Quelle signore di Umberto Notari, tra censure e successo di vendite

GRANDI DIMENTICATI Il libro del 1905 aprì subito un caso: prima il sequestro per oltraggio al pudore, poi l’assoluzione


ALESSANDRO ZONTINI
Nel 1960 l’editore SugarCo di Milano diede alle stampe un interessante volume fotografico di Kenneth Anger dal sibillino titolo “Hollywood Babilonia” che ripercorre alcuni tra i più eclatanti casi di cronaca scandalistica e nera che caratterizzarono l’industria cinematografica americana dai suoi albori agli anni ’50. L’uscita del volume suscitò l’indignazione del P.M. Dottor Novello della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lodi che ne ordinò il sequestro, reputandolo un prodotto particolarmente scandaloso ed immorale. Soltanto pochi anni dopo, la Feltrinelli ripropose al grande pubblico tale volume ma nessuno, sulla scia di Novello, ebbe ad avanzare censure di sorta, al punto che il libro è oggi considerato come una semplice espressione cronachistica di un importante periodo storico del cinema americano. Le vicende processuali ed editoriali di “Hollywood Babilonia”, uno tra i tanti casi qui relegato al rango di esempio, consentono una semplice ma fondata osservazione: un po’ come avviene per il principio di indeterminazione, formulato nel 1926 da Werner Heisenberg, secondo cui “la presenza di un osservatore e gli strumenti da lui usati per l’indagine conoscitiva modificano l’oggetto osservato”, il senso del pudore e la c.d. “morale” variano di epoca in epoca e si modificano in continuazione a seconda dell’approccio umano e dei fatti storici che orientano la stessa percezione umana. A momenti di forte rigidità censoria infatti, seguono momenti di più ampie concessioni liberali e viceversa. Non è esente da questo travagliato e, a volte, rapsodico percorso un bel volume scritto da Umberto Notari: “Quelle signore”. Notari è stato testimone della prima metà del “novecento” incarnando la figura dell’“italiano medio” ma, in ogni caso, connotato da alto genio.
Nato a Bologna nel 1878, Notari è stato scrittore, giornalista ed editore oltre che animatore instancabile di eventi ed occasioni culturali. Articolista “pungente” e dall’ardita polemica, viene notato subito da F.T. Marinetti con cui ha collaborato a più riprese in modo fecondo, militando, con lo stesso, tra le fila dei futuristi. Notari ha fondato riviste, case editrici, agenzie pubblicitarie, annoverando, tra i propri collaboratori addirittura Mario Sironi e Fortunato Depero; ha abbracciato la causa dell’arditismo e del nascente movimento politico fascista. Scrittore poliedrico, ha teorizzato, nella sua opera dal titolo “La donna tipo tre” il superamento delle uniche due categorie di donna (secondo l’accezione prevalente all’inizio del ‘900), ovverosia la donna madre-moglie e la donna “femme fatale”, auspicando che anche il “gentil sesso” potesse trovare, in modo paritetico all’uomo, un suo adeguato spazio all’interno del tessuto sociale. Una sorta di programma protofemminista. Grazie a questa profonda considerazione per la donna ed il suo universo, Umberto Notari, con la fattiva complicità della moglie Delia, ideò e pubblicò nel 1929, “La cucina italiana”, celebre rivista, tutt’oggi ancora in edicola. Notari subì anche l’infelice fascinazione dell’antisemitismo, aderendo al “Manifesto della Razza” e pubblicando il pamphlet: “Panegirico della razza italiana”. L’autore viene, tuttavia, di norma, ricordato per quella che è, probabilmente, la sua opera più nota: la già citata “Quelle signore”. Il romanzo, “Dedicato a quelle altre signore: le oneste” ha un sottotitolo molto “moderno”: “Scene da nna (sic) grande città moderna” e, come agevolmente arguibile, è dedicato al mondo della prostituzione, argomento, per l’epoca, considerato scabroso e criptico, il volume redatto in forma di romanzo è, in sostanza, il diario di una prostituta, Marchetta, che vive in una grande casa di tolleranza e descrive sia i soggetti con cui si accompagna, nella sua alcova, sia le sensazioni che prova e ritrae dall’ambiente in cui opera.
