A Chicago le radici del Primo Maggio

LA RICORRENZA • Nel 1867 una grande manifestazione di lavoratori, nel 1886 gli scontri, poi divenne data fissa

Vanni Raineri
Come avvenuto in occasione del 25 aprile, anche per la ricorrenza del Primo maggio non sarà possibile ritrovarsi in piazza a festeggiare. Rispetto alla festività di sabato scorso, quella odierna coinvolge molti paesi del mondo, e trae origine da un tragico episodio non a tutti conosciuto, accaduto 134 anni fa al di là dell’oceano.
Per il 1° maggio del 1886 i sindacati organizzarono a Chicago uno sciopero per rivendicare la giornata lavorativa di 8 ore: una rivoluzione stante le precarie condizioni lavorative degli operai di allora. Due giorni dopo ci furono scontri con la polizia, che provocarono due morti e molti feriti. Ai lavoratori il giorno successivo, 4 maggio, in piazza Haymarket si unirono gli anarchici, e la situazione degenerò. Difficile stabilire le reali responsabilità, di certo alla base c’erano i rapporti molto conflittuali tra gli imprenditori e gli operai. Capitò che una persona non identificata lanciò una bomba su alcuni agenti di polizia. Uno di questi morì, e nel caos che si generò perirono altri 6 poliziotti e un buon numero di civili. Otto lavoratori anarchici furono processati e condannati a morte, ma successivamente si scoprì che erano innocenti. Cinque di loro effettivamente morirono, tra questi August Spies, che prima di essere giustiziato urlò verso la folla: «Verrà il giorno in cui il nostro silenzio sarà più forte delle voci che strangolate oggi».
La proposta delle 8 ore lavorative era stata lanciata 20 anni prima, nel 1866 a Ginevra, in occasione della Prima Internazionale dei lavoratori. Negli Usa quell’anno fu l’Illinois (la cui capitale è appunto Chicago) ad introdurla per legge, ma con vincoli tali che la rendevano di fatto inapplicabile. L’entrata in vigore era prevista per l’anno successivo, proprio il 1° maggio 1867, quando ci fu una grande manifestazione di lavoratori: si racconta che fu il più grande corteo mai visto a Chicago prima di allora. Dopo anni di inutile attesa, venne indicato il 1° maggio 1886 come data limite per l’applicazione effettiva della legge di 8 ore.
Fu qualche anno più tardi però che si stabilì il Primo maggio come data in cui i lavoratori di tutto il mondo avrebbero chiesto l’applicazione delle 8 ore. L’idea venne nel luglio 1889 a Parigi, in occasione della festa del Centenario della Rivoluzione: qualche mese prima era stata inaugurata la Tour Eiffel. Di conseguenza, la prima volta che si celebrò nel mondo la Festa dei Lavoratori (in realtà un’astensione dal lavoro) fu il 1° maggio 1890.
La mobilitazione riguardò anche l’Italia. Così recitava uno dei manifesti affissi in quel 1890: “Lavoratori, ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l’Internazionale!”.
I governi di allora naturalmente non furono morbidi coi lavoratori che incrociavano le braccia. Come in Italia, dove il primo ministro Francesco Crispi usò la mano pesante, proibendo qualsiasi manifestazione. Mancava un partito di riferimento che si preoccupasse di organizzare la mobilitazione, ma sorprendentemente la manifestazione anche in Italia ebbe successo, tanto da decidere di replicarla ogni anno lo stesso giorno, il Primo Maggio. Si può dire che scattò allora una nuova consapevolezza nei lavoratori, e una condivisione che travalicava i confini nazionali. Un esito che influì moltissimo sulle vicende politiche dei decenni successivi.
Naturalmente l’obiettivo col tempo non furono tanto le 8 ore (vennero introdotte solo alla vigilia del fascismo), ma in generale le condizioni di lavoro e anche rivendicazioni politiche e sociali: gli anni di fine Ottocento furono durissimi per le fasce più povere della popolazione. E così si protestò per rivendicare il suffragio universale, per protestare contro l’impresa libica, per opporsi all’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
La festa del 1° maggio è sospesa dal fascismo, che sposta la festa del lavoro al 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma. Ma per i lavoratori la vera festa è quella di 10 giorni più tardi: non possono celebrarla se non con simboli e in gruppetti limitati, un’espressione di opposizione al regime di Mussolini. Si dovrà attendere 25 anni per tornare a fare festa sotto il sole: accadrà già il 1° maggio 1945, pochi giorni dopo la Liberazione.
Ma i lavoratori sono divisi, e per anni quella data riflette le profonde spaccature tra loro. Nel 1947 11 lavoratori che assistono al comizio nel Palermitano sono uccisi dagli uomini del bandito Salvatore Giuliano in quella che è nota come la strage di Portella della Ginestra. Altri, feriti, moriranno più tardi. A quell’episodio, primo in cui si denunciarono collusioni tra stato e mafia (secondo un’altra ricostruzione la colpa fu scaricata su Giuliano per screditarlo), seguirono attentati soprattutto contro le sedi del Pci da parte di Giuliano, che verrà ucciso nel 1950, prima di poter essere condannato per l’eccidio.
Solo negli anni ’70 la Festa tornerà ad unire tutti i lavoratori, superando le divisioni politiche. Chissà che un giorno non possa accadere lo stesso per il 25 aprile.

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