L’universo femminile di Carola Prosperi

 GRANDI DIMENTICATI • Nota per “La paura di amare” ed “Eva contro Eva”, scrisse bellissime novelle oggi introvabili

Alessandro Zontini

Di quando in quando, specie nei lunghi assolati, oziosi pomeriggi estivi, è possibile assistere alla visione di un film del 1950, diretto da Joseph L. Mankiewicz: “Eva contro Eva”. La pellicola, vincitrice di ben 6 premi Oscar, è interpretata da Bette Davis ed Anne Baxter e narra la vicenda di una giovane attrice che, accolta come amica da una già affermata diva di teatro, le usurperà sia il ruolo di “stella” che la ribalta; ma il destino - beffardo - le riserverà identica sorte.
Il film, tratto dal racconto della scrittrice americana Mary Orr: “The wisdom of Eve”, è un classico della Hollywood degli anni ’50 ed ebbe un tale successo che, in Italia, si pensò ad una sua riduzione in forma “romanzata”.
L’autrice che, meglio di ogni altra, avrebbe potuto procedere alla realizzazione di tale riduzione, venne individuata immediatamente nella torinese Carola Prosperi che diede alle stampe, nel 1951, “Eva contro Eva”.
Nata il 12 ottobre 1883 nel capoluogo piemontese, Carola Prosperi seguì regolarmente gli studi conseguendo il diploma di maestra elementare ed iniziando ad insegnare nella propria città d’origine.
E’ solo una congettura ma, probabilmente, spronata dalle lusinghiere approvazioni di personaggi del calibro di Guido Gozzano ed Edmondo De Amicis che ebbero per lei parole di apprezzamento ed incoraggiamento, la scrittrice torinese, abbandonato l’insegnamento, si dedicò unicamente alla scrittura consegnando alla letteratura una rilevante produzione artistica.
Tale copiosa produzione è, ancor oggi, non debitamente catalogata: l’esame sinottico di varie fonti che riportano la bibliografia della Prosperi, denuncia una palese incoerenza nell’elencazione delle sue opere.
Tali elenchi, non risultando omogenei, sono certamente indice di un certo disordine filologico (dovuto anche al fatto che la Prosperi non ebbe mai a tenere un proprio rigoroso e sistematico archivio) ma testimoniano, anche, una messe produttiva veramente rimarchevole (oltre che di alto livello letterario) e, pertanto, di difficile catalogazione sistematica.
Le tematiche predominanti sono quelle che - ingenerosamente - potevano spettare ad una scrittrice di sesso femminile dell’inizio dello scorso secolo: la maternità, la prole e l’amore. Una palese limitazione alle capacità di Carola Prosperi la cui produzione, seppur costretta entro questi ambiti, era sempre di qualità e mirata, da un lato, alla valorizzazione del mondo femminile, dall’altro ad indagarne i contrasti.
Già nella prima fase della sua attività di scrittrice, circa fino al 1920, Carola Prosperi pur indugiando su trame ed aspetti prettamente “fiabeschi” ma accantonando, almeno in parte, le figure archetipe di tale genere narrativo (le streghe, i folletti, etc.), sondò con inusuale accortezza la psicologia delle numerose figure femminili, profonde e sorprendenti, interpreti delle sue narrazioni.
Dal 1920 il richiamo fantastico si amalgama, in perfetta simbiosi, con aspetti più marcatamente “femminili” (la famiglia, il focolare, la casa, etc.) pervenendo, a cavallo tra gli anni ’30 ed i ’40, alla trattazione di tematiche strettamente muliebri, pur senza mai arrivare al geniale e avanguardistico “proto-femminismo” di Sibilla Aleramo né, tantomeno, allo sguaiato femminismo del secondo dopoguerra.
La scrittrice torinese incontrò, nelle varie fasi della sua produzione letteraria, un buon successo di critica ed anche le vendite dei suoi libri furono assai rilevanti.
Qualche suo volume è, ancora oggi, letto e ricordato. Per esempio è ben noto il suo primo romanzo cui, peraltro, venne assegnato il premio “Rovetta”: “La paura di amare” del 1911, la storia di una donna la cui condizione femminile la destina ad un’infausta sorte di madre e di moglie.
Del più celebre romanzo “Eva contro Eva” del 1951, fortunatamente ristampato da Sellerio nel 2002, pregiato da una accurata nota di Chiara Simonetti, si è già fatto cenno.
