Lettera su Segre, le reazioni

 IL CASO • Dopo la pubblicazione, la posizione favorevole e critica di alcuni lettori

Vanni Raineri

Non era difficile immaginare che la lettera su Liliana Segre che abbiamo pubblicato sullo scorso numero avrebbe scatenato la reazione dei lettori. Pubblichiamo due delle lettere che ci sono state inviate.

Egr. Direttore
Scrivo in relazione alla pubblicazione della lettera infamante rivolta alla senatrice  Liliana Segre.
A caldo, personalmente,  mi è stato difficile capire perché pubblicare una lettera del genere con affermazioni che implicano qualche probabile disturbo di chi le ha fatte. Una per tutte: “non so niente dell’Olocausto e francamente non mi tocca...” (tra l’altro viene affermata con evidente piacere la propria ignoranza).
Poi, rileggendo le Sue/Vostre motivazioni, credo di aver capito.
Ma perché, a questo punto,  non pubblicare nome e cognome di questo personaggio? Perché, non fraintenda, quasi “coprirlo”? Ha fatto queste affermazioni? Che la maggioranza dei cremonesi (sicuramente non concordi come Lei giustamente precisa) sappia chi è.
E poi, ma questa è una esigenza mia personale, anche semplicemente per evitarlo, nella malaugurata situazione in cui dovessi incontrarlo. Perchè , anche se siamo in democrazia, penso sia veramente inutile confrontarsi con chi è capace di fare certe deliranti affermazioni.
C’è un limite a tutto.
La ringrazio
Paolo Moglia 

Egregio Direttore,
volevo, da comune cittadino, esprimere la mia solidarietà a Liliana  Segre contro la lettera insultante che ha ricevuto tramite il Suo giornale, ed anche la mia approvazione alla scelta redazionale di pubblicarla da parte Vostra.
Esistono sempre minoranze incattivite che negano la storia e reputano l’Olocausto solo una fastidiosa conseguenza della seconda guerra mondiale.
Fortunatamente ci sono ancora sopravvissute come la signora Segre che testimoniano l’orrore, a  monito per le nuove generazioni, affinché nulla si ripeta. Concordo con Lei che tale lettera sia l’ennesima medaglia al valore per questa indomita testimone e avete fatto bene a  pubblicarla, per mantenere alto il dibattito su valori che devono essere patrimonio di tutti, indipendentemente dal  proprio credo politico.
Andrea Ghisoni

Entrambi i lettori concordano sulla bontà della decisione di pubblicare la lettera. Il signor Moglia chiede che sia reso noto il nome di chi l’ha firmata, non certo per un desiderio personale di vendetta ma per poterlo evitare, e perché i cremonesi sappiano di chi si tratta. Su questo punto però rimaniamo convinti che sia meglio evitare, poiché non tutti potrebbero essere animati dalle pacifiche sue intenzioni.
Come abbiamo già scritto, per certi versi la contrarietà alla cittadinanza onoraria che il Comune di Cremona ha deciso di conferire alla signora Segre può essere compresa, se motivata da strumentalizzazioni politiche e soprattutto riferita con altri termini. Così come ha fatto ad esempio il consigliere comunale Marcello Ventura, unico a non aver votato in Consiglio la proposta: Ventura ha motivato la sua astensione non tanto per il mancato rispetto nei confronti della persona né per la sua tragica vicenda personale e la voglia di raccontarla (come egli stesso ha sottolineato), ma per la politicizzazione della scelta, non fatta in tempi “non sospetti” ma in occasione  della mozione per la creazione di una “Commissione straordinaria per il contrasto dei feno- meni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” che una parte politica ritiene  sia utilizzata per zittire gli avversari e rischiosa per la libertà di espressione. Una scelta, quella della cittadinanza onoraria, a suo dire prettamente politico-ideologica. Una posizione che può essere non condivisa ma che è motivata politicamente. La lettera da noi pubblicata andava ben oltre.
C’è però anche chi dissente dalla nostra scelta, come chi su Facebook ha commentato che è facile per la stampa pubblicare lettere di questo tenore piuttosto che trattare il tema su un piano più elevato, accontentandoci di portare a casa la nostra parte di stipendio.
Noi cerchiamo, per quanto ci è possibile e per quanto è nelle nostre capacità professionali, di trattare questi temi anche su livelli più alti, sentendo il parere di esperti dei diversi settori. Sappiamo anche quanto sia prezioso uno stipendio soprattutto di questi tempi, ma abbiamo anche la fortuna di non doverci piegare a bassi stratagemmi per assicurarcelo. 

Il commento del direttore

solo disgusto e preoccupazione ecco perche’ ha una scorta

Cos’è che ci individua come esseri umani, dotati di intelligenza e senso della comunità? Cos’è che ci permette, da millenni e millenni, di avere una esistenza sociale? Tra le altre cose, è il senso dell’empatia. Certo non la provano i fautori dell’“homo hominis lupus”; certo non la conoscono gli odiatori incalliti; certo non la conosce l’autore della lettera che, come redazione de il Piccolo, abbiamo scelto di pubblicare. Perché, delle due l’una: o, anche in presenza di opinioni radicalmente diverse, di punti di vista diametralmente opposti, di posizioni per le quali lotteremmo con pervicacia e convinzione, su cui ci si scontra, si confligge, mai, dico mai si deroga al rispetto reciproco; oppure, ci si esprime così come fa l’autore di quella lettera, e ci si pone fuori dal consesso umano (la dico proprio così, duramente ma fermamente). Non mi interessa valutare nel merito ciò che dice il suddetto autore. Mi interessa solo esprimere il disgusto e la forte preoccupazione provocate da quelle parole. E’ per parole come quelle che la signora Liliana Segre è costretta ad avere una scorta: lei che fu deportata nell’inferno in terra di Auschwitz quando era una bambina, orfana di madre, catturata con il padre. Se l’ignobile autore della ignobile lettera non è capace di provare sentimenti umani di fronte alla testimonianza della signora Liliana, quando racconta il momento terribile in cui lasciò la mano del padre, sulla rampa del campo, per non vederlo mai più; se non capisce il dolore immedicabile, supremo, infernale, appunto, che fu creato dai campi di sterminio nazisti e che la signora Liliana, con altri milioni di persone, ha subito; se tutto questo gli ispira solo insulti vergognosi e pure blasfemi, allora è del tutto superfluo che il suddetto autore parli di altre sofferenze, di altre tragedie. Che resti solo, nel suo odio; che, come scrisse Primo Levi, nel suo libro Se questo è un uomo, tutti i nati torcano il viso da lui.
Per chi non lo avesse ancora fatto il mio consiglio è quello di andare a visitare il Memoriale della Shoah: non è lontano, è a Milano alla Stazione Centrale.
Daniele Tamburini

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