Azzoni: oggi politica e sinistra avrebbero bisogno di unità

 POLITICA • Intervista all’ex segretario nei giorni del centenario del Pci, del Giorno della Memoria e della crisi di governo

Benedetta Fornasari

Giuseppe Azzoni, che militò nelle fila del Partito Comunista Italiano (Pci) a partire dagli anni ’60, ricoprendo la carica di consigliere del Comune di Casalmaggiore e provinciale dal 1964, fino a diventare vicesindaco di Cremona dal 1975 al 1980, e poi segretario della Federazione Comunista provinciale dal 1980 al 1986 e consigliere regionale nel quinquennio 1990-1995, traccia i valori fondanti e sempre attuali del partito. L’unità (quella simbolicamente evocata dall’omonimo giornale nazionale), la libertà, la pace e la difesa dei diritti. Una storia che per Azzoni non terminò nel 1991, con lo scioglimento del partito, ma anzi è proseguita negli anni e ancora vive.
Memoria e Partito Comunista. Che cosa manca alla Sinistra di oggi, perlopiù rappresentata dal Partito Democratico?
«Manca l’unità, quel filo conduttore che ha sempre caratterizzato il Pci, permettendo di affrontare le situazioni più disperate. L’unità storicamente rappresentata dalla “svolta di Salerno” di Togliatti con i Comitati di Liberazione Nazionale che abbracciavano tutti coloro che volevano liberare il Paese dal nemico tedesco. Andando avanti, cito poi l’unità delle sinistre negli anni ’50 e ’60 durante i quali, comunisti e socialisti, insieme, hanno ottenuto conquiste di grande significato soprattutto per i lavoratori dipendenti. E poi non dimentichiamo la stagione del Compromesso storico degli anni ’70, che ha portato Sinistre e Democrazia Cristiana a combattere il terrorismo rosso e le stragi fasciste. Il Pci avrebbe ancora molto da insegnare: una politica basata sui problemi della gente, capace di azioni e alleanze sociali per affrontare in modo determinato e concreto le problematiche della società. La situazione attuale si gioverebbe senz’altro della concretezza e della capacità espressa dal partito, che ha sempre indicato come prioritarie le grandi questioni nazionali e le persone, senza curare gli interessi di parte, perseguendo gli ideali della giustizia sociale, della solidarietà, della lotta alla evasione fiscale e al potere di classi ristrette e dei monopoli».
Cosa ne pensa dell’attuale crisi di governo e quale soluzione auspica?
«Ritengo che sia necessaria l’unità delle forze democratiche europeiste contro il sovranismo per uscire da una crisi politica assurda, che andrebbe ricomposta mantenendo possibilmente un governo guidato dal premier Giuseppe Conte ma con una compagine adeguata di nuovi ministri. Mi riconosco nel partito Liberi e Uguali, a mio avviso unico punto di riferimento del Pci di un tempo, e dunque nella posizione espressa da Pier Luigi Bersani e Nicola Fratoianni».
La tragedia dell’Olocausto viene evocata dalla Sinistra come un pericolo che rischia di concretizzarsi, un fantasma del passato senza memoria che può ritornare. È così?
«La storia non si ripete mai identica, ma ci sono pericoli latenti che possono essere innescati e che, in forme diverse, potrebbero ripresentarsi. Ancora oggi assistiamo a fenomeni di negazionismo, di discriminazione razziale, di pulizia etnica e di violenza. Il ricorso continuo alle armi e la presenza sia negli Stati Uniti sia in alcuni paesi europei di frange neonaziste che, approfittando della paura, della crisi generata dalla pandemia e della conseguente esasperazione sociale, illudono la gente che l’uso della forza e della prepotenza siano la soluzione di tutti i problemi».
In tutta Italia è possibile firmare la proposta di legge popolare contro la propaganda fascista e nazista. Nell’ottica del revisionismo storico, può esistere anche un pericolo di dittatura comunista?
«Il nazismo è la coerente attuazione della logica dello sterminio e della negazione della libertà mentre il comunismo, in Italia, è stato una forza costituente della democrazia di cui oggi godiamo. Non si può negare che nel nome del comunismo, e per effetto di valutazioni politiche errate, si siano sviluppate forme dittatoriali, di negazione della democrazia e di crimini gravi, per esempio nella Unione Sovietica. Dittature che hanno portato avanti valori contrari ai princìpi fondamentali della dottrina marxista, nata invece per liberare l’uomo dall’oppressione. In Italia questo però non si è verificato per merito del Pci che è stato protagonista, anche a Cremona, della lotta per la libertà contro la dittatura fascista anche a costo del carcere, di privazioni e del confino. Una Resistenza che non solo liberò la nostra Nazione dalla occupazione tedesca, ma che contribuì alla stesura della Costituzione italiana e, insieme al partito Socialista, fu interprete dei diritti dei lavoratori».

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