Italia: meno posti letto e più cari Siamo più poveri o più efficienti?

IL CASO • Ne abbiamo uno in riabilitazione ogni 6 che ha la Germania. Ma per Mapelli è un segno positivo


Vanni Raineri
Con ogni probabilità in tema di spesa sanitaria l’Italia invertirà la rotta rispetto ai continui tagli degli ultimi decenni. Un po’ grazie ai 37 miliardi di euro concessi dal prestito Mes, vincolati alla spesa in sanità, e soprattutto perché l’emergenza Coronavirus ha evidenziato carenze strutturali che vanno ben al di là dei limiti gestionali da parte del governo centrale e delle diverse regioni.
Una interessante ricerca fatta da lavoce.info mette in comparazione la situazione degli ospedali nei tre più grandi paesi dell’Unione Europea (considerata l’uscita della Gran Bretagna): Germania (quasi 83 milioni di abitanti), Francia (67 milioni) e Italia (60 milioni e mezzo).
Le tre tabelle in pagina, elaborate sulla base di cifre Database Eurostat, evidenziano come la spesa per gli ospedali in Italia sia la metà rispetto alla Francia, e ancor meno rispetto ai tedeschi. La disponibilità dei posti-letto è conseguenza diretta, e quella dei posti letto di riabilitazione ancora più marcata. D’altro canto, è vero che la spesa per posto letto nel nostro Paese è la più elevata. Anche la spesa per giornata di degenza supera quella dei nostri vicini.
Sulla base di questi dati, il professor Vittorio Mapelli, professore di Economia sanitaria presso l’Università di Milano e già collaboratore di Ocse, Oms e Camera dei Deputati, ha voluto replicare traendo alcune conclusioni né banali né scontate, certamente controcorrente.
Prima considerazione: il minor numero di posti-letto in Italia non dipende dai maggiori costi, ma da scelte di politica sanitaria, tanto che il nostro sistema ospedaliero è un esempio di efficienza. Se un posto-letto in Italia costasse come in Germania, potremmo averne molti di più. E’ vero che l’Italia ha il più alto costo per posto-letto dei tre paesi, ma è solo perché ogni letto produce il più alto numero di ricoveri in un anno (36,5), rispetto alla Germania (31,8) e alla Francia (30,3). È la più ovvia spiegazione della differenza di costo per posto-letto in Italia rispetto agli altri due paesi.
Dove sta la nostra maggiore efficienza? Nella produttività per posto-letto, considerato che la durata della degenza media è più bassa.

Valutando l’ultimo decennio, l’Italia ha ridotto i posti di 45mila unità, ma nel contempo i ricoveri sono crollati di 3 milioni e mezzo, e le giornate di degenza di 16 milioni e mezzo. In pratica, secondo la ricostruzione del professor Mapelli, avremmo rinunciato a letti che non servivano più. L’anomalia è quella legata all’emergenza Covid-19: è vero che si sono verificate carenze di posti-letto per fronteggiarla, ma è altrettanto vero che fino a pochi mesi fa risultavano occupati nemmeno la metà dei posti disponibili. Verrebbe da concludere, aggiungiamo noi, che la vera scommessa sarà quella di garantire flessibilità proprio per fronteggiare le emergenze.
Il ridimensionamento degli ospedali, afferma sempre il professore, è in realtà un fenomeno mondiale, che è legato ad una serie di novità positive quali la migliore tecnologia diagnostica e chirurgica, i nuovi farmaci, il potenziamento dei servizi territoriali, fino all’uso appropriato di queste costose strutture. Non serve più il ricovero per interventi che oggi si fanno in day hospital quando non in ambulatorio. E’ vero, come emerge dai dati, che l’Italia ha 3,2 letti ogni mille abitanti (contro i 6 della Francia e gli 8 della Germania) ma in altri paesi avanzati la disponibilità è ancora più limitata: negli Usa sono 2,8, in Regno Unito e Canada 2,5, in Svezia 2,2. Dunque l’anomalia non saremmo noi, ma i nostri vicini di casa, che ospedalizzano il 25% della popolazione (Germania) e il 18% (Francia) contro il nostro 12%. A dimostrazione che anche per gli ospedali vale la vecchia legge dell’economia che è l’offerta a creare la domanda.
La riposta di chi ha effettuato la ricerca non si è fatta attendere: chi può dire, affermano gli autori, che non sia il limitato numero di posti-letti ad indurre a dimettere dagli ospedali i pazienti prima del dovuto? Il dibattito rimane aperto.

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