Effetto gregge o più cautela? Lo strano caso della Lombardia

 CORONAVIRUS • Le province più colpite nella prima ondata sono le più risparmiate oggi. Solo per la maggiore attenzione?

 Vanni Raineri

Spesso i dati pubblicati sui media nazionali relativamente ai contagi lasciano spazi a dubbi interpretativi. Ad esempio quelli che riportano i dati nudi e crudi senza considerare l’incidenza statistica. E’ il caso del numero dei nuovi contagi che quotidianamente viene riportato su giornali, siti e televisioni. La Lombardia è sempre nettamente al primo posto, e sembra scontato che gran parte dei casi provengano dalla nostra regione. Ma è proprio così? Anche in questi giorni, in cui effettivamente l’emergenza è esplosa in Lombardia, la corretta lettura dei dati consentirebbe di spiegare meglio che ormai la questione è italiana. La Lombardia infatti ha oltre 10 milioni di abitanti, oltre un sesto della popolazione nazionale.
Il Corriere della Sera (che pure indica sempre i valori reali senza “pesarli” sul numero di abitanti) ha pubblicato giovedì una tabella indicativa del fenomeno reale. Vi compare il numero dei casi ogni 100mila abitanti, e i dati raccolti sono quelli della settimana che va dal 21 al 28 ottobre. Ed è così che la regione più colpita risulta essere la Val d’Aosta, e anche nettamente, con oltre 500 casi ogni 100mila abitanti. Al secondo posto la Liguria, che precede la Lombardia, ma nel gruppo con oltre 300 casi ogni 100mila abitanti c’è spazio anche per altre tre regioni: Piemonte, Umbria e Toscana. Non lontane Trentino Alto Adige e Campania, tutte oltre la media nazionale che è di 232 contagi ogni 100mila abitanti. Resta il fatto che la parte del Paese più colpita è il nord, ma la differenza è più sfumata rispetto a quanto si possa credere.
Un altro articolo molto interessante è stato pubblicato mercoledì da Il Fatto Quotidiano, e mostra come, limitando l’osservazione alla Lombardia, la crescita di contagi in questa seconda ondata sia nelle diverse province ribaltata rispetto alla prima ondata. Come si vede in pagina, l’incremento a ottobre (i dati in realtà sono stati raccolti dal 2 al 23 ottobre) di nuovi contagi è elevatissimo nelle province di Varese, Monza e Milano, dove di supera il 60% rispetto ai mesi precedenti, mentre nelle province più colpite in primavera, vale a dire Brescia, Cremona e Bergamo, l’aumento è inferiore al 10%. Una differenza notevole. D’accordo che si parte da basi ben diverse (in queste ultime tre province il numero di contagi fino a un mese fa era molto più elevato), ma il contrasto è netto e fa pensare.
Il Fatto arriva ad una conclusione, anzi ad esporre la teoria è Luca Lorini, primario di Anestesia e rianimazione dell’ospedale di Bergamo, secondo il quale alla base c’è un comportamento più responsabile di una popolazione che era stata colpita duramente e mantiene un atteggiamento più responsabile. Ma c’è anche un’altra componente, cioè la possibile immunità di gregge che fa sì che il virus corra meno dove aveva già corso mesi fa. Lorini ha spiegato che oltre un terzo dei bergamaschi ha incontrato il virus, come dimostrano le analisi sierologiche, gran parte dei quali non se ne è nemmeno resa conto, ma il cui organismo ha sviluppato gli anticorpi. E’ un effetto simile a quello che si ottiene con il vaccino, precisa il dottor Lorini, e come per il vaccino l’effetto è probabile che sia limitato nel tempo.
Effetto gregge a parte, è verissimo che nel corso dell’estate nelle tre province l’attenzione si è abbassata ma non è mai scemata. E uso della mascherina e lavaggio frequente delle mani rimangono al momento le soluzioni più efficaci.

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