Tuttavia, qualche rara opera di Carola Prosperi sfugge all’attenzione degli studiosi, specie se non contemplata dalla maggior parte delle sue bibliografie.
La raccolta di novelle “Tormenti”, edita da Luigi Battistelli (Firenze) nel 1920, compare, secondo quanto evincibile dal “sistema” Opac Sbn, in sole 6 biblioteche italiane.
Si tratta di un raro libretto in dodicesimo che raccoglie tredici brevi novelle ottimamente scritte e ricche di accurate descrizioni che hanno, ça va sans dire, come protagonisti prevalentemente soggetti di sesso femminile.
Singolare è l’antitesi con cui Carola Prosperi contrappone in ogni novella le due protagoniste, caratterizzandole per attitudini, ambizioni, propensioni e senso della vita, l’una l’opposto dell’altra.
Ne “Il cuore egoista”, le sorelle Ginetta e Annina gestiscono una piccola bottega di paese e la noia è l’unica compagna fino a quando la loro vita verrà sconvolta dall’arrivo, nella casa prospiciente il loro negozio, di Luciano. Costui sedurrà Ginetta, romantica, sognatrice, che si era invaghita dell’uomo e, abbandonando improvvisamente il villaggio, lascerà preda della sua disillusione Annina che, razionale e riflessiva, già aveva visto profilarsi all’orizzonte il matrimonio della sorella.
“La piccola differenza” propone la vicenda di due donne: la facoltosa, melanconica Sofia di 39 anni e la signora Devalle, madre di Guido di 36 anni e mezzo, tormentata dall’incalzante penuria di mezzi economici che la costringevano a sacrifici “sempre più dolorosi, che si imponevano sempre di più, ogni giorno …”. La Devalle smaniosa di raggiungere nuovamente l’agiatezza perduta, sprona il figlio a - evidentemente interessate - nozze con Sofia, superando “la piccola differenza” d’età.
Di ritorno dal viaggio di nozze, Sofia si trasforma in un vulcano di energie inattese: le sue giornate scorrono convulsamente serpeggiando tra feste, ricevimenti, serate a teatro, sartine e modiste; quelle del marito in un matrimonio vissuto quale inconcepibile prigionia.
Più la vita si fa frenetica, più Sofia invecchia e deperisce, finendo a letto stremata.
Solo allora la Devalle comprende che la piccola differenza non si annidava nella trascurabile differenza d’età tra i due sposi, ma nel fatto che Sofia amava Guido e ne era gelosa, mentre per Guido, Sofia era solo “una catena, una catena”.
Ma la novella “capolavoro” resta “La profezia”, divisa in due capitoli.
Nel primo, la cartomante Tosco, “vecchia paralitica così coperta di cenci da parere inverosimilmente pingue”, che fu, in gioventù, generosa e lasciva al punto che “gli alberi dei boschi sapevano le gioie secrete e le mille follie d’amore del suo bel corpo” e che “grandi e inenarrabili gioie ella aveva donato ai suoi amatori…”, secondo uno stile sensuale che rimanda al D’Annunzio di “Stabat nuda Aestas”, profetizza le gioie della carne per la giovane Marta che collabora con le suore del paese ed il cui unico amore è solo per Dio.
Nel secondo capitolo il ritorno di Albina odorosa “di pelle monda, di carne giovane, quell’odore di artificio e di peccato”, licenziosa e “cortigiana”, presso l’abitazione della sorella Marta conduce quest’ultima verso i lidi della tentazione (“Da recessi ignoti della sua carne, venivano a lei richiami tormentosi…), verso le visioni mistiche (di notte le appare un demonio tentatore) e verso la conferma della profezia allorquando cederà alla lussuria di un amico della sorella mentre questa, a sua volta assorta nelle gioie dell’amore, assume le fattezze dell’indovina Tosco.
Purtroppo la critica, specialmente quella sommaria e poco avveduta del secondo dopoguerra ha, con grave colpa, relegato Carola Prosperi alla categoria delle autrici di romanzi “sentimentali” o sommariamente definiti “rosa”, senza avvedersi delle potenzialità espressive di questa notevole scrittrice le cui doti artistiche meriterebbero i giusti riconoscimenti ed i dovuti tributi.

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