Non è pornografia bensì un affresco, a tratti delicato a tratti melanconico di una vita, descritta nel rispetto di un’arte letteraria che cerca di conciliarsi con una morale priva di censure. Le riflessioni di Marchetta sono scevre da venature erotiche, indulgendo, invece, a riflessioni più profonde, specie laddove la stessa protagonista crea un’ideale antitesi tra il postribolo ove opera ed un desiderio di maternità che la tormenta dolcemente. Stampato, per la prima volta nel 1905, ha avuto una evoluzione particolarmente singolare, diventando un caso e l’emblema di un’epoca. Infatti, poco dopo la sua pubblicazione, è stato oggetto di un sequestro giudiziario ed il suo autore rinviato a giudizio per “oltraggio al pudore a mezzo stampa”. Con sentenza del 22 giugno 1906 (dopo quattro rinvii e diciotto mesi dal sequestro), il Regio Tribunale penale di Parma assolveva il Notari per “inesistenza di reato”, al termine di un processo che aveva acceso una viva curiosità non solo tra quanti si occupavano di letteratura ma anche tra vasti strati del popolo, incuriosito da un argomento tanto comune quanto, ipocritamente, tenuto ben celato. Il processo ebbe un’eco notevole e procurò all’autore attenzione davvero inattesa e, conseguentemente, un’importante fama. Notari quindi, nel 1906, molto avvedutamente, procedette alla riedizione dell’opera, arricchendola del resoconto completo del processo, delle deposizioni dei periti (E. A. Butti, G. Antena Traversi, G. Borelli, F.T. Marinetti) e delle arringhe di un nutrito numero di legali (gli avvocati, On. Berenini, On. Carlo Fabri, Sarfatti, Molesini, Passerini). Chiamato nuovamente in giudizio davanti alla Corte d’appello di Milano, Umberto Notari non solo usciva ancora vittorioso dal processo ma consegnava alle stampe una terza edizione del suo controverso romanzo, ampliandola con il resoconto del processo di secondo grado. L’autore arricchì tale ultima edizione corredandola con una serie di bei disegni appositamente realizzati da Ugo Valeri e da En- rico Sacchetti ed “azzardando”, pure, un seguito: “Femmina. Scene di una grande capitale”, pubblicato nel 1907. Non si hanno dati precisi in ordine alle vendite della predetta opera, ma è fondato ipotizzare che, all’epoca, le tre edizioni del romanzo di Notari vendettero circa 700.000 copie (un vero “best sellers”, come diremmo oggi). Confortato dai propri successi giudiziari, Notari trovò anche la soddisfazione di sbeffeggiare coloro che non solo ne avevano deriso l’ardire letterario ma che, anche, avevano tradito un palpabile disprezzo per la sua opera e, forse, per le sue intenzioni. In appendice alla terza edizione, infatti, lo stesso letterato dileggia (bonariamente, ma risolutamente) la celebre attrice Irma Gramatica “rea” di essersi rifiutata di interpretare, nella versione teatrale di “Quelle signore”, il ruolo di Marchetta. Fatto singolare, stigmatizza Notari, posto che la stessa Gramatica non aveva esitato ad interpretare, in precedenza, il ruolo di varie prostitute nelle rappresentazioni teatrali de: “La signora delle Camelie”, “La Trilogia di Dorina”, “Zazà”, “La figlia di Iorio”, etc. Non mancano accesi strali polemici contro la magistratura. Chiosa, infatti, Notari che nonostante le “... burocratiche e anguste interpretazioni di certa magistratura, noi ottenemmo unanimità di consenso dagli spiriti più eletti d’Italia; dagli eminenti avvocati che vollero spontaneamente e generosamente assisterci in queste peripezie ai letterati illustri e agli intemerati pubblicisti che con la parola e con la penna contribuirono potentemente a conquistarci il favore della pubblica opinione che vale molto, molto di più del favore della Giustizia togata”. Un intervento pacato ma severo, quello di Notari grazie al quale il grande pubblico comprese la necessità di conferire alla morale contemporanea un significato del tutto rinnovato ovvero meno rigido, più tollerante, permissivo e indulgente.


 

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