente: 
«Mi è capitato di ricevere su WhatsApp il risultato diagnostico da parte di uno specialista medico: questo non va bene. Ora è operativo il gdpr (il regolamento generale sulla protezione dei dati, ndr) che ha cercato di dare una normativa europea: in Italia il decreto legge 101 ha dato attuazione al gdpr, poi è arrivata la proroga e attendiamo le mosse del nuovo governo». Un altro esempio è servito per chiarire quanto il diritto alla tutela dei dati sia sottovalutato: «Io sono socia di una neonata squadra di volley, siamo tutti avvocati pur senza occuparci tutti di privacy. La settimana scorsa ho deciso di bloccare il gruppo WhatsApp perché conteneva informazioni sensibili: ad esempio le convocazioni sono dati personali, e il loro trattamento illecito comporta sanzioni che possono arrivare a 20 milioni di euro, ma tutto questo è ignoto. Chiuso il gruppo, siamo stati persino insultati per l’eccessiva cautela. Purtroppo continuiamo a utilizzare i social con leggerezza». Un altro esempio personale: «Nelle elementari di mio figlio è arrivata una bambina, ma nel gruppo sua mamma voleva partecipare. Il suo numero telefonico è stato inserito in una chat e tolto subito. Mamma e figlia sono spariti: abbiamo poi saputo che si trattava di una famiglia sottoposta a protezione. E co, non possiamo dare per scontato tutto: ci sono situazioni che possiamo non conoscere. Se cedo ad altri il numero di una persone, non significa che questo possa circolare, lo stesso vale per le mail: è un reato inoltrarle senza consenso, ricordiamo che la posta elettronica è equiparata a quella tradizionale». 
Il motivo di tanta leggerezza? 
«La normativa è arrivata quando lo strumento era già universale, ma il mondo virtuale non è uguale al mondo reale: là decido io che immagine e informazioni dare». 
Altro avviso ai naviganti: «Gli unici cookie che servono ai siti sono quelli tecnici, gli altri no». Anche le app sfruttano le informazioni acquisite: 
«Pensiamo alle PlayStation, o a alle app che monitorano i nostri spostamenti o i nostri acquisti. In Usa addirittura Amazon go (vendita al dettaglio) detiene le abitudini alimentari delle persone, che possono essere fonte di studio o di incrocio con altri dati per pubblicità targettizzate». 
Cambierà? 
«Certo. Oggi i siti a norma sono pochi, ma arriverà il momento delle sanzioni, e allora tanti diranno di non sapere. Questa è una svolta epocale che impatta nella vita di tutti i giorni».

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